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 2019  marzo 16 Sabato calendario

L’app del momento, di cui non avete sentito parlare

Se avete più di 15 anni e state leggendo questo articolo, forse non avrete sentito parlare di TikTok, un’applicazione che va molto forte soprattutto tra gli adolescenti. È tra le 50 app più scaricate in Italia e si stima che abbia circa 500 milioni di utenti in tutto il mondo, ma dovrebbe interessarvi per un altro motivo: fa cose che probabilmente un giorno faranno applicazioni che ci sono più familiari e che già siamo abituati a usare, come Instagram, Facebook e Twitter. E naturalmente interessa a chi ha avvistato il proprio figlio adolescente mentre fa strane mosse e canta in playback davanti alla fotocamera del suo smartphone.
TikTok in poche parole
TikTok è un’applicazione per girare e condividere brevi video con lo smartphone, con orientamento verticale come avviene per le Storie su Instagram, Snapchat, WhatsApp e Facebook (le “Storie” sono raccolte di video e foto che si cancellano automaticamente dopo 24 ore). Per vedere i video degli altri non è necessario iscriversi all’applicazione, è sufficiente scaricarla e avviarla. Si passa da un video all’altro scorrendo verticalmente e non in orizzontale come con le Storie sulle altre app. Si possono vedere video praticamente all’infinito, con una logica simile a quella dello zapping sulla televisione: durano pochi secondi e l’idea è che nella vertigine della lista si trovi sempre qualcosa di interessante, noioso o divertente.
Ci sono adesivi e filtri da aggiungere al proprio video, per creare particolari effetti, ma soprattutto c’è la possibilità di inserire una traccia sonora. Tra estratti di canzoni, frasi celebri dei film e altro, ci sono centinaia di migliaia di effetti sonori tra i quali scegliere. Quelli più usati sono gli estratti delle canzoni, usati per fare lip dub, cioè far finta di cantare muovendo le labbra usando la voce dell’artista.

Postare video
Se non si vuole usare TikTok passivamente solo per vedere i video, e se ne vogliono pubblicare di propri, è necessario registrarsi come succede coi classici social network. I video pubblicati sono raccolti nel proprio profilo e si possono naturalmente seguire i profili degli altri, per non perdersi i loro ultimi contenuti.
Commenti e “mi piace”
Sotto ai video si possono lasciare commenti e ci si può scrivere con gli altri iscritti. I video possono essere votati tramite il classico cuore per i “mi piace”: più se ne ricevono, più è probabile che il proprio video sia messo in evidenza da qualche parte.

Risposte e duetti
Più dei classici commenti, TikTok incentiva le creazione di risposte in formato video, per mostrare le proprie reazioni al contenuto appena visto. C’è anche la possibilità di creare un “duetto”, usando un video già pubblicato da qualcun altro come citazione per aggiungere poi il proprio, magari per ripetere la stessa cosa fatta nell’originale o reinterpretarla.

Hashtag
Gli hashtag, che Twitter ha cercato in tutti i modi di rendere più rilevanti senza mai davvero riuscirci, ricoprono un ruolo centrale dentro a TikTok e sono ampiamente utilizzati dagli utenti. Servono per organizzare tutti i contenuti all’interno dell’applicazione, per orientarsi tra quelli più popolari e per scoprirne di nuovi. Alcuni hashtag sono legati alle “sfide” (“challenge”): qualcuno riprende una prodezza, o qualcosa che ritiene tale come mangiare una fetta di anguria nel minor tempo possibile, e usa #challenge per invitare gli altri a fare altrettanto e meglio di lui. Ci sono migliaia di sfide su TikTok, alcune non vengono minimamente considerate e muoiono sul nascere, altre diventano popolari e dilaganti.
C’è sempre qualcosa
Basta aprire la prima volta TikTok per rendersi conto che l’app farà sempre di tutto per invogliare a vedere video e ancora video, alimentando una certa dipendenza dal sistema. Lo scrolling verticale per passare da un contenuto all’altro funziona molto bene e, come nelle Storie, si prova quell’effetto di curiosità che spinge a vedere cosa c’è dopo, e dopo ancora se l’esperienza non è stata soddisfacente. È una strada che, con declinazioni diverse, seguono da tempo tutti i social network, ma su TikTok la brevità dei contenuti e la loro stranezza funzionano meglio che altrove.

