Corriere della Sera, 15 marzo 2019
Intervista a Fabio Caressa
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A qui tambien tenemos huevos. La sera di Juve-Atletico 3-0, la remuntada che proietta i bianconeri nei quarti di Champions, molti hanno pensato che il tè (freddo) per sbollire, all’intervallo dovesse berlo il telecronista: Fabio Caressa, 52 anni, marito dei menù di Benedetta, romano trapiantato a Milano, erre gorgogliante e parlantina sciolta, solida gavetta nelle emittenti locali, dal 2003 celebre voce di Sky Sport. Juventino, secondo la vulgata popolare, se non altro per i 90’ della sfida allo Stadium: «Sbagliato». Parliamone.
L’accusano di aver peccato di enfasi nel Paese dell’enfasi pallonara. Un controsenso, Fabio.
«Tutto già successo. La stagione del triplete ero interista. L’anno scorso, con la Roma in semifinale di Champions, giallorosso. E in una fase sono stato pure milanista».
Se le danno del romanista, però, ci azzeccano.
«Non sono tifoso. A 16 anni, quando ho cominciato, seguivo la Lazio. Poi la Roma. Sono cresciuto alla scuola di Sandro Piccinini, e non erano radiocronache di parte. La verità è che Juve-Atletico era importante per tutti: tifosi, Sky che investe sulla Champions, movimento, giornali, calcio italiano».
«Aqui tambien tenemos huevos» si poteva evitare, forse.
«L’incipit me lo scrivo prima, poi lo leggo: all’inizio è importante non sbagliare. Non lo facevo da anni, ma l’occasione era speciale. Poi, quando la partita inizia, la telecronaca è pura emozione. Il primo, il secondo, il terzo gol. Tutti di Cristiano, che aveva addosso la pressione del fallimento. Un exploit clamoroso, che va raccontato. Tornando indietro, la rifarei uguale. E poi…».
E poi?
«In telecronaca seguo due monitor, più quello della Var. In cuffia avevo Bergomi, Pirlo, il coordinamento, i bordocampisti. E secondo te sto lì a pensare per chi faccio il tifo? È lavoro!».
I social sono stati spietati.
«Non sono sui social e non li leggo. Sono lo sfogo del momento. Io non faccio il politico: non cerco il consenso».
Ha provato a fare il calciatore, perlomeno?
«Come tutti. Ala e terzino destro nelle squadrette giovanili. Ma ho capito subito che era meglio studiare».
Prima radiocronaca.
«Cesena-Lazio per i tifosi cesenati. 1988».
Prima telecronaca.
«Tottenham-Leeds, Premier, in differita. 1991».
La telecronaca più emozionante?
«Italia-Francia 5-3 dopo i rigori, finale del Mondiale 2006. La Nazionale è un altro sport. È come per un giocatore: senti la responsabilità dell’azzurro. Travolgente. Ho pianto per un giorno e mezzo. Quella partita mi ha cambiato la vita. Ho pensato: e mo’ che faccio? Più in su di così, non si può salire».
Poi è arrivato l’innamoramento per CR7. Sua moglie come l’ha presa?
«Del calcio non gliene può fregare di meno. Ci ha riso sopra e ha twittato la mia battuta: chiedo scusa a mia moglie, ma questo CR7 fa innamorare».
Se Benedetta le parlasse di tattica, le si rivolterebbe lo stomaco come a Collovati?
«Uno scivolone clamoroso, ma nella vita si può anche fare una battuta senza essere crocifissi. Detto ciò, sul Mondiale donne Sky punta tanto: sarà una grande sorpresa, vedrete gli ascolti».
Martellini, Pizzul, Ciotti, Ameri, Piccinini: Caressa è l’erede di chi?
«Nando, un signore. A Bruno ho copiato l’affabulazione, ad Ameri il ritmo. Poi ci ho aggiunto del mio. Chiellini è Chiello perché i giocatori li chiamo come nella vita. Il tè caldo d’inverno e la bevanda rinfrescante d’estate. Mina, a Germania 2006, su un giornale mi suggerì la traduzione in tedesco: erfrischendes Getränk. CR7 per me è Cristiano. Questione di fonetica sul gol. Cristianooo Ronaldooo fa schifo. Ronaldooo per me era quello dell’Inter. Cristianooo funziona».