la Repubblica, 18 marzo 2019
Daniel Craig di nuovo James Bond
Peccato che Danny Boyle abbia abbandonato la direzione del nuovo Bond, il 25esimo, per “divergenze artistiche”. Al regista di Trainspotting si deve l’avventura più breve e clamorosa: 007 a Buckingham Palace con la Regina Elisabetta, poi paracadutata sulla cerimonia d’apertura delle Olimpiadi 2012. Il corto si chiamava The arrival e giustamente affiancava le due massime icone inglesi. Lei un regno lungo 65 anni mai messo in discussione, lui un incarico a scadenza, come le favorite di certi sovrani cinquecenteschi.
«Romperei un bicchiere e mi taglierei le vene se pensassi di dover fare un altro Bond», dichiarava Daniel Craig nel 2015, finito il set di Spectre. Il suo 007 brusco, crudo, durissimo era stato acclamato in due film: Casino Royale (2006) e Skyfall (2012). Erano piaciuti meno Quantum of solace (2008), rovinato dallo sciopero degli sceneggiatori e Spectre (2015), l’addio un po’ così di Sam Mendes alla regia. L’ottimo Craig è entrato nella fase – come prima di lui Pierce Brosnan – del vorrei ma non mollo: «Non lo faccio per soldi, vorrei andarmene su una nota alta». E così il 6 aprile eccolo di nuovo negli storici Pinewood Studios per il suo quinto sì. Regia: Cary Fukunaga (True Detective). Titolo (provvisorio): Shatterhand (alias del cattivo Blofeld in Si vive solo due volte). Nemico: Rami Malek. Tra le location: Matera. Uscita: aprile 2020. Ma il vento mediatico è cambiato. E c’è voglia di nuovo Bond: nella classifica 007 della rivista Esquire Craig è secondo, scavalcato da Roger Moore e seguito da Sean Connery. Poi Timothy Dalton, George Lazenby, infine Pierce Brosnan. Moore aveva 58 anni al suo settimo e ultimo Bond, Craig inizia a essere dato per vecchio eppure ne ha compiuti 51: è vero che gli anni passano e le acrobazione non diminuiscono. In più c’è una certa saturazione di storie oscure e crude, rivisitazioni alla Nolan di supereroi o agenti alla Jason Bourne. Allora basta con un Bond sfiancato e sofferente, ecco la voglia di escapismo e di una spia più allegra. Non un nuovo Pierce Brosnan, l’unico reperto degli anni Novanta a non essere tornato di moda oggi. Un nuovo Moore, quanto di più lontano dal personaggio immaginato da Fleming. Voglia di leggerezza, niente Martini ma champagne e sigaro, le corse affidate alla controfigura.