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 2019  marzo 17 Domenica calendario

Intervista a George Osborne

George Osborne è un politico britannico, membro del partito conservatore e Cancelliere dello Scacchiere dal 2010 al 2016. Dal 2017 è direttore del London Evening Standard.
Perché ha lasciato la politica per il giornalismo?
«Ci sono delle analogie tra la redazione di un giornale e l’attività politica ad alto livello. Un governo forte è in grado di dare una certa impronta a molte cose. Allo stesso modo, un giornale autorevole copre argomenti diversi ma per affermare la propria identità».
L’Evening Standardè un giornale particolare. Esce al pomeriggio ed è gratuito.
«È in circolazione da oltre 190 anni, uno dei più longevi esistenti al mondo. È parte di Londra quanto l’autobus rosso o il taxi nero. Dieci anni fa i nuovi proprietari hanno preso la scelta coraggiosa di distribuirlo gratis».
Quante copie diffondete?
«L’ultimo giorno in cui è stato venduto aveva 250 mila copie. Oggi ne stampiamo circa un milione. La circolazione è quadruplicata in 10 anni, una storia opposta alla maggior parte dei giornali».
Chi sono i vostri lettori?
«Un pubblico molto vario e giovane, l’età media è 30 anni. Quindi il giornale non dev’essere noioso. E deve anche informare, esprimere un’opinione ed essere influente. Tra i membri del Parlamento è il giornale più letto. Voglio che abbia voce in capitolo nel dibattito a livello nazionale. E posso farlo perché sono indipendente. Non mi interessa andare a Downing Street perché ci sono già stato».
Lei faceva parte del governo di Cameron che ha deciso il referendum sulla Brexit.
«Ne condivido assolutamente la responsabilità. Volevo fortemente rimanere nell’Ue ed ero contrario al referendum, ma ero in minoranza. Come giornale, la nostra voce si è fatta sentire contro una Brexit senza mediazioni, per un approccio più liberale in materia di immigrazione, per uno stretto rapporto con Francia, Germania e gli altri vicini».
Era impreparato all’emergere del populismo che ha iniziato a manifestarsi con quel voto?
«Conosco molte persone, inclusi alcuni membri della mia famiglia, che hanno votato per la Brexit. Rispetto la loro opinione, ma penso che abbiano torto. Ho studiato Storia all’università e da storico noto molte analogie tra Brexit, Trump, Salvini, i Gilets Jaunes. Abbiamo avuto un enorme shock finanziario 10 anni fa che ha avuto un grande impatto sul nostro sistema politico e sociale, e allo stesso tempo abbiamo vissuto una rivoluzione tecnologica che ha completamente distrutto il business della politica. Trump è diventato presidente usando il suo cellulare».
La Brexit è una brutta notizia?
«Pessima. È peggio per il Regno Unito ma fa male anche all’Europa e all’Ue che sta perdendo una delle sue maggiori economie con una visione globale del mondo».
Come può essere mitigato il danno del voto sulla Brexit?
«Dovremmo mirare a rimanere nel mercato unico, nell’Unione doganale e negli altri organismi economici. La Brexit dura è un errore». 
Un secondo referendum?
«Il primo punto è vedere se è possibile creare relazioni molto strette con l’Ue standone al di fuori. Se non si riesce si può pensare a un secondo voto».
Fino a poco tempo fa l’Inghilterra era il miglior Paese europeo possibile. Ora la gente non investe più qui.
«Eravamo il Paese che attirava investimenti e talenti da tutto il mondo, e la Brexit ha gettato tutto all’aria. Sono patriottico e credo ancora che ci saranno sempre enormi vantaggi per venire a vivere e lavorare qui, ma sarebbero stati più grandi se fossimo rimasti nell’Ue».
L’intero concetto di Europa è minacciato?
«Non bisogna sottovalutare quanto è stato investito per realizzare l’Ue. Alcuni pensavano che la Brexit ne avrebbe avviato la disintegrazione, ma non è accaduto. L’Ue ha creato un mercato unico di 500 milioni di persone. Inoltre, dai negoziati commerciali a quelli sui cambiamenti climatici, la voce dell’Europa - in un mondo dominato da Usa e Cina - è più forte. I benefici sono tanti ma i politici non li spiegano».
Se si arrivasse a un altro referendum chi vincerebbe?
«Sarebbe un testa a testa. A conti fatti il Paese probabilmente cambierebbe idea».
Cosa pensa di Trump?
«Fa bene alcune cose, male molte altre. Il problema fondamentale è che non è un alleato affidabile».
E i colloqui commerciali degli Stati Uniti con la Cina?
«Sarebbe un errore se gli Usa decidessero di iniziare una guerra fredda con la Cina. Dovremmo prepararci a un confronto doloroso e dannoso».
La democrazia è più debole?
«I sondaggi dicono di sì, ma la mia esperienza dice che i giovani sono molto preoccupati per il futuro, e le manifestazioni sul cambiamento climatico lo dimostrano».
Quindi alla fine è ottimista?
«Non c’è mai stato un mondo senza rischi o conflitti, in cui la democrazia abbia regnato incontrastata. Ogni generazione deve combattere. Sì, sono ottimista. Gli esseri umani avanzano, se li lasciamo fare».
(traduzione di Carla Reschia)