Gaia Piccardi per corriere.it, 20 marzo 2019
IL MARCHESE DELLO SPORT – SE NE VA A 81 ANNI CINO MARCHESE, MANAGER DEI GRANDI CAMPIONI E MAESTRO DI MARKETING: SCOPRI’ LA SELES E WILANDER, LANCIO’ TOMBA E "INVENTO’" IL VILLAGGIO VIP AGLI INTERNAZIONALI DI TENNIS DEL FORO ITALICO – LE LOVE STORY, LA JAGUAR VERDE, L’AMICIZIA CON NEWCOMBE, NAVRATILOVA, PANATTA E CON RUDY GIULIANI, L’EX SINDACO DI NEW YORK – QUANDO PORTO’ "I MARZIANI" BJON BORG E NADAL A PALERMO -
Aveva scoperto (tra gli altri) Jennifer Capriati, Monica Seles e Goran Ivanisevic. Aveva lanciato Alberto Tomba nell’empireo del business applicato allo sci (una primizia assoluta, in Italia e nel mondo). Si era occupato di Paolo Rossi, Robi Baggio e Diego Armando Maradona gli era sfuggito per un soffio. Aveva accompagnato Adriano Panatta e Bjorn Borg, cui li legava un’imperitura amicizia, sulla strada lastricata di trappole dell’immortalità tennistica. Se n’è andato domenica mattina, a 81 anni, nella sua bella casa nel centro di Roma, Giuseppe Marchese per tutti Cino, talent scout, manager sportivo, inventore nel nostro Paese del corporate business e del marketing associato ai grandi eventi, l’uomo che fece del Villaggio Vip degli Internazionali d’Italia del Foro Italico the place to be (un’eredità di cui il torneo, nel 2019, beneficia ancora) e dell’hospitality per gli sponsor un concetto, oggi, irrinunciabile.
Chi era Piemontese di Valenza Po, classe 1937, sfuggito grazie a una felice intuizione della moglie Gabriella, compagna di vita, al destino di orafo (lo erano sia il padre che il nonno), dietro le quinte dello sport mondiale Cino per trent’anni è stato un personaggio riconoscibilissimo (la sua chioma argentea rifulgeva a chilometri di distanza, attirando falene come un faro nella notte) e fondamentale per le idee rivoluzionarie (importate da Stati Uniti e Gran Bretagna, Wimbledon nello specifico, le fonti a cui andava ad abbeverarsi) di cui ha saputo iniettare, prima per conto di Img poi come consulente privato, gli eventi. I tornei di tennis di Roma, Milano, Palermo. Il Mondiale di sci di Bormio. L’indimenticabile Shoot Out al Foro. Per molti anni chi voleva affrontare il professionismo ad alto livello, con garanzie di successo, ha fatto anticamera nell’ufficio di Cino Marchese.
Gentilmente burbero, mille anni luce davanti a tutti, capace di circumnavigare con intelligenza gli angoli acuti dei mille super campioni di cui ha gestito gli interessi, le love story, i capricci nell’età dell’oro dello sci, del tennis, del basket e del calcio, Cino verrà rimpianto dagli amici storici, che in queste ore stanno spedendo a Roma dal mondo messaggi di cordoglio: John Newcombe, che da 50 anni alle 10 di mattina del 25 dicembre gli telefonava dall’Australia per gli auguri di Natale, Martina Navratilova, coccolata durante le lunghe trasferte italiane, Billie Jean King, Ion Tiriac, Adriano Panatta e persino Rudy Giuliani, l’ex sindaco di New York, totem di un mondo andato che non c’è più, che il Marchese dello sport aveva contribuito ad edificare con lampi di genio poi copiati da tutti e modi eleganti impossibili da imitare. Di Cino ce n’era uno. Con lui, si chiude - letteralmente - un’epoca. A testa alta, con chioma argentea.