L’efficacia del sistema è rafforzata dalla presenza di algoritmi molto zelanti. L’app, per esempio, tiene traccia dei video su cui ci si è soffermati di più o con maggiori interazioni, personalizzando l’offerta dei contenuti messi in evidenza per ogni singolo utente. Anche se non si seguono profili, la sezione “Per te” si adatta via via ai propri gusti, ma senza uniformarsi completamente, mostrando cose completamente nuove e fuori contesto, che però potrebbero funzionare e suscitare nuovi interessi.
Non è chiaro fino a che punto si tratti di scelte volute dai programmatori dell’app, o di semplici problemi degli algoritmi a capire sempre a pieno i gusti degli utenti. L’effetto finale è un misto di video di ogni tipo da scoprire, in un modo più semplice e immediato di come si può fare con le fotografie di Instagram o con i tweet dei profili che non si seguono su Twitter.
La possibilità di avere subito un flusso di contenuti senza dover mettere “Mi piace” alle Pagine o aggiungere un’amicizia, rende TikTok molto più immediato e meno impegnativo rispetto a Facebook. Ed è questo in parte il successo dell’applicazione: è un social network del disimpegno, non ci sono cose offensive e tutto scorre via molto velocemente. Nessuno sembra prendersi davvero sul serio, anche se molti sono chiaramente a caccia di “mi piace” come avviene sugli altri social. Le preferenze sono però per ciò che si fa più che per come si appare. TikTok riesce a comunicare un messaggio generale tranquillizzante: le aspettative sono molto basse e tutti si sentono incentivati a partecipare.

Pubblico istantaneo
Il fatto di finire nel flusso dei video proposti a milioni di utenti, anche se non seguono il proprio profilo, rende TikTok diverso dagli altri social network e semplifica i primi passi dei nuovi iscritti. Di solito quando ci s’iscrive a Twitter o a Instagram ci si deve costruire un pubblico, seguendo persone e confidando di essere seguiti a propria volta. È un processo che richiede tempo, un po’ di dedizione e che per alcuni risulta frustrante.
Su TikTok i follower sono secondari: l’app invita a produrre da subito video, a sfruttare gli hashtag, a commentare i contenuti degli altri e a partecipare alle loro sfide. Si creano di continuo gruppi, poi si sgretolano per confluire in altri, al punto da lasciare un po’ storditi dall’esperienza se non ci si fa attenzione. A tratti sembra di trovarsi nel mezzo di un gigantesco esperimento sociale, i cui presupposti sono molto semplici: diamo in mano a milioni di persone una cosa per fare e condividere facilmente brevi video, e vediamo che cosa ne uscirà fuori. Quell’esperimento ora ha centinaia di milioni di cavie, che sembrano divertirsi e sono interessate a fare evolvere la cosa in cui sono finite dentro, pur non avendo la più pallida idea di come.
Da dove arriva TikTok
Dietro a TikTok non c’è un’amichevole startup della Silicon Valley, ma una gigantesca società di Internet cinese che si chiama ByteDance. L’azienda ha da poco ricevuto una valutazione intorno ai 75 miliardi di dollari e dice di essere principalmente specializzata in soluzioni di intelligenza artificiale. La versione cinese di TikTok si chiama Douyin ed esiste dal 2016, un anno prima che fosse introdotta l’edizione internazionale. A novembre del 2017, ByteDance ha speso circa 1 miliardo di dollari per acquisire musical.ly, applicazione di una startup di Shanghai – con sede in California – pensata per gli adolescenti statunitensi e poi fusa con TikTok lo scorso anno.
Alcuni contenuti sono censurati su Douyin, come richiesto dal governo cinese che controlla tutto ciò che viene condiviso online. La versione internazionale ha meno limitazioni, ma come avviene per altre app e servizi realizzati in Cina, in molti si interrogano sulle implicazioni del successo di un software che mette in pratica le richieste di un governo sulla censura della libera espressione.

