Il Sole 24 Ore, 17 marzo 2019
La lezione dimenticata della bolla dei tulipani
Quattrocento anni non sono bastati per imparare una lezione di finanza speculativa ante litteram. O forse il problema è proprio che sono passati 383 anni e abbiamo dimenticato ciò che accadde a cavallo del 1636 e 1637 in Olanda. Alla vicenda Mike Dash ha dedicato un bel libro, La febbre dei tulipani. La prima grande crisi economica della storia, uscito in Italia nel 2009, cioè nove anni dopo la più recente bolla finanziaria, quella legata alla “new economy” del 2000.
Ma teletrasportiamoci nell’Europa di quattro secoli fa, dove l’interesse per il commercio di tulipani fu tale che si radicò la consuetudine di prenotare in anticipo presso i contadini-coltivatori i bulbi ancora “in terra” attraverso l’utilizzo di contratti con prezzi fissati ex ante da onorare a scadenza; ciò consentiva l’estensione del periodo di compravendite da pochi mesi estivi (ossia, solo dopo che i bulbi venivano dissotterrati) a tutto l’anno. Si negoziavano cioè i futures di tulipani. La bolla culminò nella famosa asta di Alkmaar del 5 febbraio 1637, in cui centinaia di lotti furono venduti per 90mila fiorini (circa 5 milioni di euro): ogni bulbo venne venduto al prezzo medio pari al reddito di oltre un anno e mezzo di un muratore dell’epoca. Nei giorni successivi fu sufficiente che ad Haarlem un’asta di bulbi andasse deserta per provocare il panic selling, che fece precipitarei prezzi di mercato e rovinò moltissime persone.