Il Sole 24 Ore, 20 marzo 2019
I batteri per tutti i formaggi del mondo
Le opere d’arte che contano nella vita di una persona possono essere di molti tipi e prendere, a loro modo, forma di collezione. Nella piccola Cadorago, un borgo di 8mila abitanti, a pochi chilometri da Como e 30 da Milano, la famiglia Verga custodisce una collezione molto speciale perché ognuno dei suoi preziosi “pezzi” consente di trasformare il latte in formaggi, yogurt e, più in generale, latti fermentati. «È una collezione di 6mila batteri buoni», ci racconta Martino Verga, amministratore e consigliere di Sacco, una delle aziende, insieme a Caglificio Clerici, Centro Sperimentale del latte e Kemikalia che fanno parte della rete d’impresa Sacco System che fa capo alla famiglia Verga.
Martino Verga è innanzitutto un chimico (vicepresidente di Federchimica con delega per l’organizzazione e il personale) e poi un biologo e indossa il camice del ricercatore divulgatore mentre ci accompagna nei laboratori e nel sito produttivo di Cadorago. Ricorre agli esempi per raccontare come l’azienda della sua famiglia abbia, a suo modo, innescato un’inversione di tendenza per i cervelli in fuga. Innanzitutto, dei 350 collaboratori uno su cinque è dedito alla ricerca, ma bisogna avere la pazienza di arrivare in fondo all’articolo per capire un viaggio fino a Cadorago per parlare di formaggi in un laboratorio, dove ci circondano giovanissimi ricercatori che arrivano qui da 20 paesi diversi. O tornano in Italia, per venire in questo piccolo paese, lasciandosi alle spalle prestigiose carriere nella ricerca.
Intanto continuiamo il viaggio oltre Como con un po’ di immaginazione e arriviamo oltreconfine, per parlare di Roquefort, formaggio francese, erborinato, originario di Roquefort sur Soulzon, nel sud della Francia. Proseguiamo e arriviamo fino al Regno Unito con il Blu Stilton, formaggio a pasta dura ed erborinata prodotto nelle contee di Derby, Leicester e Nottingham. Cosa hanno in comune? Per diventare Roquefort e Blu Stilton hanno bisogno di particolari batteri, quelli che Martino Verga, racconta come «i batteri del posto che ne determinano le caratteristiche, i sapori e la consistenza. E poi le muffe. Fino alla fine dell’800, i batteri del posto cadevano nel latte durante la mungitura». Poi qualcosa è cambiato perché cominciò a diffondersi la pastorizzazione per rendere più sicuro il latte, uccidendo però «sia i batteri patogeni che i batteri buoni, quelli che fanno nascere il formaggio, creano i buchi in quello che si produce nelle valli svizzere o i fili in quello che si mette sopra la pizza», dice l’imprenditore. È allora che nasce il Caglificio Clerici, fondato nel 1872 dal bisnonno di Martino Verga che porta il suo stesso nome.
Da allora i tecnologi alimentari delle aziende di Sacco System partono da Cadorago e vanno in giro per il mondo a raccogliere i batteri del posto. Otto “cacciatori di batteri” passano metà del loro tempo di lavoro in giro per il mondo, altri 6 sono concentrati esclusivamente sulla Francia, patria degli erborinati per eccellenza, e 5 sull’Italia. Nella speciale collezione che è custodita nella ceppoteca del laboratorio di ricerca di Sacco System si contano oltre 6mila batteri. A cui corrispondono più o meno altrettanti formaggi di tutto il mondo. Alcuni sono infatti compositi e nascono dalla combinazione di batteri, lieviti e muffe, come avviene per esempio nel caso del Gorgonzola. I batteri vengono raccolti e poi riportati in sicurezza nella cornice dei laboratori di Cadorago dove vi è un’incessante attività di ricerca. È un po’ una corsa nel futuro ma anche una corsa contro i virus batteriofagi. Alla collezione dei batteri è affiancata infatti quella dei virus che serve per studiare e classificare quelli a cui i batteri sono resistenti e quelli a cui non lo sono perché gli alimenti, passando dal nostro intestino, potrebbero diventare il punto di innesco di una resistenza agli antibiotici. «La ricerca consente un’evoluzione continua per conservare sempre il massimo grado di sicurezza», spiega Martino Verga. E per consentirci, nonostante la pastorizzazione, di continuare a mangiare formaggi di antichissima tradizione.
