La Stampa, 22 marzo 2019
Biografia di Ravo, l’artista che mette al muro Caravaggio
L’opera che più l’ha messo in difficoltà è stata Le trichueur ò l’as de carreau di George de la Tour, che ha riprodotto su un muro per l’Università di Nanterre, a Parigi, perché «de la Tour è un caravaggesco diverso dagli altri, molto complesso per forma, colori e luci. Ma alla fine ce l’ho fatta, anche se ho dovuto lavorare per cinque giorni sotto la neve e non è stato semplicissimo». La soddisfazione maggiore, invece, gliel’ha data El triunfo de Baco di Velázquez, che ha replicato su un palazzo di un barrio popolare di Oviedo, in Spagna, in occasione di un festival di street art. Ma Andrea Ravo Mattoni, classe 1981, nato a Varese con cittadinanza italo-svizzera, non è un pittore in senso classico – di quelli che dipingono su tela nel loro atelier – né un graffitaro: è un «urban artist» che realizza, grazie all’uso di un braccio meccanico che lo porta fino a 30 metri di altezza e con delle semplici bombolette spray, i più bei dipinti della storia dell’arte su muri di grandi dimensioni. Da Caravaggio a Guido Reni – il suo preferito tanto che sogna di rifare la versione meno nota di Davide e Golia, quella in cui Davide è ritratto nell’atto di uccidere Golia – passando per Vermeer, Delacroix, van Eyck ma anche meno noti come Tanzio Da Varallo, Scipione Pulsone e Morazzone, all’anagrafe Pier Francesco Mazzucchelli. Ravo Mattoni è figlio d’arte: il padre, Carlo, era artista concettuale e comportamentale; lo zio Alberto, noto come Matal, era un illustratore mentre il nonno, Giovanni Italo, era a sua volta pittore e illustratore delle figurine Liebig e Lavazza. E come loro Andrea ha studiato all’Accademia di Brera di Milano. A 15 anni, poi, la scoperta del mondo dei writers: «Vedevo questi graffiti sui treni delle Ferrovie Nord qui in Lombardia e non sapevo cosa fossero, ne ero affascinato», spiega a La Stampa, mentre si trova in Francia, nel Castello di Amboise, per dipingere La morte di Leonardo da Vinci di François-Guillaume Ménageot su cinque tele di 2,5 per 3,5 m che saranno esposte dentro la torre del castello (dove si ipotizza siano i resti del corpo di Leonardo). «Da allora – racconta l’artista le cui riproduzioni sono ormai ricercate in tutto il mondo – ho iniziato anche io a scrivere sui treni. Ho fatto cose legali e alcune illegali, ma non troppo». Ma la passione di Andrea erano i pittori classici. «Ho sempre amato molto il disegno e quando sono entrato a Brera ho capito che non volevo più essere un writer, volevo diventare un pittore che interpretava il classicismo a modo suo. E così è stato: oggi riproduco Caravaggio su muri enormi, ma lo faccio con le bombolette spray».
La prima opera l’ha realizzata nel 2016 nella sua città, Varese, «alla rotonda dell’Iper», precisa, in occasione di “Urban Canvas”, festival di street art cittadino. «Scelsi la Cattura di Cristo di Caravaggio, che ho dipinto in sette giorni. Ma in una notte la mia vita è cambiata». La foto postata sul suo profilo Facebook in poche ore ottiene migliaia di like, 80 mila condivisioni e telefonate da tutta Italia: «Sono finito persino da Corrado Augias». Oggi, a distanza di neanche tre anni «anche se a me ne sembrano passati 15», gira il mondo chiamato da musei, comuni e privati che vogliono nelle loro case, nei palazzi di periferia e nelle università i suoi classici rivisitati. Le sue opere si trovano in Inghilterra, Francia, Germania, Spagna e in molte regioni italiane. L’ultima, in ordine di tempo, l’ha realizzata a Settimo Milanese, , chiamato proprio dal Comune. Anche in questo caso il soggetto è un Caravaggio, Marta e Maria Maddalena. «Quando vengo chiamato per un’opera faccio sempre una selezione di artisti e lavori che abbiano a che fare con quel territorio, e in Lombardia Caravaggio è quasi d’obbligo. Nella scelta iniziale mi aiuta il professor Paolo Cova, storico dell’arte e mio mentore. Quindi propongo la rosa al committente e poi scegliamo insieme quello che sarà realizzato». Così, a Varallo Sesia, in Piemonte, ha riprodotto Davide con la testa di Golia di Tanzio Da Varallo, «un pittore pressoché sconosciuto». Ma per Andrea questo non è un limite, visto che una delle caratteristiche di cui va più fiero è il fatto che la sua arte sia didattica: «Il mio obiettivo è da sempre avvicinare le persone ai musei, anche quelle che non hanno potuto studiare arte. Perché i musei sono luoghi democratici, aperti a tutti. E tutti devono poterci entrare senza timore reverenziale».