Il Sole 24 Ore, 21 marzo 2019
La fuga dei medici
In Piemonte e in Lombardia saldi negativi da capogiro: rispettivamente -2.004 e -1.921 medici specialisti mancheranno all’appello da qui al 2025. Al Centro, la Toscana (-1.793 medici) e – alla voce “Sud e Isole” – la tripletta Puglia, Calabria e Sicilia (1.686, 1.410 e 2.251 camici bianchi fuori dal sistema). È una mappa con effetto gruviera quella tracciata dall’ultima analisi sulle carenze di medici specialisti per Regione nei prossimi otto anni, messa a punto dal principale sindacato di categoria, l’Anaao Assomed. Un’indagine che certifica gli effetti di una programmazione a dir poco distratta. Sia a livello regionale che nazionale e, ancora, sia per numeri (il cosiddetto fabbisogno) che per specialità carenti. Mancano medici di Pronto soccorso, anestesisti rianimatori, chirurghi generali, cardioIogi, pediatri. Solo per citare le discipline più in affanno. E nessuna Regione sarà in grado di soddisfare il deficit determinato dall’entrata in vigore di Quota 100 – in combinato disposto con gli effetti della legge Fornero – proprio quando la “gobba pensionistica” farà uscire dal mercato i professionisti più anziani. Che sono un esercito: nel 2015 la platea dei dipendenti del Servizio sanitario nazionale (Ssn) era fatta per il 68% da ultra cinquantenni. La scelta del Molise di “richiamare in servizio” i pensionati, è emblematica.
Già nel 2018 il gap di medici arrivava a 10mila professionisti: al 2025 supererà i 16.700. A ritmi di lavoro massacranti, burnout, blocco al turnover e contratto in stand-by da un decennio si è sommata ora la sirena flat tax, che promette una tassazione al 15% a fronte del 45% in regime pubblico. Le proposte per correre subito ai ripari non mancano, a cominciare dal recupero delle borse di specializzazione perdute, cioè finanziate ma non godute, che superano le 500 ogni anno. Poi c’è all’orizzonte l’avvio dei teaching hospital, che consentirebbe agli specializzandi di cominciare subito lavorare, ripopolando le corsie. Ma un disegno di sistema appare lontano. «Solo una seria programmazione potrà eliminare l’imbuto formativo che strozza il passaggio dalla laurea alla specializzazione e noi proponiamo che la competenza passi dal Miur alla Salute – afferma Palermo –. Poi, servono una campagna di assunzioni e almeno 10mila i contratti di specializzazione l’anno. La nostra non è una battaglia di categoria: in ballo c’è la tenuta del Servizio sanitario, quindi un interesse pubblico».
La mappa dei fabbisogni fotografa un bicchiere mezzo vuoto. Solo il Lazio farebbe eccezione: al 2025 la Regione avrà infatti un surplus di 905 specialisti, ma anche qui la programmazione è distorta: «Resteranno comunque carenze forti nelle singole branche – registra lo studio Anaao – a cominciare dalla Medicina dell’emergenza urgenza con 554 specialisti in meno». Intanto il fabbisogno indicato dalla Regione sembra sottostimato (solo 355 borse di specializzazione richieste ogni anno), così come è fuorviante la gestione nazionale dei contratti: se il Pronto soccorso è in affanno, il Miur finanzia borse che creano surplus importanti in discipline come la geriatria (127 specialisti in più rispetto al fabbisogno) e la cardiologia (+120 professionisti in arrivo).