La Stampa, 23 marzo 2019
Essere Keira Knightley
La leggenda racconta che all’età di 3 anni, Keira Knightley, figlia dell’attore Will e della ex-attrice sceneggiatrice Shaman McDonald, si sia rivolta ai genitori chiedendo un agente. Tre anni più tardi il desiderio era esaudito, la piccola Keira recitava nella serie tv Royal Celebration e, nel ’99, il suo nome faceva il giro del mondo grazie all’apparizione in Star Wars Episodio 1 La minaccia fantasma. Adesso, dopo aver recitato in una lunga serie di successi, spesso in costume, spesso nei panni di eroine combattive e controcorrente, è sugli schermi nella Conseguenza, avventura storico-romantica che il regista James Kent ha tratto dall’omonimo best-seller di Rhidian Brook: «Sono affascinata dalle tragedie - aveva detto ai tempi di Espiazione - dentro di me c’è una regina del dramma».
Stavolta, nella vicenda di Rachel, moglie del colonnello inglese Lewis Morgan (Jason Clarke) inviato, nell’immediato dopoguerra, tra le macerie della città di Amburgo, Knightley interpreta una madre spezzata dalla perdita del figlio bambino, avvenuta durante un bombardamento. Un dolore che si specchia in quello dell’architetto Stefan Lubert (Alexander Skarsgard), che ha perso la moglie nello stesso modo e che ora, in quanto vinto, è costretto a convivere con la coppia di inglesi vincitori, tra le pareti della sua villa elegante, piena di oggetti appartenenti a un passato felice: «Quello che mi ha aiutato a immergermi nella storia è stata l’idea della ricostruzione, sia quella materiale, delle città andate in pezzi, sia emotiva, delle persone che, come Rachel, hanno subito dolori irreparabili. Mi è già capitato di girare film ambientati durante la Seconda Guerra Mondiale, ma non mi era mai successo di riflettere su quello che succede dopo la fine di un conflitto, e questo mi ha molto interessato». La guerra distrugge anche i sentimenti, tornare a riviverli è un’altra impresa, così Rachel, allontanandosi dal marito che non ha valutato l’enormità della sua ferita, si avvicina a Lubert, che vive il suo stesso tormento: «Come si può ricominciare accanto a una persona che pensavi fosse la migliore e che invece adesso non riconosci più? È un po’ quello che succede anche adesso, in tante relazioni adulte, quando ti ritrovi davanti a un partner che ti appare completamente cambiato e allora ti viene da dire “oddio, adesso non posso più stargli accanto”. Nel film la situazione è estremizzata, in realtà la ricostruzione di noi stessi e delle nostre relazioni è un tema che riguarda tutti».
Per Knightley, che è andata via da casa a 16 anni è che ha imparato presto a contare solo sulle sue forze («è come se avessi saltato l’età di passaggio, rinunciando a tutto quel sostegno che, in genere, si trova nei coetanei») ogni ruolo è occasione di crescita e conoscenza: «Quando perdi qualcuno a cui tieni - riflette - non t’importa niente essere dalla parte dei vincitori o dei vinti. Quello che conta è il modo con cui riesci a tornare a galla». Anche attraverso una passione extra-coniugale: «Non voglio dire che l’infedeltà sia sempre necessaria, ma posso immaginare che certe volte possa esserlo. Magari per elaborare un trauma. Nel film è come se Rachel e Lubert vivessero una parentesi amorosa, per sentirsi di nuovo vivi».
Nella Conseguenza, tra erotismo e dolore, Knightley ha trovato anche paralleli con l’attualità: «Una delle ragioni per cui il film mi ha attirata è stata proprio questo riflesso sull’oggi. Penso che ripensare adesso alle conseguenze di quello che sta succedendo nel mondo sia particolarmente importante. Vediamo tutti i giorni immagini di persone che hanno perso tutto e un film come questo aiuta a capire meglio come possono sentirsi, una cosa di cui abbiamo molto bisogno. È il bello dei film d’epoca, raccontano cose del passato ma servono a comprendere il presente». I costumi, come le ricostruzioni degli ambienti, anche stavolta accuratissimi, sono sempre stati una passione dell’attrice: «Aiutano a sognare». Per quanto la riguarda, pur avendo indossato spesso strascichi e crinoline, l’ex- ragazzina dislessica Keira Knightley, ora madre di una bambina, avuta con James Righton, è il simbolo angoloso di una femminilità spregiudicata e anticonformista: «La vita è fatta di alti e bassi, l’ho sempre pensato, ma da quando ho una figlia, lo penso ancora di più. Ho le mie idee, mi interessa che siano condivise da chi mi vuole bene, se poi ad altri non piacciono, non mi preoccupo, vado avanti per la mia strada». Tra le convinzioni più note ci sono quelle in favore del MeToo, le altre sono nel saggio a sua firma The weaker sex. Per il resto è chiaro che, dai tempi in cui giocava a pallone in Sognando Beckham, Knightley ha già vinto molti scudetti.