Corriere della Sera, 17 marzo 2019
Gli 80 anni di Trapattoni. Intervista
Viale dei Tigli, Cusano Milanino. Al campanello del Trap, alla vigilia dei suoi gloriosi 80 anni, risponde un giovanotto con gli stessi occhi chiari e vivaci. «Sono Riccardo, il nipote di Giovanni». È a lui, figlio della figlia Alessandra, che l’uomo dei mondi ha affidato le relazioni pubbliche in questa stagione della vita in cui ha scelto di fare il nonno. Le risposte di Giovanni Trapattoni per interposto nipote sono, per questo motivo, ancora più belle e preziose.
Un voto ai suoi 80 anni, caro Trap?
«Quando arriverò ai 90 ve lo potrò dire! A parte le battute, mi ritengo fortunato per la vita che ho vissuto, sia in campo che fuori dal campo. Non potevo sperare di meglio».
La vittoria più emozionante di tutte?
«Ogni trofeo ha portato con sé emozioni fortissime e uniche. Tutt’ora, quando li riguardo, ritorno indietro con la memoria a quelle bellissime esperienze. Più che la singola vittoria, però, oggi mi emoziona l’insieme di quello che è stata la mia carriera, sconfitte comprese».
Quella che brucia di più?
«Italia-Corea del Sud 1-2, Mondiale 2002, con il celebre arbitraggio di Byron Moreno. Non ce la meritavamo».
L’acqua santa in panchina potè poco in Corea: lei che da sempre è molto cattolico, che rapporto ha oggi, a 80 anni, con Dio?
«Lo stesso che avevo in passato: vado ogni domenica a Messa con mia moglie e ringrazio ogni giorno per la salute e la fortuna che mi sono state concesse».
Dal settembre 2013, chiuso con l’Irlanda, non ha più allenato: perché?
«Perché le proposte che mi arrivavano erano da Paesi molto lontani e mia moglie non era d’accordo».
A proposito: ci racconta il primo incontro con Paola Miceli, all’Olimpiade 1960?
«Tutto iniziò con un bicchiere di vino nella cantina dei nonni di Paola. Fu amore a prima vista, ma eravamo giovani e timidi e ci volle l’aiuto dei miei compagni per farci coraggio. 59 anni fa! L’inizio di una splendida avventura. Devo dire che il tempo, di fianco a quella bellissima ragazza, è volato».
La più grande virtù della signora Paola?
«La pazienza di avermi sopportato e supportato in ogni mio spostamento. Senza di lei non avrei raggiunto la maggior parte dei miei successi».
Paola è stata la sua vice più valida, quindi.
«Direi proprio di sì. È lei che mi ha sempre tenuto con i piedi per terra».
L’avvocato Gianni Agnelli alla Juve era solito chiamare all’alba: qual è la telefonata, tra tante, che ricorda con più vividezza?
«Era il 1993 e in quella telefonata l’Avvocato mi annunciava il suo ritiro e il passaggio del testimone al fratello Umberto. Quel messaggio indicava la fine del ciclo che avevamo costruito insieme ad Agnelli e Boniperti. Era ora di farsi da parte».
La terribile notte dell’Heysel, 29 maggio 1985: potendo tornare indietro, avrebbe fatto qualcosa di diverso?
«Credo che ognuno di noi, potendo tornare indietro, avrebbe cercato di impedire la tragedia prima che accadesse. Tuttavia, con il senno del poi non si risolvono queste cose. Si riaprono soltanto le ferite. Ogni commento è superfluo di fronte al dramma».
Come passa le giornate oggi il Trap?
«Mi godo finalmente un po’ di tranquillità con mia moglie e i miei familiari. Passo il tempo come tanti altri nonni e ne sono orgoglioso».
Riesce ancora ad emettere quei fischi potentissimi con due dita in bocca?
«Come no! Potete controllare su Instagram. Quando i miei nipoti mi chiedono di fischiare, si tappano le orecchie!».
Grazie all’aiuto di Riccardo si muove con talento anche sui social.
«Lascio giudicare i lettori. Io penso sia molto bello il fatto di poter essere in contatto diretto con così tante persone che ti ricordano con affetto. Devo dire grazie a mio nipote Riccardo per avermi fatto scoprire questo mondo. In questo caso lui è il professionista e la mente creativa, mentre io sono il discepolo che apprende. Spero che possa trovare un ambiente lavorativo che sappia valorizzare le sue idee».
Un uomo non è vecchio finché i rimpianti non sostituiscono i sogni: lei vive di rimpianti o sogna ancora?
«Non ho nessun rimpianto. Sono in pace con il mio passato e con i miei errori. Non mi sono mai tirato indietro nell’assumermi le mie responsabilità. Anche se ho 80 anni, guardo avanti e sogno ancora. Ritengo di poter ancora dare un mio contributo».
La famosa marcatura che annullò la leggenda Pelè: verità o mitologia?
«Nell’amichevole del ‘63 Italia-Brasile 3-0 Pelè non era sicuramente al top della forma. Quando invece lo incontrai nella partita Milan-Santos per la Coppa Intercontinentale, la storia fu diversa: Pelè era un giocatore di un’altra categoria rispetto a me».
Il mestiere dell’allenatore, 40 anni tra Italia, Germania, Portogallo, Austria e Irlanda: il bello e il brutto?
«Il bello è quando riesci ad ottenere il massimo con i tuoi ragazzi. Il brutto le sconfitte che ritieni immeritate».
Cristiano Ronaldo o Leo Messi, il meglio del calcio moderno: chi sceglie?
«Semplice, non scelgo. Sono entrambi fuoriclasse».
Se guarda i giovani, è preoccupato per il loro futuro?
«Come potrei non esserlo? Basta aprire il giornale o accendere la televisione per capirlo. Mi preoccupa il fatto che in Italia stiamo deludendo le speranze dei ragazzi, per non parlare dell’impatto dei problemi ambientali che dovranno affrontare... Confido in una svolta e nelle loro potenzialità».
È l’anno della Champions alla Juve, finalmente?
«Me lo auguro! Sarebbe un modo per ridare fiducia a tutto il calcio italiano».
Tra 100 anni come vorrebbe essere ricordato nella storia del calcio e d’Italia, carissimo indimenticabile Trap?
«Vorrei essere ricordato per la persona che sono stato, con tutti i miei pregi e difetti. Mi auguro di esser riuscito a trasmettere dei sani valori».