il Fatto Quotidiano, 16 marzo 2019
Biografia di Imane Fadil
Ha 25 anni, Imane Fadil, quando entra per la prima volta nella villa di Arcore, invitata insieme a una schiera di ragazze alle “cene eleganti” di Silvio Berlusconi. Nata a Fez, in Marocco, cresciuta a Torino, era arrivata a Milano per fare la modella. Nel 2007 esordisce con Gene Gnocchi a La grande notte, su Rai2. “Poi per tre anni sono uscita dal giro perché mi ero fidanzata e mi interessava di più il lato sentimentale della mia vita”, aveva raccontato al Fatto quotidiano. Svanito l’amore, torna a girare nel mondo dorato e scivoloso della moda e dello spettacolo. “Mi chiedono se volevo prendere un caffè ad Arcore. Ho accettato: perché non andare a prendere un caffè da un signore che è padrone di tre televisioni?”.
Il caffè diventa una cena, una “cena elegante”: nel febbraio 2010, ad Arcore. “Quando sono arrivata, c’erano già altre ragazze. Ci ha accolto il signor Silvio. Dopo la cena, Nicole Minetti e Barbara Faggioli si cambiano d’abito e si vestono da suore, con una tunica nera e una croce rossa sul velo. Ballano e a un certo punto si tolgono il vestito da suora, restano in lingerie e cominciano a dimenarsi attorno al palo della lap dance. C’era anche Lisandra Lopez, che non indossava le mutandine e quando si chinava lasciava vedere chiaramente il sedere nudo e anche diciamo la parte intima femminile”. Tra il febbraio e il settembre 2010, Imane torna almeno altre quattro volte ad Arcore e una a villa Campari, a Lesa. I suoi contatti sono Emilio Fede e Lele Mora. Riceve una busta con 2 mila euro a febbraio, con 5 mila a settembre. È appassionata di calcio. Se ne intende, sa tutto del Milan, che era ancora la squadra di Berlusconi. Accarezza il sogno di lavorare a Milan Channel, confida che le sarebbe piaciuto avere un suo programma tv. Invece solo “cene eleganti”. Assiste al bunga-bunga, senza mai partecipare attivamente alle scene hard.
Il 26 ottobre 2010 il Fatto quotidiano racconta per la prima volta che una ragazza ancora minorenne sta raccontando ai magistrati milanesi i suoi incontri ravvicinati con Berlusconi e sta spiegando che cos’è il bunga-bunga. È Ruby, la ragazza marocchina Karima El Mahroug. Ne nasce lo scandalo, l’inchiesta, due processi: uno contro Berlusconi, accusato di prostituzione minorile e concussione, l’altro contro Emilio Fede, Lele Mora e Nicole Minetti, accusati di essere quelli che organizzavano le feste e portavano le ragazze ad Arcore. Le ragazze negano. Difendono tutte Silvio. Le serate erano cene normali a cui seguivano spettacolini di musica e ballo. Solo tre rompono il fronte e raccontano il bunga-bunga: Imane, Ambra e Chiara. Le ultime due hanno partecipato a una sola serata, Imane è invece una frequentatrice più assidua. Lo racconta in un memoriale. Assistita dall’avvocato Danila De Domenico, lo consegna ai magistrati. Decide di dire la verità. “Non ce la faccio più a passare per quella che si è venduta ad Arcore. Non m’interessano i soldi, m’interessa la mia dignità. Ho partecipato a qualche serata a casa del presidente, ma io non ho mai fatto niente di sconveniente. Finita in questa storia, per sei mesi mi sono chiusa in casa. Nessuno mi dà più lavoro. Allora ho deciso di raccontare quello che ho visto, perché non voglio far vincere quelli che denigrano le donne, che fanno convincere le ragazze che si fa strada non per meritocrazia, ma per mignottocrazia”.
Diventa la testimone chiave dei processi Ruby 1 (a Berlusconi) e Ruby 2 (a Fede, Mora e Minetti). Si costituisce parte civile. Chiede di essere risarcita. Durante i processi, denuncia di essere stata avvicinata da uno strano personaggio, “un uomo alto con gli occhi azzurri” che la vuole riportare ad Arcore per farla accordare con Berlusconi. Adombra l’ingresso in scena dei servizi segreti. L’uomo è Saed Ghanaymi, siriano, scopre la Procura, che non trova però riscontri che confermino il complotto.
Imane si ripresenta in Procura quando parte il processo Ruby 3, contro Berlusconi e i tanti testimoni dei festini accusati di aver mentito a pagamento. Lo scorso 14 gennaio non viene ammessa come parte civile nel processo. Intanto ha scritto un libro che non riesce a pubblicare. Si avvita sempre più in una spirale dove ballano fantasmi neri, spiriti cattivi, riti demoniaci. Nell’ultima intervista rilasciata al Fatto nell’aprile 2018 si dice convinta che ad Arcore si ritrovasse “una setta satanica composta da sole donne”, afferma che “questo signore fa parte di una setta che invoca il demonio”. Le ombre nere con cui faticava a convivere l’hanno accompagnata fino all’Humanitas, fino alla morte.