Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2019  marzo 17 Domenica calendario

Sette album in sette mesi per Ludovico Einaudi

Ludovico Einaudi cammina nelle vigne. Passo deciso e allenato. «È da qualche anno che ogni giorno cammino. Serve sia al fisico che alla mente», dice il compositore e pianista. Raccoglie delle primule, la primavera è in anticipo quest’anno. «Le aggiungo all’insalata», dice. Le Langhe sono il suo rifugio. La famiglia, il nonno presidente della Repubblica e il babbo editore, vengono da qui. «È il posto che mi appartiene. Per me casa è qui. E ci passo uno o due mesi l’anno». Qui è nato il suo nuovo progetto, «Seven Days Walking», una serie di sette album che verranno pubblicati uno al mese. Venerdì è uscito il «Day One» e il giorno precedente il teatro di Alba ha ospitato l’anteprima del tour mondiale che lo terrà occupato sino a fine anno. 

Circa sette ore di musica. Che oggi si consuma fra una sbirciata ai social e una email cui rispondere. Non si sente anacronistico? 
«Proprio per quello mi piace questa idea. In un mondo in cui la musica è impacchettata in pezzi minuscoli, credo sia interessante esplorare durate strabordanti. È un modo per creare un contraltare a quel tipo di fruizione». 
Nel mondo classico/ new classic lei però è artista con più streaming nel mondo… 
«Si vede che c’è qualcuno che ha bisogno di perdersi in un labirinto mentale. Seven Days Walking è come una playlist infinita». 
Come è nato il progetto? 
«A gennaio dell’anno scorso ero in montagna, sulle Alpi svizzere e tedesche. Durante le passeggiate quotidiane ascoltavo i miei appunti musicali. La neve e le tormente rappresentavano bene il mio stato mentale: quello di quando cerchi qualcosa che non hai ancora catturato». 
Le passeggiate sono diventate sette album… 
«Ho individuato dei temi musicali e, a marzo, mi sono chiuso nella cascina a Dogliani dove ho lo studio con Federico Mecozzi al violino e Redi Hasa al violoncello. Abbiamo iniziato le prove. Ogni versione cui arrivavamo mi sembrava avere un carattere proprio, la propria peculiarità. Ed ecco il parallelo con le passeggiate: c’era un percorso comune, ma ogni volta era come avventurarsi lungo una deviazione oppure fare una foto dello stesso paesaggio in momenti diversi della giornata. Ci sono elementi che riconosci e altri che ti spiazzano. Così ho deciso di non scegliere una versione sola, ma di rendere accessibile e visibile al pubblico tutto il processo». 
Ho scelto questo numero per il suo valore simbolico, devo ancora incidere 
il settimo cd 
Nel 2016 ha suonato su una piattaforma fra i ghiacci dell’Antartide. Con le passeggiate torna la natura… 
«Anni fa confessavo a una fidanzata che avrei voluto essere un pino. La natura è al di sopra degli equilibri e degli squilibri umani. Elegy for the Arctic era commissionata da Greenpeace per sensibilizzare il pubblico sul tema del climate change: era arte al servizio di un tema importante che sento mio. Sono felice che venerdì il mondo si sia mosso in quella direzione con la marcia dei giovani promossa dalla ragazzina svedese Greta Thunberg». 
Einaudi, cognome ingombrante. Sente il peso? 
«Ho sempre vissuto in modo libero questa cosa della famiglia e del cognome. Mi sono salvato non pensandoci più di tanto e cercando la mia identità. È qualcosa che non è nella mia mente, me lo ricordano gli altri…» 
Un presidente della Repubblica e una casa editrice che ha fatto la storia della letteratura del Dopoguerra. Con la sua musica, Einaudi diventa un marchio da export. 
«Ho molti gratificazioni dall’estero. Ho parenti in America che mi raccontano di come in passato gli venisse chiesto se fossero imparentati con il presidente della Repubblica e oggi la stessa domanda arriva sulla parentela con il compositore». 
Il settimo giorno che fa? Si riposa? 
«Ho scelto il numero sette anche per il suo valore simbolico. La settima giornata non l’ho ancora incisa. Sarà piano solo. E visto che rappresenta la domenica vorrei che fosse un momento riflessivo, con delle pause, dei silenzi. Avrà un carattere concettuale».