il Giornale, 19 marzo 2019
Un asteroide ha colpito la Terra
Distruggere un asteroide per salvare il mondo sarà più complicato di quanto visto in Armageddon. Quei sassi sono grandi, duri e troppo resistenti per essere annientati da astronauti galleggianti nello spazio. Almeno così dicono alla Nasa. Ma anche senza cavalieri Jedi o affidabili contromisure all’impatto col pianeta Terra, possiamo tirare un sospiro di sollievo. Alle 18,33 di ieri il massiccio asteroide 2019 CL2 ha lambito la Terra all’impressionante velocità di 27mila chilometri orari, ovvero 7,54 chilometri al secondo. Il proiettile spaziale, classificato dalla Nasa tra i cosiddetti Neo (Near Earth Object), è passato sopra alle nostre teste a una distanza di 4 milioni di chilometri. Dunque non ha destato preoccupazione.
Qualche rischio in più l’abbiamo passato lo scorso 18 dicembre, quando un grande asteroide è esploso nell’atmosfera terrestre, rilasciando 10 volte l’energia della bomba atomica di Hiroshima. Esplosione passata inosservata in quanto è avvenuta sul Mare di Bering, parte dell’Oceano Pacifico tra Russia e Alaska. L’esplosione è stata la seconda più grande di questo tipo degli ultimi 30 anni e la più grande dal meteorite che nel 2013 colpì Chelyabinsk, in Russia.
I dati dimostrano che l’asteroide ha sfrecciato attraverso l’atmosfera terrestre a una velocità di 32 chilometri al secondo con una traiettoria di 7 gradi. Con 10 metri di diametro e 1400 tonnellate di massa, la roccia spaziale è esplosa circa 25 chilometri sopra la superficie terrestre, con un’energia d’impatto di 173 kilotoni. Lindley Johnson, difesa planetaria della Nasa, spiega che una palla di fuoco di tali dimensioni e portata è prevista solo un paio di volte in 100 anni, aggiungendo che la meteora è esplosa in un’area non molto distante dalle rotte utilizzate dai voli commerciali tra Nord America e Asia. Per questo motivo i ricercatori stanno controllando se le compagnie aeree non abbiano notato qualcosa.
Si tratta del terzo impatto più grande dell’epoca moderna, dopo quello di Chelyabinsk e l’enorme esplosione che si è verificata in Siberia nel 1908. Noto come evento di Tunguska, quell’esplosione rase al suolo 80 milioni di alberi su un’area di 200 chilometri quadrati. L’esplosione di dicembre è stata rilevata dalle stazioni a infrasuoni del mondo che hanno registrato onde acustiche a bassa frequenza che non possono essere udite dagli esseri umani. Queste stazioni sono state create durante la guerra fredda per rilevare esplosioni nucleari. «Quando si vedono queste onde a infrasuoni si sa subito che c’è stato impatto o grande rilascio di energia» dice Alan Fitzsimmons della Queen’s University di Belfast-. I satelliti militari hanno rilevato l’esplosione e la Nasa è stata avvisata. Kelly Fast, manager del programma di osservazioni degli oggetti near-Earth, fa notare un dettaglio non da poco: «È stata il 40 per cento dell’energia rilasciata a Chelyabinsk, ma si è verificata sul Mare di Bering quindi non ha avuto lo stesso effetto. Questa è un’altra cosa che abbiamo nella nostra difesa: c’è molta acqua sul pianeta».
Ma l’esplosione di dicembre dimostra che oggetti più grandi possono entrare in collisione con la Terra senza preavviso e per questo servirebbe un salto di qualità nel monitoraggio. Le rocce spaziali di queste dimensioni sono considerate «problemi senza passaporto» perché si prevede che influenzino aree molto estese nel caso di collisione. Ora è in sviluppo un telescopio speciale chiamato NeoCam, che potrebbe essere lanciato in un punto di equilibrio gravitazionale nello spazio dove valuterebbe gli asteroidi pericolosi. Speriamo bene.
Piccoli oggetti colpiscono la Terra. «Se uscite in una notte serena vedrete piccoli meteoroidi bruciare nell’atmosfera – racconta Brandon Johnson della Brown University Rhode Island-. Ma la Terra è coperta al 75% dagli oceani e molti di essi passano inosservati».