Libero, 14 marzo 2019
La sindrome del mal d’amore
Nel gergo popolare quando si dice “ho il cuore a pezzi” ci si riferisce ad una condizione psicologica che provoca dolore, che insorge a seguito di eventi emotivamente provanti, a causa dei quali ci si sente giù di morale, demotivati e privi della forza di reagire. Molte persone, prevalentemente di sesso femminile, in concomitanza di forti stress o dolore emotivo, tendono a manifestare dei veri e propri sintomi cardiaci, con alterazioni delle funzioni del cuore, al punto che la medicina internazionale ha classificato tale sintomatologia come “sindrome da cuore infranto” o “sindrome di Takotsubo”, che altro non sono che sinonimi di una reale cardiomiopatia che insorge su un cuore sano, scatenata da un forte stress, e che veniva curata fino ad oggi come fosse una patologia esclusivamente miocardica. Uno studio pubblicato sull’European Hearth Journal, però, ha dimostrato, senza ombra di dubbio che tale sindrome origina molto più in alto del cuore, ovvero si sviluppa prima nel cervello, nelle regioni che elaborano le emozioni, e in quelle che controllano il battito cardiaco, la respirazione e le altre funzioni autonome del nostro corpo (amigdala, ippocampo e giro dentato dell’encefalo), alterando la connessione di tali aree nervose, le quali, perdendo la loro interazione, non comunicano più bene tra loro, determinando quindi il problema cardiaco.
DEPRESSIONE
Eppure i sintomi neurologici, quali l’abbattimento dell’umore, la comparsa di astenia, apatia e depressione, non sono predominanti rispetto a quelli cardiaci, i quali si manifestano come un vero e proprio attacco cardiaco, un principio di infarto, con un dolore improvviso al petto accompagnato da affanno, alterazioni visibili all’elettrocardiogramma e lieve aumento nel sangue degli enzimi indici di necrosi miocardica, senza però che siano presenti alterazioni delle coronarie, le arterie che ossigenano il cuore, le quali risultano sempre pervie, non ostruite, e sorprendentemente normali rispetto alla sintomatologia. Per tali motivi i ricercatori hanno indagato il cervello di questi pazienti, confrontandolo con quello di individui sani, e usando risonanze e prove funzionali, hanno evidenziato alterazioni di coordinamento di tali aree neuronali, che risultano sfasate tra di loro, non allineate nella azione comune, concludendo che è solo ed esclusivamente il cervello ad essere coinvolto nelle genesi della succitata sindrome cardiaca. Gli stress fisici ed emotivi prolungati e persistenti infatti, stimolano eccessivamente il sistema nervoso autonomo, inducendo un forte rilascio di ormoni, soprattutto adrenalina e noradrenalina, i quali, in quantità elevate, diventano dannosi e tossici per il tessuto miocardico, le cui fibre muscolari si allungano, si dilatano e si sfibrano, alterando prima la forma e poi la funzione del cuore. Di tale sindrome si parlò per la prima volta in Giappone, e fu chiamata Takotsubo perché a seguito di questa cardiomiopatia il cuore si deforma assumendo una forma che ricorda le anfore (tsubo) che i pescatori giapponesi utilizzavano per catturare i polipi (tako) ed in effetti il ventricolo sinistro assume un aspetto balloniforme, cioè si gonfia come un palloncino, riduce la sua capacità contrattile, mettendo a rischio la perfusione muscolare, la sua ossigenazione e di conseguenza la sua funzionalità. La sindrome del cuore infranto colpisce più le donne che gli uomini, soprattutto quelle in post-menopausa, per cui è stato studiato anche il calo degli estrogeni come causa favorente il danno endoteliale, accentuato dall’aumento delle catecolamine, ormoni che durante lo stress contribuiscono alla disfunzione del micro circolo capillare, predisponendo ad una minore riserva perfusoria e quindi ad una diminuita ossigenazione.
INFARTO E ANGINA PECTORIS
La diagnosi di tale sindrome viene fatta solo dopo aver escluso ogni altra causa di dolore toracico, come l’infarto, la miocardite, la pericardite, la dissezione aortica, l’angina pectoris e l’attacco di panico, e la terapia consiste nel riposo e nella somministrazione di farmaci per il cuore e la pressione sanguigna, come i beta-bloccanti, gli Ace-inibitori, l’acido acetilsalicilico e diuretici, ai quali oggi vengono aggiunti gli antidepressivi per spegnere il focolaio cerebrale. La prognosi in genere è favorevole, tranne nei pazienti con problemi cardiaci già esistenti e con il miocardio indebolito, ma anche in un cuore sano la disfunzionale del ventricolo sinistro, seppur transitoria, quando compare simulando una sindrome coronarica acuta, se non curata può condurre all’aritmia ventricolare, all’insufficienza cardiaca, fino all’infarto acuto ed in alcuni casi alla rottura del miocardio. Su 100 pazienti con dolore toracico che vengono sottoposti a coronarografia, cinque o sei vengono riconosciuti affetti da tale sindrome, la quale, anche se generata nelle aree emotive del cervello ed essere scatenata dai suoi ormoni rilasciati in quantità tossiche, va a colpire il cuore, che perde colpi e si ammala, a dimostrazione che questo organo centrale, il motore del nostro corpo, che pulsa ininterrottamente dal primo mese di gestazione, quando viene assalito da forti stress e da dolore emotivo, è il primo ad essere colpito e a dare sintomi evidenti, perché è il più sensibile alla sofferenza, alle delusioni ed agli eventi negativi della vita, e può indebolirsi fino a manifestare clinicamente la sindrome di crepacuore.