Il prodotto di maggior successo in Cina di ByteDance non è comunque Douyin, ma un’altra app che si chiama “Toutiao” (letteralmente “titoli”), nata in origine come aggregatore di notizie. L’app ha subìto più evoluzioni, diventando ora un grande contenitore all’interno del quale si trovano notizie, fotografie, video e contenuti realizzati direttamente dagli utenti. I sistemi di intelligenza artificiale sviluppati da ByteDance sono usati per personalizzare il flusso di informazioni che vede ogni utente, in un modo analogo a quello dei video su TikTok. L’applicazione è molto utilizzata e produce notevoli ricavi grazie alle pubblicità che sono mostrate nei suoi spazi.
Un esempio?
Nel corso della sua esistenza Facebook non ha fatto mistero di essere molto attento alle altre app social, dalle quali ha tratto abbondantemente ispirazione. Quando furono introdotte le Storie su Instagram, per esempio, i suoi dirigenti non nascosero di averle copiate da Snapchat, sostenendo che prestiti di questo tipo avvengano di continuo nel campo delle applicazioni. Le Storie su Instagram hanno influito negativamente sulla crescita di Snapchat, evitando che diversi utenti si spostassero sulla sua applicazione, potendo trovare le stesse funzionalità su quella a cui erano già iscritti e che conoscevano bene.
È probabile che nei prossimi mesi alcuni dei concetti applicati da TikTok siano imitati da altre app, a cominciare proprio da Instagram. Facebook presenta qualche rigidità in più, sia per come è organizzato sia per i contenuti che circolano nella sua sezione Notizie, e potrebbe subire meno l’influenza. Twitter continua a essere concentrato sulle notizie e difficilmente beneficerebbe di qualche novità che imiti le funzionalità di TikTok.

Negli ultimi anni il panorama dei social network è comunque cambiato enormemente, così come l’approccio degli utenti. I contenuti effimeri, come le Storie, sono sempre più privilegiati rispetto a quelli permanenti come i post su Facebook e i tweet su Twitter. Su TikTok i contenuti sono permanenti, un po’ come le foto per chi usa Instagram nel suo modo “tradizionale”, ma gli archivi non sono al centro dell’attenzione di chi lo utilizza. Pur non avendo cose che scompaiono da sole dopo un certo numero di tempo, TikTok è riuscito a comunicare un approccio più disinvolto e occasionale, che a quanto pare funziona con gli utenti più giovani.
TikTok più che altro è un esempio per quanto riguarda la cura e la moderazione dei suoi contenuti. Un’app di soli video, dove se ne caricano a migliaia ogni minuto, potrebbe diventare rapidamente un posto poco raccomandabile con video violenti e inappropriati, soprattutto per un pubblico così giovane. Dopo avere ricevuto qualche critica in passato, i responsabili dell’app hanno aumentato sensibilmente il numero di moderatori: ce ne sono circa 10mila, anche se non è chiaro quanti di loro si occupino della versione cinese e quanti di quella internazionale. Contenuti controversi non se ne vedono, come possiamo confermare dopo avere fatto un uso oltre l’umanamente concepibile di TikTok in redazione per verificarlo.
L’app cerca inoltre di promuovere messaggi positivi, per esempio mettendo in evidenza hashtag su particolari iniziative per responsabilizzare i suoi utenti. Tra quelli più ricorrenti c’è #nobullismo, contro gli atteggiamenti violenti e vessatori nelle scuole. A volte gli hashtag in evidenza vengono però sfruttati per provare a promuovere video che non c’entrano nulla con quell’argomento, a conferma di quel grande caos organizzato che è TikTok.