ItaliaOggi, 16 marzo 2019
Germania, ai bambini è proibito vestirsi da indiani
Non siamo ai livelli americani, ma l’ossessione per il politically correct diventa sempre più invadente anche in Germania, dall’asilo all’università. In un kindergarten di Amburgo, durante il Carnevale appena finito, è stato vietato ai bambini di travestirsi da indiani. Perché mai indossare un costume da sioux o da apache dovrebbe essere considerato offensivo per gli indiani d’America? Non potrebbe essere giudicato come una forma di ammirazione? Ormai al cinema da decenni non vengono più presentati come i cattivi che si ostinano a difendere le loro terre dagli invasori bianchi.Le proteste ai giornali e via Internet sono state centinaia, ma ormai è stata guastata la festa ai piccoli anseatici. «Se il mondo sapesse con quali sciocchezze perdiamo tempo non avrebbe più rispetto per noi», ha commentato Markus Söder, premier della Baviera. Il leader verde Cem Özdemir, con radici turche, confessa: «Da bambino a Carnevale mi travestivo da indiano, e festeggiavo il Natale». Una notizia leggera.
Va molto peggio all’università di Berlino, secondo quanto ha denunciato Die Welt: Diktatur der politischen Korrektheit, è il titolo che non occorre tradurre. Gruppi di studenti in nome dell’ideologia alla moda terrorizzano i professori. Gli atenei, commenta il quotidiano, dovrebbero educare alla libertà di pensiero e invece è diventato rischioso andare controcorrente. È appena uscito un saggio dello psicoterapeuta Stephan Grünewald intitolato Wie tickt Deutschland? Psychologie einer aufgewühlten Gesellschaft, «Come pensa la Germania? Psicologia di una società inquieta» che analizza i comportamenti dell’ultima generazione, e che spiega quanto avviene nelle facoltà berlinesi. Presi di mira sono in particolare tre professori di materie diverse, e dalle diverse tendenze politiche, ma uniti dal «vizio» di dire quel che pensano, anche andando controcorrente. E la pagano con attacchi quotidiani, minacce, e insulti, a rischio dell’incolumità fisica.
Herfried Münkler, docente di scienze politiche, è notoriamente socialdemocratico. I problemi per lui sono cominciati nel 2014, quando ha iniziato un corso sulla teoria politica delle ideologie. Alcuni studenti lo hanno accusato di sessismo per aver dato poco spazio alle idee politiche delle donne. Non basta. Herr Professor Münkler si sarebbe occupato poco delle idee al di fuori d’Europa, una prova del suo atteggiamento imperialista eurocentrico. Il docente ha cercato di giustificarsi: prima del ventesimo secolo, ben poche donne hanno avuto un ruolo importante in filosofia e in politica. Gli studenti hanno creato un blog, Münkler-Watch, per tenere sotto controllo e denunciare ogni parola sospetta del professore. «In questo modo è impossibile insegnare in modo libero e concedersi qualche battuta ironica», si è lamentata la vittima.
La maggior parte dei giovani segue le lezioni senza proteste, e apprezzano il professore, ma non scendono in campo, e la ribalta è occupata dai pochi fanatici. Nel semestre invernale del 2017, l’istituto di scienze politiche è stato occupato per mesi dai contestatori. Hanno devastato le aule, le pareti dello studio di Münkler sono state imbrattate con sangue.
Non solo a Berlino. A Halle, gli studenti hanno protestato con violenza contro la nomina di Johannes Varwick. Non vogliono un professore che si occupa dei problemi di sicurezza, e di lotta al terrorismo. A una conferenza ha invitato un generale, ed è bastato per accusarlo di militarismo. Gli studenti hanno attaccato in città manifesti di Varwick ritratto con l’elmo chiodato. Il docente ha invitato i contestatori a un incontro chiarificatore. Non si è presentato nessuno. Gli studenti di oggi sono differenti da quelli del ’68, che non avevano paura del dialogo. «Basta l’accusa di essere militarista, senza prove, e diventa difficile lavorare», ha denunciato Varwick.
A Brema, lo storico Jörg Baberowski ha sfidato gli studenti di estrema sinistra con un corso sullo stalinismo. Da anni viene perseguitato da un gruppo piccolo, ma molto attivo di trotzkisti. Lo seguono ovunque, anche quando viene invitato in altri atenei, intervengono alle sue conferenze e cercano di impedirgli di parlare. Inutili le denunce. Un giudice ha ritenuto legittimo definire Baberowski in un volantino come «radicale di destra». È l’opinione di una ristretta minoranza, ha spiegato il magistrato, ma gli studenti hanno il diritto di manifestare le loro idee. I professori, invece, dovrebbero essere più prudenti, a quanto pare.