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La provocazione prevista arriva subito. «Sono un vecchio romantico». Poi, non contento, precisa: «Sono un vecchio porco romantico». Ride, accentua i suoi tic, si agita sulla poltrona. Slavoj Zizek, il filosofo sloveno che ama Marx e Lacan, il pensatore pessimista, il critico numero uno delle democrazie liberali amante della musica rock, il cinefilo dopato di Hollywood, il pensatore pop che ha conquistato Lady Gaga e le Pussy Riot, la butta là: «Sono un insospettabile uomo demodé».
Sembra una boutade, ma per Zizek il romanticismo è l’ultima oscenità rimasta, l’unica forza in grado di ribaltare il mondo. Tutto il resto è postumanità. Ne parla allarmato nel suo ultimo saggio Come un ladro in pieno giorno (Ponte alle Grazie), che è venuto a presentare a Roma all’Auditorium Parco della Musica durante la manifestazione Libri Come.
Amato dai lettori fans, odiato dai colleghi accademici, Zizek ha rinnegato le cattedre per vivere di festival. Di professorale non ha niente, a cominciare dal look: polo scura e jeans da ragazzaccio, nonostante stia per compiere 70 anni. Ogni tanto tiene lezioni a Lubiana e in qualche ateneo del mondo, ma a quanto pare con scarso entusiasmo. «Non mi piace insegnare, odio gli studenti». Il suo habitat è il palco, qualsiasi scena va bene. A patto che a parlare sia lui e gli altri lo ascoltino. «Detesto dialogare». Premessa perfetta per iniziare un’intervista.
Davvero crede che siamo diventati così cinici da essere refrattari ai sentimenti?
«Sono pessimista. Ci diamo appuntamento su Tinder o su altri siti di incontri e ci illudiamo così di tenere a bada le passioni. È orribile, vogliamo innamorarci senza perdere mai il controllo. Altro che poliamore e sessualità libera, non ci credo. In inglese si usa l’espressione "to fall in love", letteralmente "cadere nell’amore". Il vero amore è una caduta, uno shock totale. E invece, complice la Rete, stiamo ritornando per altre vie a una sorta di matrimoni combinati, programmati in modo quasi scientifico».
Spiazzante sentirla parlare di amore romantico, visto il suo ruolo da provocatore.
«In realtà l’amore è molto più radicale del sesso. Il sesso può essere brutale, pragmatico, una risposta ai nostri bisogni immediati. L’amore ha invece un aspetto sublime, totale.
Per questo quando amiamo accettiamo tutto, anche i difetti del partner. Perché non è una semplice prestazione».
Lei però si è sposato quattro volte, come mai?
«Nessuno è perfetto ( ride). Ma le posso giurare che non ho mai avuto relazioni sessuali del tipo "una volta e via". Mai rimorchiato in un bar. Ogni volta sono disposto a illudermi, a credere che possa durare. Continuo a pensare che il sesso unito all’amore sia un’esperienza molto più intensa di quando è fine a sé stesso».
Per questo nel suo ultimo saggio scrive che la pornografia è ridicola?
«Se sei ninfomane o ossessionato dal sesso, la cura migliore è vedere film hard-core. Sono così deprimenti… Un po’ come i libri della scrittrice francese Catherine Breillat, in cui tutto è mostrato esplicitamente e le trame sono inevitabilmente stupide. Quando ci si concentra sui dettagli sessuali, le storie è necessario che scompaiano, che passino in secondo piano».
In realtà nel mondo digitalizzato sono i corpi fisici a essere rimpiazzati dai computer, come avviene nel film "Her" di Spike Jonze.
«Esattamente. C’è una storiella che può descrivere bene il sesso ideale nella nostra epoca. Un uomo e una donna flirtano. Si danno un appuntamento, lui arriva nel suo appartamento con una vagina di gomma e lei lo aspetta con un vibratore di plastica. Non si toccano, attaccano i loro attrezzi meccanici a una spina elettrica e li osservano copulare mentre loro intanto prendono il tè parlando d’altro, magari di filosofia, di Hegel».
Non potrebbe avvenire un imprevisto?
«Mentre prendono il loro tè e le macchine si accoppiano tra loro, potrebbe succedere che a un certo punto lui guardi lei negli occhi, che le loro mani si sfiorino, che si sentano attratti e che scelgano di fare sesso davvero».
Eppure le passioni sembrano tornate nelle piazze. Non la sorprende questa carica di emotività pubblica?
«I populisti si servono delle passioni in maniera sbagliata, prendendo di mira un nemico e senza fermarsi a ragionare. Marx bollava la religione come "oppio dei popoli". Oggi abbiamo due ideologie: le pillole di cui ci imbottiamo per sopravvivere e il populismo, che dà risposte semplici a problemi complessi. Non ci accorgiamo che siamo diventati una società di zombie».
In che senso?
«Nel film White Zombie (L’isola degli zombies) diretto da Victor Halperlin, Bela Lugosi interpreta il proprietario di una piantagione che sfrutta gli zombie come braccianti. Un giorno un amico lo va a trovare e gli dice; vedi, loro sono gli operai perfetti, non chiedono sindacati, né reclamano diritti o aumenti di paga.
La sinistra per rinascere deve difendere gli zombie, che nella lotta di classe hollywoodiana sono la working class».
Che ruolo ha la Rete nel disegnare il nuovo mondo?
«Le vicende WikiLeaks e Cambridge Analytica mostrano che le forme di dominazione dei nostri giorni sono invisibili. Navigare in rete, andare sui siti porno, non sono scelte libere ma indirizzate. Siamo controllati in modi molto sottili».
È quello che spiega ai suoi studenti all’università?
«Li odio, odio gli studenti. Non sopporto le loro domande stupide».
E l’importanza del contatto di cui parlava poco fa?
«Non mi piace essere interrotto quando parlo. Non sopporto il contatto umano».
Meglio salire su un palco senza contraddittorio?
«Certo».
Non è un po’ dittatoriale?
«Sì. Mi piace parlare molto e alla fine andarmene dicendo: vi chiedo scusa, vorrei aprire un dibattito ma devo proprio scappare (ride) ».
E la sua fiducia nei corpi, nell’amore come dialogo?
«I dialoghi mi piacciono quando sono simili a quelli di Platone, in cui c’è uno che parla senza essere quasi mai interrotto. E quando l’altro interviene è solo per dire: "Sì, hai ragione, è come dici tu”».
È questo il vero dialogo democratico ( grosse risate)».