Il Messaggero, 20 marzo 2019
I 150 anni del Bambin Gesù
Alex Maria Montresor è arrivato a Roma a fine novembre scorso. Diciotto mesi, era ricoverato al Great Ormond Street Hospital di Londra perché soffriva di una malattia genetica rara, la linfoistiocitosi emofagocitica. Fino ad allora non aveva avuto successo la ricerca di un donatore totalmente compatibile con il bimbo. L’unica soluzione: trasferirsi all’ospedale Bambino Gesù nella Capitale. Per un intervento innovativo: trapianto di staminali emopoietiche da genitore. A dicembre in sala operatoria. Dopo un mese, l’annuncio che le cellule del padre, manipolate e infuse nel bambino, «hanno perfettamente attecchito». Come ha affermato Franco Locatelli, direttore del dipartimento di Oncoematologia e Terapia cellulare e genica dell’ospedale pediatrico romano.
L’INCONTROQuella di Alex è solo l’ultima storia pubblica. Una delle oltre tredicimila storie di piccoli pazienti con malattie rare seguiti ogni anno al Bambino Gesù. Dove ieri, nel polo di ricerca a San Paolo fuori le Mura, sono stati festeggiati i suoi 150 anni di storia. Con il presidente Sergio Mattarella («La Repubblica vi è riconoscente» ha detto rivolgendosi a chi lavora nell’ospedale»), il segretario di Stato vaticano Pietro Parolin, il sindaco di Roma Virginia Raggi(«Stiamo lavorando al nuovo pronto soccorso al Gianicolo e cederemo un immobile di Villa Pamphili al Bambino Gesù per un nuovo polo destinato ai tumori e ai trapianti») e il governatore della Regione Lazio Nicola Zingaretti («È un ospedale di Roma, ma è anche un ospedale del mondo, per molti da tutto il mondo luogo della speranza dei loro cari. Pochi bambini non ci sono mai stati a Roma, io mi ci tolsi le tonsille»).
LE CORSIEA Roma, come nel resto d’Italia fino alla seconda metà dell’Ottocento, i piccoli pazienti venivano ricoverati nelle stesse corsie degli adulti. Bambini e anziani, vicini di letto. Povertà vicino a povertà. La duchessa Arabella Salviati, colpita dal dramma di questa promiscuità durante la malattia, ha l’idea di un ospedale per i bambini sul modello dell’Hopital del Enfants Malades di Parigi. Il progetto è sostenuto dal marito, il duca Scipione e incoraggiato dall’entusiasmo dei piccoli Salviati che in occasione del compleanno della mamma le regalano il dindarolo con i loro risparmi, conservato oggi in una teca dell’ospedale. Il 19 marzo del 1869, in una piccola stanza di via delle Zoccolette, vicino al Tevere, vengono accolte quattro piccole malate. Nasce così il primo reparto di un ospedale che poi attraverserà il fiume per trovare la sua sede al Gianicolo. Per espandersi poi a Palidoro e a San Paolo.
Nel 1869, lo ha ricordato la presidente della storica istituzione Mariella Enoc, i posti letto erano quattro, oggi se ne contano 607. Ventottomila ricoveri l’anno. Obiettivo: lavorare su nuovi progetti in grado, sempre più, di coniugare ricerca e cura.
Per questo, ieri, per la visita ufficiale è stata scelta la sede di San Paolo dove, negli ultimi anni, è stato sviluppato il laboratorio di indagine genetica e cellulare pediatrica più grande d’Europa. Per numero di ricerche e capacità di riuscire a trasformarle, in tempi brevi, in terapie per i pazienti. Oltre 250 le speriementazioni. Pensiamo, appunto, ad Alex.
Oltre 450 i progetti di studio attivati nel 2017, il 36% ha riguardato le patologie rare, 663 le pubblicazioni scientifiche con impact factor (l’indice che misura il numero medio di citazioni ricevute in un particolare anno da articoli pubblicati in una rivista scientifica) aumentato del 50% nell’ultimo quinquennio. «Sedici nuove malattie rare orfane di diagnosi – fanno sapere i ricercatori – sono state identificate. Le piattaforme genomiche e le competenze bioinformatiche sviluppate nei nostri laboratori hanno permesso di fornire delle risposte diagnostiche in oltre il 50 per cento dei malati rari o ultra-rari affetti da patologie cosiddette orfane di una diagnosi».
SENZA CONFINI«È un punto di riferimento – ha commentato il Presidente Mattarella mentre era nei laboratori – per la comunità scientifica nazionale e internazionale. Soprattutto per l’entusiasmo percepibile dei giovani ricercatori». Più di settecento sono impegnati nella ricerca. «Per il Bambino Gesù – parole del cardinale Parolin – non ci sono muri o confini, né razze o appartenenze religiose». Basta leggere gli interventi di assistenza e cooperazione in Cambogia, Repubblica Centrafricana, Giordania, Siria, India, Tanzania, Georgia, Russia, Cina ed Etiopia per rendersene conto.
I TESSUTIÈ sempre la storia di Alex che ci aiuta a camminare tra le eccellenze dell’ospedale. Ci spostiamo dai laboratori alla sala operatoria. Ai trapianti di organi e tessuti. Il Bambino Gesù è l’unico in Europa a eseguire tutti i tipi: dal midollo al fegato, al cuore, al polmone. Dieci cuori artificiali, nel 2017, sono stati impiantati su pazienti in attesa dell’operazione. «Per quanto grande – è il commento della presidente Enoc – i posti letto iniziano a non bastare e abbiamo oggi trenta bimbi in lista per trapianto di midollo».