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 2019  marzo 16 Sabato calendario

Intervista a Flavio Briatore

«Gli affitti delle concessioni balneari andrebbero rivisti tutti. E almeno triplicati». Bum! Fatto il botto, Flavio Briatore, creatore e proprietario del Billionaire in Sardegna, del Twiga a Marina di Pietrasanta e altri poli turistici esclusivi in giro per il mondo, sorride. Sa che le sue parole rischiano di scatenare un putiferio tra i suoi colleghi balneari e prende tutti in contropiede: «Parlo anche per me: per il Twiga, di concessione, dovrei pagare circa 100.000 euro». 
E racconta: «Quando abbiamo preso quel posto, una quindicina di anni fa, non andava. Abbandonato a se stesso. Mi pare che avesse una ventina di dipendenti stagionali. Non c’era neanche più il “Bagno”. C’era una specie di discoteca sotterranea. Sa come funzionava?» 
Lo spieghi. 
«All’inizio dovevamo dare al vecchio concessionario 110.000 euro più i 4.322 che lui pagava di canone allo Stato. Poi il nostro affitto è raddoppiato a 200.000 euro più i soldi della concessione, saliti a 14.000, da pagare sempre al posto suo». 
Rendita parassitaria pura. 
«Esatto. Totale 214.000 l’anno. Senza che il titolare facesse niente. Ovvio che, dovendo salvaguardare gli investimenti che avevamo fatto, l’anno scorso abbiamo deciso di comprare tutto: concessione e strutture». 
Nonostante incombesse l’ipotesi «Bolkestein»... 
«Al contrario. Proprio perché, se fosse passata la direttiva europea che obbliga a mettere a gara le concessioni avremmo avuto un grande vantaggio: nel caso di un’asta saremmo stati sia concessionari sia operatori. Abbiamo investito cinque milioni di euro, sul Twiga. Moltiplicando per otto volte i dipendenti, passati da una ventina a 160. Facendolo diventare un posto conosciuto in tutto il mondo. Un punto di attrazione per Marina di Pietrasanta, Forte dei Marmi, tutta la Versilia... Il Twiga non porta solo soldi a noi. Chi viene da noi la sera esce, va al ristorante, spende in giro... Siamo il punto di riferimento per una certa clientela...». 
Quella del lusso. 
«Lusso, lusso... Ce ne vorrebbero di più di Twiga, in Italia, piuttosto che le tende piantate nei giardini. Vanno bene anche i campeggi, per carità. Ma ci vuole di più. Noi lavoriamo bene. Offriamo qualità. Eccellenze. Ora partiamo anche con “Sumosan” che è un marchio nostro di sushi già introdotto a Londra e a Montecarlo. Dobbiamo attirare in Italia il turismo che porta soldi sul territorio». 
Quelle che i cittadini faticano a capire sono certe rendite stupefacenti sui beni pubblici. 
«Ma su questo sono d’accordo! Lo dico anch’io! I concessionari, o almeno tantissimi di loro, non hanno mai fatto un ca... Hanno avuto per grazia ricevuta dei pezzi di terra dello Stato e per decenni hanno incassato delle cifre così, di pura rendita». 
Quindi le concessioni dovrebbero andare all’asta. 
«L’ho detto e lo ripeto. Lo Stato dovrebbe rivederle tutte. E almeno triplicare le tariffe». 
Lei ci rimetterebbe di più: la sua tariffa è ferma a 17.619... 
«Sì, credo che centomila sarebbe un prezzo giusto. Io credo che se lo Stato mettesse due omini a controllare le metrature degli stabilimenti balneari e facesse un prezzo equo incasserebbe molti, molti soldi». 
Ha un’idea della cifra? 
«Mah... Mi ero anche informato. Mi pare che in tutta la Versilia lo Stato prendesse un milione e seicentomila euro. Più o meno. Facciamo anche due milioni. Io credo che potrebbero diventare quindici milioni». 

Dieci volte di più? 
«Senta, io faccio l’operatore e le dico che i canoni sono quelli di quindici o vent’anni fa». 
Sta dicendo che il ministro del turismo Centinaio e il governo giallo-verde hanno sbagliato a concedere una proroga fino a 2034? 
«Dico che è ora di adeguare i prezzi». 
Lei frequenta molto la Francia: «Paris Match» ha scritto che il Comune di Ramatuelle si era spinto ipotizzare che i ventuno stabilimenti di Pampelonne potessero fare nei prossimi dodici anni un fatturato complessivo di 660 milioni di euro. 
«Lì siamo sulla Costa Azzurra, è tutta un’altra storia. Praticamente lo Stato ha revocato a sé tutte le licenze (tutte), ne ha emanate di nuove e le ha messe all’asta: chi ha lavorato bene può riaverla, pagando un canone adeguato ai prezzi di oggi. Chi ha lavorato male no, chi campava di rendita ciao: non gli hanno dato niente. Non so se mi spiego: ho dovuto tirare fuori, in Versilia, quasi quattro milioni per avere quella concessione...» 
Quindi il sistema francese a lei andrebbe bene. 
«Si è fatta chiarezza. Chi opera è anche concessionario. Così sono state ribaltate tutte le coste francesi. Io stesso, dopodomani, dopo aver mostrato che siamo all’altezza, sono a Saint Tropez per vedere la possibilità di prendere una spiaggia importante. Non grandissima, centoventi ombrelloni, un po’ più grande del Twiga... Ma una bella spiaggia». 

E quanto va a pagare di concessione? 
«Non so ancora. Centotrenta, forse centoquarantamila euro». 
A Pampelonne 225mila... 
«Non so... Lì i “bagni” sono molto più grandi. Diciamo che ci sono tre blocchi di prezzi a seconda della grandezza: da 130 ai 225 che dice lei. Lo scandalo vero, bisogna avere il coraggio di dirlo, sono sempre stati i concessionari. Che non hanno mai portato valore aggiunto e mai assunto persone e hanno dato una proprietà non loro in affitto un terzo». 
Quanti pensa che siano questi i concessionari che subaffittano? 
«Non lo so. Abbastanza, credo». 
Quindi lei, al posto del governo, non avrebbe regalato questi 15 anni di proroga. 
«Una proroga l’avrei data perché capisco l’apprensione di tante famiglie: arriva un gruppo di stranieri, rastrella dieci spiagge e lì comanda. È ovvio che il lavoro italiano va difeso. Però, una volta data la proroga, le tariffe degli affitti che i “bagni” devono pagare al demanio vanno riviste sul serio. Vanno adeguate». 
Ma i tempi? Centinaio dice che lui potendo avrebbe dato una proroga di trent’anni... 
«Se fossi io al governo lo farei subito, l’adeguamento. E sarebbe giusto. Capisco che a far subito le aste, con tante famiglie che vivono di quelle rendite, ci sarebbe stato un caos. Dopo aver avuto questo regalone, però, i concessionari stessi devono ben capire che certi canoni vanno adeguati. Almeno il tre o quattro percento del fatturato...» 
È la tesi degli ambientalisti e tanti altri che contestano da anni le rendite di posizione in perenne prorogatio a prezzi spesso stracciati. Scommettiamo? Polemiche in vista.