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Ho incontrato il diavolo. È sceso da una splendida automobile sportiva azzurra con gli sportelli che si aprono come ali di drago. All’orecchio destro un pendaglio con una croce egiziana, sull’altro un piccolo dollaro, mi sorride. «Ciao, sono Sfera». L’incontro non è a un crocevia dell’Alabama, siamo al California Grill di Rozzano, pochi chilometri dal centro di Milano: «Abito qui vicino» racconta, «in realtà sono cresciuto a Cinisello, poi quando cominciavo a essere troppo popolare era diventato difficile. Mi sono spostato da queste parti, ho portato mia madre».
Vive con sua madre?
«Sì, è la mia prima fan».
Allo tsunami di maldicenze e contestazioni piovute dopo la strage di Corinaldo, dopo un prolungato silenzio, ha deciso di rispondere con un pezzo intitolato Mademoiselle, oltre 5 milioni di streaming in pochi giorni, dove se la prende con chi pensa di dargli tutte le colpe del mondo: «Sì, ero in dubbio poi ho pensato che la cosa migliore fosse rispondere con quello che so fare meglio, con la musica. È il mio modo, il mio lavoro».
Perché non ha mai parlato di quella maledetta notte?
«Ho preferito stare zitto. Tutto quello che si può dire su media o social è superfluo, inadatto e inopportuno. Ho scelto di portare rispetto e agire privatamente per cercare a mio modo di stare vicino alle famiglie colpite. Quello che è successo va oltre la musica, oltre il mio personaggio, oltre tutto. Quella notte ha sconvolto tutti, ci ha distrutto, pensare che sia successo è incredibile. Certe cose in un paese come il nostro non possono succedere. La sicurezza è la prima regola nella vita di tutti i cittadini. Sul lavoro, dappertutto e anche nei luoghi di intrattenimento. Sono sicuramente criticato e preso di mira ma sono una persona e il mio massimo rispetto e cordoglio vanno alle famiglie delle vittime».
Da lì è partito un ciclone di accuse. Hanno invocato esorcisti. Per qualcuno nelle sue canzoni c’era anche istigazione alla droga. Come l’ha presa?
«Chi lo ha detto non mi ha mai ascoltato, s’è lasciato suggestionare da quello che diceva la gente. Se ascolti bene il mio disco Rockstar ti accorgi che c’è solo positività, good vibes, niente di scuro e negativo. Se invece vuoi fare disinformazione… è un attimo. Ho sempre parlato di me, non ho mai istigato nessuno. Ho sempre detto sui social o nei live: ragazzi non drogatevi, non bevete. Ma dico io, ci vuole Sfera Ebbasta per dire che la droga fa male?».
Magari nel rap fare il cattivo può anche essere parte del personaggio?
«Non si tratta di fare il cattivo, si tratta di fare quello che vuoi, è una questione di libertà, per questo faccio il cantante, magari mi stanno strette cose che ad altri non stanno strette, in fondo parli di te stesso e non devi mai pensare che quello che ascolti è oro colato, è solo un’opinione. Puoi pensarla diversamente e infatti per questo ti piace Sfera Ebbasta oppure ti piace un altro. Sono sincero sì, tutto quello che c’è da sapere su di me e lì dentro».
Però al concerto del Primo Maggio, con Rolex e abiti griffati alla festa dei lavoratori, poteva sembrare una provocazione.
«Perché mai? Io non provoco, cerco solo di essere me stesso in ogni situazione. Quando mi hanno invitato sapevano bene chi sono e come vado in giro, cosa cambia se avevo due o tre orologi, oppure se arrivavo senza, cosa cambiava? Vogliamo discutere anche della libertà di mettersi addosso quello che uno vuole? E comunque io queste cose me le sono comprate lavorando».
Anche prima di cantare?
«Ho fatto di tutto: barista, portapizze, elettricista, nel 2015 lavoravo ancora a TigellaBella poi la gente cominciava a conoscermi e quando servivo tigelle e gnocco fritto non ero più credibile».
È arrabbiato per la cancellazione del suo ruolo di coach a The voice of Italy?
«Hanno insistito per avermi, mi hanno convocato a un servizio fotografico. Stava per cominciare tutto e poi… boh! Guarda, alla fine la mia fortuna è che non ho bisogno di certi canali per essere quello che sono. Ho costruito una carriera senza il supporto di radio e tv, questa è una vera forza. Per me era semplicemente un’esperienza lavorativa che mi incuriosiva ma in realtà non ne ho bisogno, e forse è meglio cosi».
Qual è il social più efficace?
«Parlo per me. Twitter ha poco senso. Su Facebook si dorme, io vivo su Instagram e Spotify.
Nessun media, nessun giornale, nessuna tv verrebbe vista com’è visto il mio social, è la mia piattaforma più grande, come fosse la mia radio, la mia tv. Un tempo era diverso, se avessi voluto dire a Jim Morrison che spaccava, come avrei fatto? Ora c’è un contatto reale, diretto».
Chi rispetta dei vecchi?
«In Italia? Vasco».
Ci sono desideri ancora da realizzare?
«Io non ho ancora fatto niente, c’è ancora tutto da conquistare, suonare in tutto il mondo, un giorno fare l’headliner al Coachella… Non siamo neanche all’uno per cento».
Programmi nell’immediato futuro?
«Domattina alle 7.45 un volo per Los Angeles».
In vacanza?
«Che vuol dire vacanza? Per quello che faccio non sei mai in vacanza e non sei mai al lavoro. Mi dovrei prendere una vacanza dalla vita? Non c’è bisogno».
Si può, dopo Corinaldo?
«Quella è una cosa che non passa, e non passerà mai».
Usciamo dal ristorante e un giovane papà con un piccolo bimbo in braccio gli chiede una foto. «Per il bambino», dice. Sfera sorride, il bambino pure, si danno il cinque. Lui del diavolo non ha paura.