Il Sole 24 Ore, 20 marzo 2019
I tedeschi investono nel mattone
Sarà un brutto Natale per i risparmiatori tedeschi. La decisione della Bce di mantenere i tassi di interesse di riferimento su livelli pari a quelli attuali almeno fino alla fine del 2019 ha materializzato il peggior incubo per le famiglie in Germania che si ostinano a privilegiare il parcheggio dei risparmi in depositi bancari e conti correnti o la prudenza estrema delle polizze vita. Il risparmiatore tedesco, che si muove con la lentezza di un bradipo, ha sperato invano di vedere la fine del tunnel dei tassi negativi già dopo l’estate e deve ora rassegnarsi alle aspettative del mercato che scontano il primo rialzo dei tassi da parte della Bce non prima dell’estate del 2020. Il mondo ideale del risparmiatore tedesco, che ha una bassissima propensione al rischio, è quello di riuscire a incassare un rendimento minimo a fronte di un rischio modesto o nullo: e mal si adatta all’habitat dei rendimenti reali negativi. Il coro delle lamentele, amplificato dai megafoni di una certa stampa tedesca, si fa sempre più forte contro il presidente della Bce Mario Draghi, considerato in Germania il nemico numero uno dei risparmiatori.
«Posso capire che il risparmiatore tedesco sia scontento per colpa dei tassi bassi», ha riconosciuto in una recente intervista a Faz il presidente della Bundesbank Jens Weidmann, ricordando che i piani pensionistici si spalmano lungo decine di anni, che la diversificazione conta e che sicuramente quei tedeschi che si lamentano oggi stanno incassando le alte cedole di vecchi bond. La Bundesbank tuttavia ha confermato che nonostante il contesto di tassi bassi o rendimenti reali negativi da anni, le abitudini del risparmiatore tedesco non stanno cambiando radicalmente: circa il 40% del risparmio è detenuto in depositi sebbene dal metà del 2016 abbiano generato ritorni negativi. L’altra grande fetta di risparmio dei tedeschi, concentrata su prodotti assicurativi, non ha dato grandi soddisfazioni e la Banca centrale tedesca ha rilevato che i rendimenti sono divenuti estremamente bassi dal 2017.
Qualcosa in realtà inizia a muoversi. Ai tedeschi non piace indebitarsi per acquistare casa, e dunque la liquidità in eccesso si sta riversando sull’investimento nel mattone, tanto da aver acceso qualche focolaio di bolla immobiliare in qualche grande città in Germania. Anche il mercato azionario inizia ad attrarre anche i più cauti. Nel 2018, il numero degli azionisti e investitori in fondi azionari è aumentato di 250mila risparmiatori, portando la quota a uno ogni sei, secondo le statistiche dell’associazione DAI. Il numero totale dei cittadini tedeschi che investono in azioni o prodotti azionari è dunque risalito a quota 10,3 milioni, il 16,2% della popolazione sopra i 14 anni: «Un livello così alto non si vedeva dal 2007», ha commentato la direttrice del DAI Christine Bortenlänger. Nel 2001 c’erano circa 13 milioni di azionisti in Germania: molti sono scappati con lo scoppio della bolla della New Economy e non sono più tornati.
La ripartizione del portafoglio medio dei risparmiatori tedeschi è così distribuita, secondo l’associazione Deutsches Aktieninstitut (DAI): contanti e depositi 39,7%, assicurazioni e polizze vita 37,3%, azioni 5,4% fondi azionari 3,3%, obbligazioni 2%. I prodotti più “speculativi” orbitano attorno il 7-8 per cento.
Il tasso di risparmio lordo delle famiglie tedesche continua tra l’altro a crescere: nel terzo trimestre del 2018 ha sforato la soglia del 18% portandosi al 18,21% (dati Eurostat) contro il 10,23% delle famiglie italiane. Una crescita robusta – anche se in forte rallentamento nel 2018 e quest’anno -, la disoccupazione ai minimi dal 1990 e l’occupazione a livelli record, le remunerazioni salariali in aumento sono tutti fattori che accrescono la ricchezza dei tedeschi, in un contesto di bassa inflazione.
Il 76% dei tedeschi ha paura della povertà in età avanzata e pensionamento, secondo un sondaggio Ocse recente. Ma la paura di perdere i propri risparmi in investimenti ad alto contenuto speculativo è ancora più grande. E la lezione più dura è recente ed è legata alla crisi subprime. I cospicui depositi raccolti dalle Sparkassen, e trasferiti alle Landesbanken per essere impiegati soprattutto in prestiti a famiglie e Pmi, sono stati investiti nelle asset-backed securities AAA sfornate dai mercati americani nella grande caccia al rendimento che fino al 2007 contagiò anche la Germania, il Paese che aveva creato strumenti a prova di bomba come le Pfandbriefe, le prime forme di cartolarizzazione. Il tracollo di alcune Landesbanken, calate a picco con la crisi subprime, ha reso i tedeschi, già investitori ultraconservatori, ancora più cauti e rassegnati: non è solo lo Stato tedesco che mira all’indebitamento zero, ora anche il risparmio dei tedeschi si accontenterebbe del rendimento zero.