Libero, 18 marzo 2019
Intervista a Guido Crosetto
Guido Crosetto, fondatore con Giorgia Meloni e Ignazio La Russa di Fratelli d’Italia, nel 2012, un atto di protesta contro il governo Monti e contro Berlusconi che lo sosteneva, è un politico con due caratteristiche fondamentali: è sempre controcorrente e spesso un passo avanti. Fin da quando, nel novembre 2011, rivelò al telefono a Libero, senza sapere di essere registrato, che «quella testa di c… di Silvio» stava per dimettersi da presidente del Consiglio. Seguirono immediate smentite e, pochi giorni dopo, le annunciate dimissioni del Cavaliere. Crosetto intuì prima di tutti in Forza Italia che Tremonti come ministro dell’Economia giocava una partita personale e fu il primo ad attaccarlo, anticipò i sovranisti votando contro tutti i provvedimenti principali del governo Monti, in primis il fiscal compact, si pose prima di Salvini il problema di una ricostruzione del centrodestra senza Berlusconi leader. Il fatto di essere avanti e sovente nel giusto lo ha portato a raccogliere nel Palazzo meno di quanto avrebbe meritato. Qualche giorno fa, in coerenza con il suo essere per vocazione controcorrente, si è dimesso dal Parlamento, il luogo dove per rimanere quasi tutti i politici sono pronti a mille compromessi con se stessi e al tradimento di qualsiasi promessa elettorale. «Tutti cadono dal pero ma io l’avevo annunciato prima della campagna elettorale, dal palco del congresso di Fdi a Trieste» risponde da Roma, città che invece non intende abbandonare, «perché la politica non smetterò un solo istante di farla finché campo». «Mi sono candidato per portare acqua, perché me l’ha chiesto Giorgia, ma in questo momento della mia vita il Parlamento passa in secondo piano. La vita fuori non ti fa sconti, me ne sono accorto quando ho lasciato la Camera nel 2013 e mi sono ritrovato ripiombato nella mia realtà imprenditoriale e sociale come un Ufo, a dover ripartire da zero perché avevo dedicato tutto me stesso, sacrificando famiglia ed interessi, al servizio del Paese».Sicuro che non le mancherà l’emiciclo?
«Mi manca da pazzi già adesso, è stata una decisione meditata, presa con la testa, non con il cuore, che ora fa male, moltissimo, e resta lì».
Chi gliel’ha fatto fare?
«Ragioni personali, che riguardano la mia vita, i figli piccoli, l’attività ripresa dal 2013, la parola data ad altre persone, tante cose a cui stare dietro e poi, mi creda, non è più un privilegio, stare in Parlamento, anche se fare opposizione mi stimola».
Quindi Fratelli d’Italia resterà all’opposizione?
«Fdi non potrà mai allearsi con i Cinquestelle. Ciò detto, la legislatura è destinata a durare perché non mi sembra che in molti tra i miei ex colleghi vogliano tornarsene a casa».
È la prova che la classe politica è scaduta?
«Gente brava ce n’è ancora, il Parlamento è decaduto nella percezione che ne hanno gli elettori più che nella qualità degli eletti. Però un tempo, quando la politica ti garantiva prestigio e riconoscenza, valeva la pena sacrificare la propria vita all’esperienza parlamentare. Oggi, che devi dimostrare di non essere un ladro o un disgraziato per il solo fatto di essere senatore o deputato, se si ha qualcosa da dire e fare si sta meglio fuori. Anche se certo, per noi politici all’antica – io ho iniziato nella prima Repubblica – l’Aula resta il luogo dove si realizza la rappresentanza popolare e che ti fa sentire al centro del Paese, ma qui parla la mia componente nostalgica».
Tutta colpa di Tangentopoli?
