La Stampa, 23 marzo 2019
Intervista a Luca Marinelli
La candidatura come miglior attore ai David di Donatello l’ha sorpreso. «Non me l’aspettavo proprio - osserva Luca Marinelli -. Principe Libero (in cui interpreta Fabrizio De André, ndr.) inizialmente era pensato per avere un’uscita in sala di pochi giorni. Poi, grazie al calore del pubblico, ci è rimasto quasi due settimane». Il suo De André - spiega - non è mai stato una riproposizione fedele dell’originale, ma il risultato di «quello che avevo sviluppato nella mia testa e nella mia anima su di lui, e che poi ho provato a mettere in scena».
Ora Marinelli - arrivato al grande pubblico con i film La solitudine dei numeri primi, Non essere cattivo e Lo chiamavano Jeeg Robot - è al cinema con Ricordi? di Valerio Mieli, dove interpreta un ragazzo innamorato di una ragazza (Linda Caridi), che vive e rivive ogni momento, perso nella sua memoria. «Io la chiamo la teoria di Valerio: ha messo in scena il nostro modo di ricordare. Ed è quello che mi ha affascinato di più della sceneggiatura. Il film, in un certo senso, mostra come la nostra mente lavora. La letteratura l’ha fatto per tantissimi anni. Al cinema, invece, finora ci sono stati pochi esempi».
Per lei quanto contano i ricordi?
«Noi siamo fatti di ricordi. Sono il nostro bagaglio di esperienza come esseri umani, come famiglia, come società. E sono belli. Sono la prima cosa che due amici si raccontano; sono quello che le coppie si scambiano continuamente».
E il presente?
«Il presente è importante perché è il momento in cui possiamo elaborare il passato ed è la fucina del nostro futuro».
Qual è il primo ricordo che le viene in mente?
«Quando ho imparato ad andare in bicicletta. Me lo ricordo come se fosse adesso».
Se le chiedo di un ricordo da attore, invece?
«Ricordo uno spettacolo che abbiamo fatto con Anna Marchesini in Accademia. Ricordo l’emozione che ho provato quando mi ha fatto capire cosa significa stare su un palco e l’importanza dell’ironia, della comicità».
Che cosa le ha lasciato il lavoro con Claudio Caligari inNon essere cattivo?
«La prima volta che l’ho incontrato ero terrorizzato. Ricordo quando durante i provini mi fece cambiare e mi fece fare Cesare. E io, in quel momento, gli volevo dire grazie: mi aveva capito. Ricordo il modo stupendo in cui comunicavamo. Aveva una grandissima fiducia in noi».
Il nostro problema, oggi, è che non diamo più importanza alla memoria e ai ricordi?
«Abbiamo dimenticato qual è il nostro valore come persone. È come ha detto Greta Thunberg: come popolo abbiamo un potere fortissimo. Dovremmo smetterla di prenderla in giro su Internet. Dovremmo metterci seduti. Guardarci. Cercare di capire cosa siamo e chi siamo. Quella ragazza ha ragione. Non ci dobbiamo solo lamentare: perché quei politici siamo anche noi; sono lo specchio della nostra società».
Per qualcuno, però, Thunberg è troppo giovane per essere presa sul serio.
«Lei ha solo sedici anni e ha sicuramente vissuto meno esperienze, meno cose, di quanto possa aver fatto un politico di professione. Ma in Parlamento vorrei vederci ragazzi e ragazze come lei».
Torniamo ai suoi ricordi: il primo incontro con Danny Boyle, che l’ha diretta nella serieTrust.
«Uno dei primi ricordi è una telefonata via Skype con lui che mi faceva i complimenti, e io che quasi scoppiavo a piangere. Ricordo l’episodio che abbiamo girato con Emanuele Crialese: ci siamo ritrovati, abbiamo usato la stessa lingua. Quella parlata, certo. Ma anche quella creativa».
Che responsabilità crede che abbiano gli attori?
«All’inizio bisogna provare tutto. Dobbiamo renderci conto di noi stessi e di quello che ci circonda. Poi però, quando il tuo nome acquista una certa importanza, le scelte che fai e il messaggio che dai hanno un peso, secondo me. In questo mestiere come in tutti gli altri, c’è un aspetto etico a cui tengo molto».
Qual è il messaggio che lei vuole dare?
«Ho sempre fatto film che raccontano un’idea di bellezza che condivido. Perché sa, abbiamo bisogno di bellezza. Non parlo solo di estetica; parlo della meraviglia delle cose, della bellezza come amore, come gentilezza, come eleganza. Come rispetto».
Ultimo ricordo: a cosa pensa quando vuole essere felice?
«Penso a casa. A mia moglie. Alla famiglia che abbiamo. A Berlino con il sole. A Roma in primavera. Gli affetti mi fanno sorridere, e lo fanno dall’anima».