La Stampa, 19 marzo 2019
Come terminare l’autostrada Asti-Cuneo
«Siamo qui per risolvere i problemi». Mancano 9,5 chilometri per concludere l’autostrada Asti Cuneo i cui lavori sono inopinatamente fermi da sette anni? Giuseppe Conte piomba a Cherasco, tocca con mano il nastro di asfalto che si perde nel nulla della campagna e sentenzia che il cantiere riaprirà con l’estate. Accompagnato da un risparmio per lo Stato, e quindi per i cittadini, di ben 213 milioni rispetto al progetto, impantanato, dell’allora ministro Pd Graziano Delrio.
Il movimentismo di un premier stile Harvey Keitel in Pulp Fiction («Sono Mr Wolf, risolvo problemi») come paradigma dell’azione di governo sul fronte delle infrastrutture. Metafora che dovrebbe aver trovato la sua sublimazione nel vertice sblocca-cantieri di ieri sera a Palazzo Chigi fra lo stesso Conte, Danilo Toninelli e Giovanni Tria.
A Cherasco e Cuneo Conte è andato a placare le ansie di una comunità locale che da troppi anni attende di essere considerata dai politici di turno. Un angolo d’Italia che esporta beni per 7 miliardi, ma deve subire il passaggio sulle strade provinciali e nel centro dei paesi, in un’area patrimonio dell’Unesco, di 5 mila Tir al giorno, con un danno economico di almeno 100 milioni di euro l’anno.
Se la soluzione prospettata da Conte e dal ministro delle Infrastrutture Toninelli sarà realizzata e non resterà confinata nel novero delle pie intenzioni o, peggio, nel cesto delle balle, si può convenire che siamo di fronte all’uovo di Colombo.
L’accordo trovato da Delrio per terminare i 9,5 km della Asti-Cuneo prevedeva per il concessionario Gavio 4 anni di proroga della concessione della Torino-Milano, valore 1.025 milioni, 250 milioni l’anno. Dice Toninelli: «Noi non gli diamo più 4 anni di proroga e gli daremo un valore di subentro. Tutto sommato, fanno 213 milioni con la stessa opera. E senza la proroga non serve più la liberatoria della Commissione Europea». In sostanza Gavio dovrà fare la gara e se non la vincerà verrà rimborsata dal subentrante per i lavori effettuati. E lo Stato risparmia. Perché è vero che questo governo non ha dato sinora grandi prove sul fronte dei fondamentali economici. Ma è altrettanto vero che per troppi anni le concessionarie hanno goduto di rendite di posizione spesso scandalose, distribuendo ricchi dividendi agli azionisti e scaricando i costi a piè di lista sugli utenti.
Il teorema Cherasco, dunque, dovrebbe essere usato come paradigma per sbloccare i tanti, troppi cantieri che da anni languono in tutta Italia. I costruttori lamentano che i lavori fermi in giro per il Paese sono 600 e che le opere coinvolte valgono 36 miliardi di euro, ma sono in grado di occupare 550 mila addetti con una ricaduta di 125 miliardi. Tutte cose di cui l’economia del Belpaese ha bisogno come l’aria, vista la recessione in atto, l’impoverimento delle famiglie e i livelli di disoccupazione intollerabili, soprattutto per quanto riguarda i giovani.
Gli impegni di questo governo non vanno però presi a scatola chiusa. Ma andranno misurati sul campo, opera per opera. A iniziare proprio dalla Asti-Cuneo: la credibilità di Conte e compagnia si misurerà a fine estate, quando e se si riprenderà a lavorare su quei maledetti 9,5 km di asfalto fra Alba e Cherasco. Troppe le dolorose (e carissime) delusioni subite ancora recentemente dagli italiani.