«È stata una somma di casualità. Le inchieste dei magistrati sono state strumentalizzate dai politici, che ne hanno fatto un’arma per colpire gli avversari, ma così facendo essi si sono prostrati ai magistrati, abdicando al proprio potere. Quando, troppo tardi, l’hanno capito, la determinazione dei giudici a non far rialzare la testa al Palazzo, l’invenzione giornalistica della casta e, come ciliegina sulla torta, l’incapacità della politica di rinnovarsi, hanno dato il colpo di grazia al Parlamento».
Chi gode oggi?
«Nessuno, è stato un suicidio collettivo. Non gode la stampa, che togliendo credibilità alla politica ha perso il proprio potere informativo e di condizionamento. Ma non godono neppure gli alti burocrati, che sono stati travolti dal sentimento anti-casta che hanno innescato. Quanto alla magistratura, le sue quotazioni mi sembrano in ribasso, anche se la voglia di visibilità, e spesso l’arroganza, restano altissime».
In teoria a beneficiare della debolezza del Parlamento dovrebbero essere i cosiddetti poteri forti?
«L’autorevolezza del Parlamento è stata distrutta volontariamente dai rappresentati dei poteri forti, per togliere potere al popolo che ha solo le Camere per farsi sentire, mentre chi davvero muove il timone del Paese può farsi valere meglio fuori dall’Aula. C’è da dire però che adesso anche i poteri forti mi sembrano indeboliti. L’onda ha travolto tutto».
Lei comunque conferma: molla il Parlamento ma non l’agone?
«E come faccio a star zitto? Non ne sarei capace, e poi resto sempre un socio fondatore di Fratelli d’Italia».
Quindi non esclude di ricandidarsi un domani?
«Se lo escludessi, mentirei».
Magari proprio domani, come governatore del suo Piemonte?
«Ahahahah. Se mi dimettessi oggi per ricandidarmi in Regione domani sarei da rinchiudere».
Non crede che potrebbe far bene al posto di Chiamparino?
«Sì che potrei, se non ci fosse la magistratura. Non conosco, anche tra i più onesti come Maroni, un governatore di centrodestra che non abbia avuto rogne legali. Io non le cerco, ho troppo da perdere, anche perché, dopo averti indagato, ci mettono vent’anni a dire che sei innocente e si aspettano pure che li ringrazi».
Parliamo di cose belle: lei e Giorgia Meloni. All’inizio vi chiamavano «il gigante e la bambina», com’è nato l’amore politico?
«Eravamo il gigante e la bambina ma direi che ormai sembriamo più Sandra e Raimondo, anche se il nostro rapporto è fraterno e non coniugale. Abbiamo iniziato a flirtare in tempi non sospetti, quando eravamo al governo, lei ministro della Gioventù in quota An, io sottosegretario forzista alla Difesa».
Con lei ha fondato Fratelli d’Italia, il che le è costato lo scranno nel 2013…
«Ma io mi ero già spostato su posizioni euroscettiche e sovraniste».
D’accordo, ma il passaggio da Berlusconi alla Meloni, nel 2012 era quantomeno un azzardo…
«Molto azzardato e infatti ho rinunciato ad un seggio sicuro. Ho puntato su Giorgia perché è la persona più seria e con il più alto senso di responsabilità che abbia mai incontrato in Parlamento».
Più seria di lei?
«Lei è una secchiona con la sindrome della prima della classe, io sono un artistoide».
Un difetto?
«È penalizzata dal fatto di essere una donna. Questo Paese ha ancora paura a fidarsi delle donne, mentre invece la Germania e l’Inghilterra dimostrano che ci sanno fare benissimo. Ma anche Giorgia, come la Merkel e la Thatcher, ha le caratteristiche per fare il premier».
Avevo chiesto un difetto...
«Un pessimo carattere, come tutti quelli che hanno carattere, me compreso. È donna difficilissima, estremamente ligia, e pretende che tutti abbiano il suo livello di serietà. Comunque non sono la persona più indicata per parlare dei suoi difetti, visto che sono tra i pochi ad avere un rapporto privilegiato con lei, che va oltre la politica e si basa sull’amicizia e mi mette al riparo dal suo umore variabile».