Per questa azienda familiare di cui l’imprenditore, insieme al fratello Francesco e alla sorella Giovanna, rappresenta la quarta generazione (è comunque già in rampa di lancio la quinta, rappresentata dalle tre figlie di Francesco, Margherita, Viola e Iris, già saldamente presenti in azienda) il ritmo di crescita è mediamente a due cifre. Prendendo il 2018, il fatturato è salito a 108 milioni di euro, il 15% in più dell’anno precedente, con un Ebitda al 37%. L’export supera il 60% del fatturato: i batteri e le muffe di Sacco System arrivano in 110 paesi del mondo, tra cui, solo per citarne qualcuno, la Russia, l’Iran, il Medio Oriente, il Brasile, l’Argentina, la Francia, il Regno Unito, i paesi del Nord Europa, l’India, la Turchia, la Grecia, la Cina. In questi ultimi paesi i prodotti più venduti sono i fermenti lattici per produrre latti fermentati come lo yogurt che in Cina, in particolare, «ha iniziato a diffondersi una quindicina di anni fa, dapprima tra i ceti più abbienti, fino a diventare un vero e proprio status symbol, al punto che oggi i cinesi consumano il doppio dello yogurt degli americani – racconta Martino Verga -. Non consumano invece il latte perché da adulti perdono la capacità di produrre lattasi, l’enzima che serve per digerire il latte, ma che non è necessario per digerire lo yogurt, grazie ai fermenti lattici».
Tecnicamente i batteri vengono considerati coadiuvanti tecnologici e non vi è l’obbligo di indicarne la presenza in etichetta. Ne bastano pochi grammi per una tonnellata di latte, ma sono quei pochi grammi che, insieme all’ingrediente principale, alla lavorazione e alla stagionatura, contribuiscono in maniera fondamentale a far sì che, dopo la pastorizzazione oggi possiamo ancora mangiare in tutta sicurezza la mozzarella di bufala, il parmigiano reggiano, la fontina, il bitto, l’emmental, fino ad arrivare a tutti i pregiatissimi erborinati del mondo. Non deve essere un caso che solo in Francia i cacciatori dei batteri che partono da Cadorago siano ben sei.
Martino Verga si muove tra giovani ricercatori, chimici, biologi e agrari provenienti da 20 paesi, molti dei quali hanno in tasca anche un Phd, chiamando tutti per nome.I dipendenti di Sacco System sono per il 40% donne, hanno un’età media di poco sopra i 40 anni e oggi sono arrivati a 350. E Martino Verga cerca di ricordarli tutti. «Ai nuovi chiedo la foto per poterli memorizzare, la nostra è un’azienda familiare e vogliamo trasferire un forte senso di appartenenza – dice -. Il turn over da noi è bassissimo, investiamo molto nel rapporto con le persone e nella loro formazione. Chi arriva non se ne va». Uno degli ultimi arrivati, si è lasciato alle spalle un brillante percorso di ricerca al Max Planck institute di Monaco e sta costruendo qui il suo futuro, intorno a un progetto di ricerca sul benessere delle piante. Se Cadorago con i suoi 10 chilometri da Como e i 30 da Milano può apparire un buon compromesso su dove vivere, l’attrazione per i giovani sta nei progetti di questa azienda e nelle sue prospettive di crescita. L’altro lato della medaglia di una famiglia che, come dice Martino Verga, pensa che «è la ricchezza dell’impresa che deve crescere non quella dell’imprenditore», è che gli investimenti, considerando soltanto quelli in ricerca e sviluppo, sono il 6% del turn over, il doppio della media dell’industria chimica, quattro volte quelli della media manifatturiera italiana. I flash di questa ricchezza si accendono quando in laboratorio incrociamo il giovane ricercatore “dirottato” sulla ricerca sui batteri per il benessere delle piante. O nello stabilimento produttivo dove è in allestimento un’area che accoglierà un nuovo fermentatore. O sulla scrivania di Martino Verga che ha appena ricevuto un biglietto d’invito ai festeggiamenti di due giorni per le nozze di un tecnologo alimentare indiano. Che appare un po’ anche il simbolo di quello sguardo rivolto al futuro dei laboratori di Cadorago.