Il Sole 24 Ore, 20 marzo 2019
Zingonia, da città ideale a ghetto
Doveva essere un luogo residenziale d’élite, isprandosi a Brasilia. Ma negli ultimi 20 anni si è trasformato in luogo di spaccio. Ora il progetto di riqualificazione di Zingonia, la grande area commerciale nel bergamasco che si estende nei territori di 5 comuni (Ciserano, Verdello, Verdellino, Osio Sotto e Boltiere), è a un punto di svolta. Oggi si terrà il comitato di vigilanza – costituto da Regione Lombardia, forze dell’ordine e rappresentanze del Comune di Ciserano e della Provincia – e da lunedì cominceranno i lavori preparatori per la demolizione di 6 palazzine, con 204 appartamenti occupati abusivamente fino a poco tempo fa e ora chiusi con ordinanze urgenti.
Pochi giorni fa è arrivato qui il ministro degli Interni Matteo Salvini e a luglio inizierà la demolizione del quartiere. Gli edifici sono stati occupati per almeno 15 anni e così Via Monaco è diventata nel tempo luogo di spaccio e prostituzione. Dal 2009 la giunta di Ciserano ha cercato una via di uscita, prima trattando con gli abusivi, perlopiù clandestini extracomunitari, e poi arrivando alla decisione di buttare giù i palazzi e ripartire da zero.
Da qui sorgerà la nuova Zingonia: il terreno senza più edifici verrà venduto, e con i 5 milioni di ricavi verranno costruite case popolari in un’altra zona; nel quartiere sorgeranno invece uffici e centri direzionali legati alle aziende.
Dovrebbe dunque rinascere quella che l’architetto romano Vincenzo Zingone aveva immaginato negli anni 60 come una sorta di Brasilia italiana, una città artificiale in cui andare a vivere e lavorare. L’architetto ci aveva già provato qualche anno prima con un quartiere di Trezzano sul Naviglio, favorendo vasti investimenti immobiliari e di industrializzazione.
Anche Zingonia portava con sé la promessa di spostare le imprese nel luogo dove vivevano i lavoratori, sfruttando la possiblità di avere una defiscalizzazione decennale, grazie al progetto Zif (Zingonia iniziative fondiarie). E così in parte è stato: ai lati del lunghissimo Corso Europa, che si estende nelle aree di 4 comuni (tranne Boltiere, che ha una sua zona industriale leggermente decentrata) si trovano migliaia di aziende, e qui passano 8 milioni di auto all’anno. Con i fondi per le aree depresse, Zingonia, nella mente dell’architetto Zingone, doveva riuscire a dare lavoro alle persone che vivevano nel territorio e che invece dovevano spostarsi nel capoluogo lombardo. Così, pensava l’architetto, poteva nascere una nuova comunità.
Ma non è andata esattamente così. Le imprese sì, si sono rafforzate. Peraltro qui ci sono storie aziendali inedite. Per esempio, ha la sede la Gse, che produce sottomarini e le cui attività sono coperte da segreto militare. Qui è stata anche progettata la prima camera iperbarica. C’è anche la sede della Robour, leader mondiale nel settore dei riscaldamenti. Ci sono aziende che per ampliarsi hanno comprato dalle amministrazioni comunali intere strade (a Ciserano sono state vendute per 105 euro a metro quadrato).
Ma dal punto di vista della comunità, Zingonia non è decollata. Zingone trovò il sostegno delle banche nel suo progetto immobiliare, ma non quello della politica. Nella testa di Zingone c’era un agglomerato di mille aziende e 50mila abitanti. Ma l’architetto sottovalutò il fattore umano: l’esistenza di 5 Comuni, con il loro campanilismo, e con popolazioni poco propense a creare un’unica comunità.
Ancora oggi in questa lunga strada si viene a lavorare, ma non a vivere. L’architetto ci provò, con la costruzione di una chiesa e di scuole, che oggi rimangono lì, simbolo di un’idea mai decollata.
Zingone poi, si racconta ancora qui, dopo essere stato ostacolato dalle amministrazioni, decise di andare a Panama, dove passò gli ultimi anni (e sua moglie a Zingonia viene ricordata più con il cognome del suo secondo marito, Lamberto Dini).
Alla fine anni degli anni Sessanta furono le aziende a tentare l’urbanizzazione. Nella necessità di dare case ai loro dirigenti, costruirono palazzine di lusso che in parte vennero anche vendute ai privati. Hanno nomi di donne: Anna 1,2,3 e Athena 1,2,3 nel Comune di Ciserano; Barbara 1 e 2 e Bettina, nel Comune di Verdellino, a cui si aggiungono Grattacielo e 4 torri.
Il progetto di demolizione riguarda solo le “Anna” e le “Athena”, che da edifici dove vivevano 650 persone sono diventati luoghi di spaccio. La degenerazione è iniziata quando i dirigenti si sono spostati nel centro cittadino. Gli edifici sono passati di mano alla manodopera straniera, poi agli irregolari, e poi agli abusivi che occupavano sfruttando la possibilità di avere, con facili cavilli burocratici, la residenza in un appartamento.
Nei primi anni 2000 si è verificato un fenomeno singolare: le banche hanno iniziato a proporre mutui con basse garanzie. Il sindaco di Ciserano Enzo Bagini racconta che i broker passavano di casa in casa. Il risultato: in Via Monaco i nuovi proprietari hanno cominciato a essere insolventi e la vita condominiale è stata azzerata. Poi le banche si sono ripresi gli immobili con le aste ma nel frattempo gli appartamenti venivano occupati o messi a disposizione con affitti in nero. Il Comune ha iniziato a bloccare le forniture di acqua, poi ha avviato progetti di messa in sicurezza fino ad arrivare nel 2016 alle perquisizioni con la «rimozione di ostacoli fissi», provvedimento che in Italia si usa generalmente solo per la criminalità organizzata. Sono state fatte 12 operazioni con carabinieri e polizia municipale. Anche i centri sociali e i movimenti anarchici, che prima difendevano l’area, hanno cominciato a difendere «solo le famiglie sane».
Bagini, eletto con una coalizione di centrosinistra, in questo progetto ha trovato alleanze bipartisan, e sottolinea come il decreto sicurezza di Salvini non sia tanto «ingiusto», quanto «inefficace». Per Zingonia il problema non sono i richiedenti asilo, ma i clandestini, che tuttavia sono difficili da rimpatriare «perché mancano accordi con i paesi».