Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2019  marzo 23 Sabato calendario

I rischi dei Panda Bond

Si chiamano «Panda Bond» e trasformeranno l’Italia in una riserva cinese. Sono le nuove obbligazioni che da oggi la Cassa Depositi e Prestiti potrà emettere per finanziare le aziende italiane che operano in Cina, ma denominate in renminbi e scambiate esclusivamente sul mercato del Dragone. Di fatto un pezzo del nostro apparato produttivo che il presidente Giuseppe Conte ha ceduto in uno dei tanti accordi firmati con Xi Jinping. E siamo pure contenti: masochismo puro. Tanto i grillini hanno tuonato, solo due mesi fa, contro la moneta ancora usata dalla Francia nelle sue ex colonie, che hanno pensato bene di consentire alla Cina di fare la stessa cosa con noi. Siamo i terzi a cadere nella trappola dopo Polonia e Filippine: seguire le orme di Paesi molto più indietro di noi ci piace sempre molto. Tanto più che è noto pure ai muri che con questi modi il gigante asiatico intende colonizzare il mondo: lo ha già fatto con l’Africa, dove ha fornito capitali per grandi opere pubbliche, salvo richiedere indietro con interessi salati i fondi anticipati, diventando proprietaria delle infrastrutture.
INTENTI EGEMONICI
Perché è vero che gli accordi commerciali e industriali sono sacrosanti in quanto portano sviluppo e benessere, ma è altrettanto vero che il fine ultimo della Cina è un altro. Affermare la propria egemonia, utilizzando la leva economica, demografica e militare. Ma se è comprensibile che possano cascarci i Paesi africani, davvero non si comprende come possa farlo l’Italia che è la settima potenza mondiale.

ALTRO CHE GHEDDAFI
Davvero siamo tanto disperati da dover porgere il nostro collo al cappio cinese? L’enfasi con cui si esaltano gli accordi firmati in questi giorni altro non è che una resa alla nostra impotenza e una certificazione di debolezza economica e politica. Con Xi Jinping a Roma abbiamo siglato la nostra condanna a morte. E pensare che nel 2009 scoppiò il putiferio per la tenda montata da Berlusconi a villa Borghese per Gheddafi, che garantì il controllo dei flussi migratori senza rimetterci un briciolo di soldi o di sovranità. Così come è stata criticata la proposta di «doppia moneta», sempre di Silvio Berlusconi, in campagna elettorale un anno fa per rilanciare i consumi con la forza della nostra economia e senza consegnarci in mani straniere, al contrario di quello che succederà con i «Panda Bond». 

W BANDIERA ROSSA
 E quanto ci siamo lamentati di francesi e tedeschi che con la crisi finanziaria prima hanno fatto crollare i valori delle aziende italiane e poi se le sono comprate. Al presidente della Repubblica Popolare Cinese tutto è permesso. Bandiera rossa ha sempre il suo fascino in Italia e da due giorni sventola sul Quirinale. Ma rosso è anche il colore del demonio. E quando il diavolo ti accarezza, come sta facendo la Cina con noi, è perché vuole prendersi l’anima.