2. CINO MARCHESE MASSIMO DELFINO per www.lastampa.it
«Con le sue idee manageriali e il fiuto per gli affari, non poteva che essere nato a Valenza». Così amici e conoscenti ricordano Cino Marchese, uno dei personaggi simbolo del tennis italiano, morto a Roma all’età di 81 anni. Aveva studiato al liceo ad Alessandria e giocato a tennis in città, poi era stato orafo nell’azienda di famiglia prima di trasferirsi nella capitale e diventare il «numero uno» nell’organizzazione di eventi sportivi.
«Frequentava il Tennis Club Alessandria, all’epoca mia, di Corrado Barazzutti e Roberto Lombardi - ricorda Franco Deambrogio, uno dei tanti forti giocatori dell’epoca -. Era inconfondibile sia per l’imponente statura, sia perché arrivava al circolo con la Jaguar verde. Già da ragazzo aveva mire da manager, lo aiutavano la perfetta conoscenza e padronanza della lingua inglese, una rarità in quel periodo».
L’ambiente del tennis portò Cino Marchese in contatto con personaggi illustri, su tutti l’australiano John Newcombe. A Roma, divenne il responsabile per l’Italia della Img, la più importante società di management sportivo del mondo, e fu il creatore degli Atp di Milano (indoor) e Palermo (all’aperto), che negli Anni ’70 e ’80 avevano un parco iscritti degno dello Slam proprio grazie alle conoscenze di Cino. Agli Internazionali d’Italia, allestì invece il «villaggio vip», che diede un’impronta mondana al torneo di Roma. Soprannominato «silver fox» per la folta chioma di capelli grigio-bianchi, Marchese fu uno tra gli scopritori di Mats Wilander, lo svedese che dominò a lungo il circuito. Ma fu manager anche di assi di altri sport, dal calciatore Roberto Baggio allo sciatore Alberto Tomba.
Cino Marchese era figlio di Guido, il sindaco di Valenza negli anni della Liberazione: a lui la città dell’oro dedicò una via (nella zona nuova, nei pressi del supermercato Esselunga) una decina di anni fa: il giorno dell’intitolazione c’era anche Cino, fu quella l’ultima apparizione pubblica nella sua terra.
3. CINO MARCHESE Da www.palermotoday.it
Cino Marchese era un top manager dello sport dai capelli bianchi e il sorriso contagioso. Andato via lui, il grande torneo morì. Problemi di denaro. E di entusiasmo. Nella disattenzione generale delle istituzioni Palermo perse quella vetrina mondiale. In una bella intervista concessa a Repubblica qualche anno fa Cino Marchese racconta come fece a portare Borg a Palermo nel 1979. "In quei tempi - raccontò Marchese - l’amicizia valeva più di mille contratti. E io ero un suo amico. Era la mia prima edizione e gli chiesi di esserci: “Bjorn, non posso presentarmi senza di te, dai...”, gli dissi durante il torneo di Roma. Lui sorrise, era un sì. Così Palermo ebbe il re dei re, fresco vincitore di Roland Garros e Wimbledon. Bjorn fu raggiunto a Villa Igiea da Mariana Simionescu e chiese solo privacy e tranquillità.
"Ai tennisti poi, piacevano da matti le arancine e le gite a Mondello". A Palermo giocò anche un certo Nadal. "Credo di aver sempre capito un secondo prima degli altri chi sarebbe diventato un top player. Anche con Rafael Nadal andò così. Gli offrii una wild card quando, ragazzino, era solo una promessa. Ma Rafa si infortunò in un piccolo torneo in Francia e io mi infuriai con il suo manager, tra l’altro un mio allievo, l’ex giocatore Carlos Costa. Arrivai a togliergli il saluto per sei mesi. Ma l’anno successivo, il 2004, lo zio di Rafa, Toni, una gran persona e il “pentito”Costa mi promisero che in settembre il futuro vincitore di 10 Slam avrebbe giocato a Palermo. Detto, fatto”