Se questa idea è condivisa, vuol dire che gli uomini stessi pensano che se lasciati a se stessi, senza una mamma che li sgridi e una compagna che li rimbecchi, gli uomini sono incapaci di intendere e volere. Sarà per questo che certe sentenze recenti hanno dimezzato le pene a chi ha fatto fuori la moglie, che forse non occupandosi di lui a sufficienza si è resa complice della sua stessa morte.
Devo dire che stranamente da un po’ di tempo mi scrivono maschi più arrabbiati del solito, non so se sono quelli di prima stufi di essere gentleman, o non gentleman che solo adesso osano uscire dal buio del loro sconforto. Ecco il signor Martino che sta evidentemente dalla parte delle donne che possono permettersi di essere casalinghe o ne sono costrette: “Bisogna smettere di criminalizzare le donne che vogliono essere mogli e madri”.
Non sono specificati episodi e quindi mi chiedo quando e dove sono successe simili enormità, tipo amministratrici delegate che hanno preso a randellate spose estasiate con carrozzina contenente lieto bebè, organizzatori di antifamily day in cui si accusano le disoccupate involontarie di preparare il minestrone per il marito e di condividere lo studio dei figli.
Tra l’altro tutte cose che fanno anche le donne che un lavoro sono riuscite ad averlo e tenerlo, o quelle che, ma non si sa sino a quando, hanno conquistato una carriera; andare in giro con bebè, preparare il minestrone, far fare i compiti ai figli: può darsi che poi siano stanche per acrobazie sul letto, ma insomma.
È impressionante come questo machismo scemo non tenga conto della realtà: capita infatti, e gli uomini che le amano lo sanno, che le donne lavorino non per capriccio, per frivolezza, per non lavare i pavimenti, ma per aiutare la famiglia, talvolta per mantenerla, se il marito non ha lavoro, o perché il marito se ne è andato e non è così generoso con i figli. Sono discorsi vecchi e dimenticati, che fanno vergogna, e non si capisce come possano essere tornati attuali: eppure di colpo, in pochi mesi, la misoginia più bellicosa e insensata, antistorica e irrealistica si è fatta strada con l’avvento al potere di uomini che, ridimensionando il valore e lo status delle donne, pensano di ammansire i maschi più fragili e impauriti con l’illusione di essere comunque privilegiati in quanto uomini, rispetto a ogni donna in quanto tale.
Mi ero ripromessa di non accennare al famoso convegno di fine mese a Verona, visto che non se ne era mai parlato, in Italia, di quelli precedenti, a Budapest, a Tbilisi, l’anno scorso a Chisinau in Moldavia, luoghi di democrazia relativa e di fanatismi etnici e religiosi, e che adesso è riuscito ad arrivare nell’Italia del Nord. Ma qui il clima di eterne elezioni preme, e non c’è convegno vuoi dei produttori di zampone che delle bande di firlinfeu in cui non siano vistosamente presenti o vistosamente assenti vari gruppetti di raccattavoti.
E sarà un caso, i tre giorni, previa messa alle 7.15, sono una dichiarazione di guerra contro gli omosessuali, ma soprattutto contro le donne. Tra i temi da dibattere, carichi di ipocrisia dolciastra, in realtà minacciosi: bellezza del matrimonio, diritti dei bambini, la donna nella storia, salute e dignità della donna, tutela giuridica della vita e della famiglia, ecc. Tra gli ospiti d’onore per ora dieci uomini e una donna, quella principessa Gloria Thurn und Taxis che si fa chiamare serenissima e sua altezza e che negli Anni 80 con pettinature pazze era celebre per la sua instancabile mondanità. A parlare, oltre ai nostri massimi noiosi del ramo neogotico, una signora ugandese, un rappresentante della chiesa sira, una ministra ungherese, un patriarca russo e quell’instancabile americano la cui missione è impedire ai transessuali di entrare nell’esercito: «Che è fatto per la guerra e non per le erezioni».
Cosa ne pensano i militari, uomini e donne, etero e no?
Delle erezioni, ovvio.