Che futuro prevede per la Meloni e Fdi?
«Giorgia ha margini di crescita enormi. Quanto a Fratelli d’Italia, il progetto è già tracciato: superare l’esperienza di Fdi per diventare la seconda gamba del centrodestra e riprendere il discorso del Pdl lanciato da Forza Italia oltre dieci anni fa. Per questo è importante che in queste elezioni Europee Fdi si rafforzi ulteriormente superando il 6%».
La Meloni può fidarsi di Salvini?
«Entrambi sono obbligati a fidarsi l’uno dell’altro, visto che da sola la Lega non avrà mai i numeri per governare e nessuno di loro può trovare di meglio con cui allearsi. Io ho contribuito a scrivere il programma elettorale del centrodestra, con Salvini, Meloni e Berlusconi e posso garantirle che la sintonia tra me e Giorgia e la Lega è totale. Sensibilità, esperienze e programmi sono vicini».
La fantomatica seconda gamba del centrodestra comporta lo svuotamento di Forza Italia?
«Fintanto che Berlusconi resterà in campo sarà impossibile la nascita di un nuovo centrodestra, che sorgerà spontaneamente il giorno in cui Berlusconi si farà da parte. E questo lo sa benissimo anche Silvio, come sa che il centrodestra sarebbe maggioranza in Italia se si tornasse alle urne. Io è sette anni che gli suggerisco di fare un passo a lato e attivare così la rinascita del centrodestra».
Ma lui non la ascolta. Questione di potere?
«Non credo, perché ora Silvio non ha potere. Penso sia umano non mollare, perché significa riconoscere che hai fatto il tuo tempo».
Perché Salvini non vuole andare con Berlusconi? «Perché è convinto che la foto elettorale con Silvio lo indebolirebbe. È una pregiudiziale anagrafica; oltre al fatto che Matteo governa meglio Di Maio di quanto non potrebbe fare con Berlusconi».
Quanto dura il governo?
«Salvini non rompe, bisogna vedere se lo faranno i cinquestelle, ai quali invece converrebbe. L’esperienza di governo li logora, per loro sarebbe meglio far saltare tutto, andare al voto e tornare all’opposizione. Di Maio è il meglio che hanno, è comunque un politico di razza e sta cercando di trasformare il Movimento in forza di governo, ma non ha gli uomini né le competenze della classe dirigente pentastellata, per farlo. E poi si è caricato di troppi compiti: non si può fare il capo partito, il vicepremier e il ministro di Lavoro e Sviluppo».
Salvini ce la fa…
«Ma lui ha una squadra e nessuno che lo contesta. E poi all’Interno ha due vice straordinari, Candiani e Molteni, di cui si fida ciecamente, a ragione, che gli smazzano il grosso del lavoro quotidiano».
E se Cinquestelle non rompe?
«Si va avanti. L’economia, come io dico da novembre, ma la Lega, pur sapendolo, fingeva di non ascoltarmi, ha sterzato in negativo. Quest’anno chiuderemo con una crescita a -0,5%: significa che nella prossima manovra bisogna trovare altri 50 miliardi. Nessuno è disposto a intestarsi una simile finanziaria».
Neppure Salvini…
«Ma lui non può ritirarsi. Dove trova due masochisti come Berlusconi e Bersani, che sostennero Monti per un anno e mezzo e poi pagarono per questo un prezzo altissimo alle elezioni successive?».
Rischia il logorio come Renzi?
«Non credo, mi sembra più umile, quindi ci impiegherà di più a stancare, e poi non ha nemici interni».
Cosa prevede per le Europee?
«La Lega vincerà ma in Europa non cambierà molto: si accorderanno Ppe, Pse e liberali e i sovranisti andranno all’opposizione. Il che significa che non ci sarà la rivoluzione attesa e il sentimento anti-europeista tra i cittadini della Ue è destinato ad aumentare».