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 2019  marzo 17 Domenica calendario

I ragazzi e il voto europeo

Abbiamo tutti negli occhi i volti dei ragazzi che venerdì scorso hanno manifestato per difendere l’ambiente nel quale viviamo. Alcune delle risposte alle loro giuste preoccupazioni non potranno che venire dall’Europa. Nessuno si illude che un Paese possa fare da solo in una materia, il clima, così drammaticamente complessa. A fine maggio si andrà al voto in 27 nazioni europee. Forse anche nel Regno Unito ma è un’altra storia. La Brexit, ricordiamo, è stata più una scelta degli anziani. Mentre cartelli e striscioni vengono riposti, la domanda che tutti dovremmo porci – se avessimo un po’ più di rispetto per le prossime generazioni – è una sola. Quanto giovane sarà il nostro voto europeo? Le istanze di quei meravigliosi ragazzi saranno ascoltate e, soprattutto, rappresentate? 
L’età minima per votare è 18 anni in quasi tutti i Paesi membri dell’Ue, Italia compresa. Ma c’è chi l’ha abbassata a 16 (gli anni di Greta Thunberg) come l’Austria. Il tema dell’elettorato attivo e passivo è, in molte parti d’Europa, un argomento d’attualità. Da noi no. L’età minima per essere eletti a Strasburgo è 18 anni, in alcuni casi 21. Indovinate però quali sono i Paesi con il limite più elevato per l’elettorato passivo? Italia e Grecia, tanto per cambiare insieme, con 25 anni. Ad Atene però votano i diciassettenni. Insomma, tra i tanti primati negativi, siamo anche i più disattenti ai diritti politici dei giovani. Con un paradosso.
Molti ragazzi, costretti a emigrare e a lavorare all’estero, godono di diritti politici come residenti (articolo 39 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea) che in patria sono loro negati. Ovvero esistono cittadini italiani con diritti diversi sia per l’elettorato attivo sia per quello passivo. 
Ora, non sarebbe male dare una risposta concreta alla voglia di partecipazione dei ragazzi dei cortei di venerdì. Il minimo, dovremmo dire. Non è ancora in vigore una vera e propria legge elettorale europea. Esistono per ora solo principi comuni sul sistema elettorale. L’Italia ha semplicemente esteso alla consultazione europea i limiti previsti per la composizione della Camera. Basterebbe una legge ordinaria. Forse non si fa più in tempo per fine maggio, ma il discuterne sarebbe almeno la prova di una sensibilità culturale negli anni colpevolmente assente. La democrazia rappresentativa è anche, e soprattutto, loro. A maggior ragione in un’epoca ricca di suggestioni per le scorciatoie pericolose della democrazia diretta digitale. «Nel nostro Paese si può diventare sindaci a diciott’anni, consigliere regionale ma non eurodeputato – spiega Paolo Balduzzi, docente alla Cattolica che ha appena pubblicato uno studio sull’argomento per Lavoce.info – abbiamo poi la quota più bassa nell’Unione europea di cittadini sotto i 40 anni sul totale della popolazione (il 40 per cento contro il 54 dell’Irlanda, la meno anziana). Tenendo conto delle barriere all’ingresso nelle istituzioni, si può dunque concludere che l’Italia è di gran lunga il Paese dell’Unione dove i giovani hanno meno potere politico potenziale». 
Il Parlamento europeo ha promosso, in vista della consultazione del 23-26 maggio, la piattaforma Stavoltavoto.eu in 24 lingue. L’ambiente è al primo posto tra le preoccupazioni di coloro che si iscrivono. La richiesta è anche quella di avere dei volontari che promuovano la partecipazione. L’ufficio di Milano attualmente ne conta 11 mila contro i 12 mila e 500 di Berlino. Segno di un crescente interesse, soprattutto giovanile, per le tematiche europee. Ma molti dei volontari italiani non potrebbero candidarsi a differenza dei loro coetanei tedeschi. La preoccupazione delle istituzioni europee è quella di coinvolgere il maggior numero di giovani e di combattere non solo la sfiducia verso il funzionamento dell’Unione ma anche l’apatia nei confronti della partecipazione al voto in una democrazia rappresentativa. Anche nella patria della democrazia diretta, ovvero la Svizzera, ci si è posti il problema di interessare di più alla politica i ragazzi tra i 18 e 25 anni, qualche volta poco coinvolti dai ripetuti test referendari. Qui l’Unione europea non c’entra ma il modello Easyvote della Federazione svizzera dei parlamenti dei giovani (Fspg) è utile da studiare anche sul piano comparativo. Come spiega Zoë Maire, vicedirettrice di Fspg, si tratta di suscitare il dibattito sui temi d’attualità avendo cura di fornire nelle scuole, nelle associazioni, nelle comunità, ma in particolare sui social network, informazioni serie, condivise. E soprattutto neutrali. Un modo di contrastare superficialità, pregiudizi, fake news. Il concetto di oggettiva neutralità non appartiene al discorso pubblico italiano, purtroppo. Dunque, forse non ci riusciremo mai. Ma il modello Easyvote, insieme al successo di Stavoltavoto.eu, ci indica la necessità di impegnarci di più per avvicinare i giovani italiani alla politica e al rispetto delle istituzioni. Guardando, però, al voto del prossimo maggio è un vero peccato, per non dire peggio, che si sentano cittadini europei di serie B. A meno che non se ne vadano all’estero, come hanno già fatto molti loro coetanei.