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 2019  marzo 14 Giovedì calendario

Plusvalenze e debiti: il calcio sull’orlo del crac

La sirena d’allarme è suonata la sera di domenica 10 marzo, durante la Domenica Sportiva. Nel bel mezzo dell’appuntamento tv nazional-popolare per eccellenza, il presidente della Federcalcio Gabriele Gravina si è messo a parlare di “plusvalenze”. Il messaggio è stato chiaro: “È nostro compito attenzionare plusvalenze e scambi sospetti. Tutti gli scambi senza finanza vanno segnalati alla Procura e segnaleremo alle società di revisione se alcuni elementi danno sospetti, facendole intervenire. E obbligheranno una svalutazione della plusvalenza fittizia”. Il tifoso medio ha capito quanto basta: se il presidente della Figc ne parla alla Domenica Sportiva, vuol dire che il problema è grosso.
I bilanci delle società di calcio rischiano di esplodere. Il fenomeno delle plusvalenze è il sintomo della crisi. Sembrano ricavi fittizi per nascondere le perdite e rinviare l’appuntamento con la realtà. È un mondo dove la Juventus vale in Borsa 18 volte la Lazio, azienda che pure fa esattamente lo stesso business. E la Roma vale un quinto della Juventus, ma quattro volte la Lazio. Un mondo dove la matematica è un’opinione.
Il meccanismo delle plusvalenze è semplice. Se un calciatore l’ho pagato un milione e lo cedo a 20 milioni, aggiungerò ai proventi da abbonamenti, biglietti e diritti tv pagati da Sky una plusvalenza di 19 milioni: nel bilancio andrà ad aumentare i ricavi e ad abbattere le perdite. Ci sono due modi di ingannare la realtà. Se i 20 milioni mi vengono pagati in tre anni, ugualmente segno subito nel conto economico la plusvalenza intera, cioè soldi non ancora arrivati. Ma soprattutto, se, dopo aver venduto a 20 milioni un ragazzo pagato un milione, vado a comprarne per 20 milioni un altro, e se tutti si scambiano i calciatori in una girandola di contratti a prezzi crescenti, ecco fatta la fabbrica dei ricavi falsi.
I dati sui bilanci del calcio professionistico pubblicati nei report della Figc sono chiarissimi. Nella stagione 2016-2017, l’ultima di cui si hanno tutti i bilanci approvati, le società nel loro complesso hanno fatto incassi effettivi per 2,6 miliardi a fronte di spese per 3,3 miliardi, con uno sbilancio tra costi e ricavi, cioè un buco, di 711 milioni. Ma ecco le plusvalenze: le società calcistiche ne hanno realizzate per 749 milioni, cosicché il risultato a livello di margine operativo lordo (Ebitda) diventa positivo per 38 milioni. Anche nel campionato precedente, 2015-2016, la differenza tra costi e ricavi era stata di circa 700 milioni, ma le plusvalenze si erano fermate a 437 milioni, così il rosso si era avvicinato ai 300 milioni.
Gravina deve intervenire perché le plusvalenze sono come una droga iniettata nei bilanci. E prima o poi la paghi. Se segni tra i ricavi una cifra alla quale non corrisponde un effettivo incasso, da qualche parte il buco verrà fuori. Le spese, per esempio gli stipendi pagati ai calciatori (la Serie A è in Europa il campionato con il maggior impatto del costo dei calciatori sul fatturato), sono soldi veri che escono tutti i mesi dalla cassa, mentre le plusvalenze non sempre si appalesano nella loro volgare materialità.
A ben guardare i bilanci, si nota che il debito totale della Serie A è passato dai 3 miliardi del 2016 ai 3,6 del 2017. Ecco che cosa diventano le plusvalenze: debiti. Nel 2017 le società italiane hanno segnato nei loro bilanci 749 milioni di plusvalenze e i debiti sono cresciuti di 600 milioni. Numeri che suggeriscono quante possano essere le plusvalenze fittizie. Altro indicatore sospetto è che in due anni le plusvalenze sono raddoppiate, da 381 a 749 milioni, fenomeno spiegabile solo con il tentativo del sistema di tappare le falle in qualche modo.
Il patron del Genoa Enrico Preziosi ha depositato una preziosa testimonianza nel bilancio 2017, dove si legge: “Successivamente alla data di chiusura dell’esercizio 2017, nel corso della sessione invernale di calciomercato, sono state realizzate importanti plusvalenze che hanno consentito alla società, come meglio precisato all’interno della relazione sulla gestione, di superare la situazione di cui all’art. 2447 c.c. e ripristinare l’integrità patrimoniale della stessa”. Il Genoa, nonostante avesse segnato all’attivo 30,4 milioni di plusvalenze (più di un terzo dei ricavi), aveva chiuso il bilancio con 12 milioni di perdita, il che aveva provocato la scomparsa del patrimonio netto, che avrebbe dovuto essere ricostituito con costosi aumenti di capitale.
Invece è bastata qualche plusvalenza. Finché dura: il Genoa ha 173 milioni di debiti, tre volte il fatturato senza plusvalenze; l’Inter ha 668 milioni di debiti, quattro volte il fatturato senza plusvalenze. Il Milan, che fa relativamente meno plusvalenze e ha chiuso l’ultimo bilancio in rosso di 135 milioni, ha debiti per 537 milioni; la Sampdoria ha 164 milioni di debiti, più del doppio del fatturato senza plusvalenze. Dicono gli esperti che le banche non hanno paura di questa bolla, perché si sentono garantite dai contratti dei diritti tv, 1,1 miliardi all’anno già garantiti per questo campionato e per ciascuno dei prossimi due. Però a presiedere la Lega Calcio è stato mandato l’ex numero due di Intesa Sanpaolo, Gaetano Micciché. Che dovrà discutere seriamente con Gravina per trovare una via d’uscita.