La Stampa, 19 marzo 2019
Pacifico si alza all’alba per scrivere canzoni. Intervista
Da sette anni non pubblicava un album. Ha scritto tanto per tanti (Gianna Nannini, Malika Ayane, Adriano Celentano, Giorgia, Ornella Vanoni, Motta tra gli altri) ma per sé ha abbandonato due album prima dell’uscita. Fino a questo nuovo Bastasse il cielo, pubblicato all’inizio di marzo. «Mancavo da così tanto tempo - dice - e ciò che faccio io è così diverso da quello che si sente in giro che il primo impatto è stato entusiasmante. Forse non ci metto altri sette anni a fare un album».
Pacifico (Gino De Crescenzo, nato a Milano nel 1964) è fatto così, fa dell’understatement uno stile di vita, anche quando racconta dei messaggi ricevuti dai colleghi in questi giorni: «Malika (Ayane, ndr), Bianconi (Francesco, leader dei Baustelle, ndr), Giuliano dei Negramaro, Samuel (voce dei Subsonica, ndr) mi hanno scritto cose belle. Non erano parole di circostanza, si capiva che avevano ascoltato per bene il suono dell’album, erano messaggi dettagliati».
Musicisti veri, poca elettronica
Se Pacifico è tornato a fare dischi - lo dice lui stesso - il merito è di Alberto Fabris, collaboratore storico di Ludovico Einaudi, che gli ha trovato i musicisti giusti per vestire nel modo più analogico oggi possibile, cioè con pochissima elettronica, le sue canzoni. Bastasse il cielo è nato dunque in uno studiolo di Parigi («19° arrondissement», precisa lui) e ha viaggiato di computer in computer per tutto il mondo, in India, Turchia, Inghilterra, Usa, Italia. «Alla fine me lo sono ritrovato famigliare ma trasformato nella mia casella di posta. Come un adolescente che torna da una vacanza studio», sintetizza lui.
«Ora mi è chiaro anche questo - dice -, ora ho capito che il mio ambito è la scrittura, quando non scrivo mi sembra che non stia esercitando la mia professione. Anche in questo periodo, in cui è appena uscito il disco mi alzo prestissimo la mattina per guadagnare tempo sui doveri della paternità e scrivo tanto. Canzoni per me e per altri, anche testi un po’ teatrali per monologhi che mi chiedono. Oppure cose che dirò nei miei spettacoli». Dopo tante canzoni, si apre un’altra strada, quella dell’autore teatrale? «In passato ho interpretato un monologo mio, ma pensarli interpretati da un’altra persona cambia tutto. Entra in campo un corpo, l’azione, e penso di avere bisogno dell’aiuto di uno specialista, un regista, per occupare uno spazio più fisico. Però sì, vorrei cimentarmi in questo genere di scrittura».
Intanto, da giovedì, l’azione si sposta nei teatri in cui arriva il suo tour: dopo Bologna (21), va a Torino (22, Off Topic), poi Firenze (30), Milano (5 aprile), Bari (17), Roma (18). Con lui tre musicisti, Mirco Mariani, Alfredo Nuti e Luigi Savino, e gli strumenti vintage che Mariani raccoglie, colleziona e suona a Bologna: «Mi affascina il suono di questi strumenti anni Settanta e Ottanta ma anche le storie che portano con sé: Mirco racconta che uno è appartenuto alla Pfm e che l’ha trovato in un prato di notte, sotto le stelle. Sarà vero? Chi lo sa, ma non importa».
Pacifico da anni vive tra Parigi e Milano. Ultimamente dall’Italia gli chiedono spesso notizie sulla legge francese che impone una quota di canzoni di produzione nazionale alla radio. «Proprio oggi - racconta - sono stato a pranzo con un importante editore musicale. Mi ha spiegato che la legge impone il 40% di musica di produzione nazionale con il 51% di parole in francese. Questo lascia libero il campo a molto rap, per esempio, e ai suoi testi con tanto arabo, o inglese. Le quote alla radio sono l’ultimo elemento di un sistema che aiuta finanziariamente per l’acquisto degli strumenti, prevede conservatori, auditorium, favorisce la produzione costante di nuovi artisti. L’obiettivo è permettere di lavorare fino ai 70 anni anche a chi non diventa famoso. Ecco, questo è importante».