la Repubblica, 18 marzo 2019
Se per 10 euro si finisce in Cassazione
Accade (a volte) che la giustizia, inesorabile, faccia il suo corso. A dispetto dei suoi costi e del buon senso. La Cassazione è stata infatti chiamata a valutare un ricorso per aumentare una pena di 10 euro. Denaro che, peraltro, probabilmente non verrà nemmeno recuperato. Ma, alla fine, giustizia è fatta. A rigore di codice.
Salerno, 30 marzo del 2018. Il giudice di pace condanna un uomo, accusato di minaccia semplice, al minimo della pena, ma sbaglia i calcoli e applica una sanzione da 40 euro invece che da 50. Il reo accetta la condanna e non impugna, pensando che la pena gli sarebbe costata meno di portare il caso al Palazzaccio.Lo stesso spicciolo calcolo, però, non lo fa un sostituto procuratore generale della locale corte d’Appello che, invece, ricorre. Dando il via a un iter giudiziario ben più costoso della cifra di cui si discute. Il fascicolo, che già aveva fatto un primo viaggio (con conseguenti costi) da una cancelleria all’altra di Salerno, viene spedito a Roma dove arriva il 5 luglio 2018. Qui, l’incarto viene caricato e assegnato per l’attività di “spoglio” ovvero passa al vaglio di un magistrato che deve verificare se il ricorso sia ammissibile. Il procuratore generale è bravo e il suo elaborato supera l’esame, avviandosi verso il dibattimento. Viene trattato dalla cancelleria, esaminato da un presidente, assegnato a un consigliere relatore e si fissa l’udienza pubblica che deve essere notificata, con una procedura piuttosto onerosa, all’imputato e al suo difensore.
Nel frattempo, una copia del fascicolo viene inviata alla procura generale presso la Cassazione e inserito negli atti trasmessi al magistrato che, in udienza, dovrà occuparsi della questione. Arriva il giorno del processo e i cinque giudici della Corte ascoltano il pg che, tra imbarazzo e ironia, conclude per l’annullamento della sentenza ma, per porre fine a questo delirio, chiede (e ottiene) l’applicazione della pena adeguata: 50 euro.
Sarebbe abbastanza per farla finita. Ma non è così perché l’iter è lo stesso che si tratti di una pena da 50 euro o di un ergastolo: il consigliere relatore dovrà scrivere la sentenza che, poi, il collegio dovrà leggere prima di firmarla e depositarla. Fatto questo, la cancelleria dovrà rimandare tutto il plico a Salerno. Che, a quel punto, per eseguire la pena dovrà dare mandato di cercare il condannato. Anche qui, altre spese. Giustizia è fatta, insomma. A qualsiasi costo.