La Stampa, 17 marzo 2019
Cina e Russia puntano sull’Italia
Per comprendere il perché dei timori di Washington e di altri partner Nato sul memorandum d’intesa Italia-Cina, sulla riduzione del nostro impegno sugli F-35, sull’ambiguità nei confronti del Venezuela chavista e sulla narrativa antieuropea della coalizione gialloverde bisogna tenere presente che l’Italia è diventata l’anello debole di un Occidente in difficoltà davanti a due rivali strategici divenuti temibili: Cina e Russia.
Dal crollo del Muro di Berlino nel 1989 Pechino e Mosca non sono mai stati così in crescita. Nel caso della Cina si tratta di una crescita soprattutto economica che consente di gareggiare testa a testa con Washington per la leadership sul pil globale disponendo al tempo stesso di un formidabile progetto di infrastrutture per estendere la propria influenza all’Euroasia e di una tecnologia - il 5G - capace di cambiare il modo in cui comunichiamo. Se a tutto ciò aggiungiamo un apparato di intelligence che supera il milione di effettivi - il più numeroso al mondo - non è difficile arrivare alla conclusione che Pechino sia oggi portatrice di una sfida molto efficace all’Occidente perché punta a spostare il baricentro dello sviluppo del Pianeta dalla dorsale New York-Londra alla macroregione Pechino-Shanghai.
Nel caso della Russia la crescita invece è in primo luogo strategica perché la leadership di Vladimir Putin, sostenuta dal contributo del consigliere per la sicurezza nazionale Nikholai Patrushev, consente a
Mosca di adoperare con grande efficacia ciò che resta del suo arsenale della Guerra Fredda per tornare protagonista in Medio Oriente ed in Africa con interventi di
tipo tradizionale - soldati, armamenti e intelligence - mentre in Europa dell’Est si è fatta largo imponendosi in Crimea e Donbass come protettrice dei russofoni e in Occidente è protagonista di operazioni cyber molto sofisticate capaci di generare instabilità interna nei partner delle alleanze occidentali che considera da sempre rivali, la Nato e la Ue.
Pechino e Mosca non coordinano le proprie mosse contro l’Occidente ma le rispettive crescite di influenza - economica e strategica - si giovano della fase di debolezza interna di Nato e Ue dovuta a carenza di leadership, rivalità nazionali e protesta sociale. Tale dinamica porta l’Europa ad essere il terreno di scontro cruciale fra la duplice offensiva cinese e russa da un lato e gli Stati Uniti affiancati da alleati in affanno.
Per avere un’idea dell’approccio di Washington a questo scontro a tre con Pechino e Mosca da cui dipendono i nuovi equilibri globali basti pensare che il presidente Trump ha affidato la politica estera al suo più fidato consigliere ovvero quel Mike Pompeo che è stato a capo della Cia ed ha creato una cooperazione senza precedenti fra intelligence e attività diplomatica. Affiancando Pompeo e Patrushev si ha un’efficace immagine plastica del duello in corso fra grandi potenze.
È in tale cornice che l’Italia assume un ruolo di frontiera fra i contendenti. Per tre motivi. Primo: è guidata dalla leadership politica con meno esperienza internazionale nei Paesi Nato-Ue, al punto da annoverare in seno alla coalizione di governo personaggi che non esitano a dichiarare pubblicamente la maggiore vicinanza a Pechino, Mosca e Caracas rispetto a Washington, Berlino, Parigi e Bruxelles. Secondo: tale leadership è portatrice, per ragioni di politica domestica, di messaggi di sfida a Nato e Ue, dalla riduzione F-35 all’apertura al 5G di Huawei, fino al sostegno a Maduro in Venezuela. Terzo: l’Italia è la settima nazione più ricca del Pianeta, fa parte del G7 ed ha un ruolo-chiave tanto nell’Ue che nella Nato, senza contare la posizione strategica che vanta nel bel mezzo del Mar Mediterraneo.
Insomma, l’Italia si presenta come una preda ghiotta e accessibile per chi sta dando l’assalto all’Europa delle democrazie. Ciò spiega perché Washington, Parigi e Berlino guardano sempre più al Quirinale quando entrano in gioco temi cruciali per la sicurezza dell’Occidente. In attesa di comprendere se il governo di Giuseppe Conte riuscirà ad esprimere posizioni capaci di superare le incertezze di questi mesi.
Tutto ciò non significa che l’Italia debba rinunciare alla tutela dei propri interessi nazionali, economici e politici, ma la sfida è armonizzarli con la nostra adesione alle alleanze Ue e Nato. Senza le quali il nostro benessere e la nostra sicurezza sarebbero a rischio.