La Stampa, 20 marzo 2019
L’intelligenza delle formiche
Dicono i biologi che la biomassa delle formiche sia paragonabile a quella dell’umanità. Quindi, ai nastri di partenza, noi e loro ce la giochiamo alla pari. Alcuni ricercatori di vita extraterrestre si spingono più in là e avvertono: se mai incontreremo degli altri esseri intelligenti nell’Universo, potrebbe trattarsi di qualcosa di più simile a insetti-robot, come le formiche, che a individui.
Potrebbe non esserci alcun terreno comune di dialogo e, anzi, questi alieni potrebbero provare ribrezzo per il nostro particolarismo egoista e risultare più spietati, più forti e più competitivi di noi umani grazie alla loro maggiore compattezza sociale e a un’invincibile determinazione nel perseguire i fini del gruppo.
A parte questa prospettiva possibile (e temibile), le formiche ci pongono un problema di scienze cognitive: come fanno degli esserini così, governati da impulsi ormonali e reazioni automatiche, privi di intelligenza individuale, a generare collettività dal comportamento plastico e creativo, dotate di una sorta di intelligenza di gruppo? Un etologo italiano, Donato A. Grasso, dell’Università di Parma, autore del saggio «Il formicaio intelligente», si spinge a usare per queste prestazioni lo schema interpretativo delle «proprietà emergenti», cioè quello applicato alle reti neuronali umane da cui scaturiscono – non si sa ancora bene come – l’intelligenza e l’autocoscienza. L’etologo attribuisce alle colonie di insetti sociali «un insieme di proprietà emergenti dell’azione collettiva che derivano da semplici azioni dei singoli e che permettono di risolvere problemi complessi».
Attenzione: questo non avviene per magia o per azione metafisica, ma proprio grazie alle «semplici azioni dei singoli»; e come sia possibile comincia a essere spiegato dalla cibernetica. Studiosi di Intelligenza Artificiale, come l’italiano Marco Dorigo, che insegna in Germania e a Bruxelles, hanno realizzato algoritmi sulla cui base un’orda di formiche artificiali, composta da unità che (individualmente) non incorporano la capacità di svolgere compiti complessi, diventa capace di compierli, interagendo e auto-organizzandosi, e oltretutto lo fa in modo flessibile e non meccanico, adattandosi a situazioni mutevoli in modo ottimale. Opera una specie di «democrazia decisionale», che si realizza come se si votasse.
Grasso sintetizza dicendo che tra le formiche «il tutto è superiore alla somma delle parti». E, chiudendo il cerchio, torna all’ipotesi che «i neuroni umani operino come le formiche» e che «lo studio dell’intelligenza diffusa, propria di molte attività collettive, possa spiegare i meccanismi del cervello e delle sue proprietà emergenti». Direzione in cui naturalmente si sono compiuti solo i primi passi.