la Repubblica, 17 marzo 2019
Stadi ridotti a monnezza del mondo
Cagliari e Fiorentina, c’è un nome a unire queste due squadre: Davide Astori, che della Fiorentina era capitano e a Cagliari aveva giocato per sei stagioni. C’è anche un progetto comune, avviato da due mesi: un campo sportivo polivalente, all’interno delle mura della città vecchia, a Betlemme. Il playground sarà a disposizione di tutti i bambini, senza discriminazione sulla fede o sul colore della pelle. Iniziativa che sarebbe piaciuta ad Astori, uomo generoso in campo, sempre pronto ad aiutare i compagni, e sensibile a quel che avveniva fuori dal campo.
Al minuto 13, numero di maglia di Astori, cori d’affetto, rimpianto e rispetto per lui, lo stadio canta unito. Tutti gli ingredienti per una bella serata ci sono, o ci sarebbero. Verso la fine del secondo tempo c’è agitazione nella curva del Cagliari. Arrivano gli steward, gli infermieri. Un tifoso è stato colpito da infarto. Sembra grave. Quando ancor non si sa nulla delle sue condizioni, da un gruppo di tifosi parte il non nuovo ma sempre schifoso coro: “Devi morire”. I tifosi saranno una decina, ma rumorosi. Dieci di troppo. L’uomo muore sotto la curva, lo coprono con un lenzuolo bianco. Si chiamava Daniele Atzori, 45 anni, stesse iniziali di Davide Astori. La Fiorentina si scusa e si dissocia e anche i suoi tifosi incolpevoli. Il problema è cosa fare con quelli del coro disumano. Identificarli, per prima cosa, e poi metterli in condizione di non frequentare più nessuno stadio, dalla serie A alla serie Z, per parecchi anni. È gente che vuole solo sporcare, non si ferma davanti a nulla. Quante volte è successo per i morti di Superga e quelli dell’Heysel.
Per Ezio Rossi del Torino, che il sabato aveva seguito il funerale del padre, domenica a Marassi la curva doriana intonò “Rossi cucù, tuo padre non c’è più”. E anche poche settimane fa, dopo il rigore molto discusso, se non inesistente, assegnato alla Fiorentina, tifosi interisti sui social insultarono il nome di Astori. Che non c’entrava nulla, è chiaro. Ma insultare i morti fa più male che insultare i vivi.
Molti anni fa Franco Carraro disse che gli stadi non sono chiese. Va bene, ma nemmeno possiamo accettare che siano enormi cassonetti in cui finisce tutta la monnezza dei tifosi. Nemmeno differenziata, la raccolta. Il vetro del coro tagliante sta con la plastica dell’ignoranza, e con l’umido: non bucce di mela ma miasmi d’acqua marcia. Poi, a seconda dei presunti torti, si può picchiare un arbitro, meglio se giovane e poco protetto o bruciare auto di calciatori che hanno deluso, ultimo caso a Foggia. Poi ci sono gli insulti mimati. Ora che le squadre spagnole sono sparite dal tabellone più prestigioso si spera che spariscano anche gli huevos. Aveva cominciato Simeone dopo il 2.0, multato di 20mila euro. Meritava due turni di squalifica, avevo scritto. CR7, dopo il 3-0, replica il gesto, due volte e in modo più studiato e sinuoso. Dai filmati, sembra che gridi qualcosa all’indirizzo dei tifosi dell’Atletico. Forse per via di questo particolare alcuni giornali prevedono per lui un turno di squalifica. Ne darei due, ma il precedente di Simeone pesa e mi sa che si finirà a tarallucci e vino. Multa anche a CR7, e tanti saluti.
Resta un aspetto da discutere. So che non piacerà ai club, pazienza. In caso di comportamenti offensivi come quelli di Simeone e CR7, i loro club non dovrebbero aspettare la sanzione dell’Uefa ma agire, cioè multare, in autonomia. Perché quei gesti macchiano l’immagine della squadra e non si può far finta di nulla. Sono stati esibiti in uno stadio, tutti li hanno visti. Capirei il silenzio della società in caso di sbarellamento al chiuso, in spogliatoio, per esempio una zoccolata di CR7 a Panucci, ma è molto improbabile che questo avvenga. Quindi: cafonata in pubblico, multa annunciata in pubblico. Visto come vanno le cose fuori dal calcio, per esempio nei processi per femminicidio, c’è sempre la possibilità che un avvocato della difesa invochi una tempesta emozionale per il suo assistito : tre gol, un rigore decisivo a pochi minuti dalla fine, è normale che il ragazzo si sia un po’ lasciato andare, o no? No.
Tra le iniziative dei club va segnalata quella del Borussia Dortmund. Fonte: Sw. Già quattro anni fa era stato pubblicato “La dieta fa la differenza”, duecentotrenta pagine con circa settanta ricette povere di grassi, alcune tipiche dei Paesi d’origine dei giocatori: Aubameyang, Kagawa, Mkhitaryan. Ora il club ha lanciato un corso che dura circa tre mesi. Oltre alla teoria include allenamenti e partite di calcio, è destinata a una fascia di tifosi tra i trentacinque e i sessantacinque anni con indice di massa corporea superiore a ventotto (si è obesi a trenta, per l’Oms). I primi ad aderire pare abbiano già perso sette chili. Comunque la si voglia considerare è un’iniziativa di peso.