Corriere della Sera, 14 marzo 2019
Intervista al ribelle Carlo Freccero
Il solito tuffo carpiato nel narcisismo: «Io sono il più grande di tutti». Poi riemerge: «Il più grande, capito?».
Gli occhi neri, sempre nero anche il vestito (la leggenda – perché lui dentro una certa leggenda ormai vive – vuole che questo sia il retaggio dei quattro anni trascorsi, da adolescente, in seminario).
Geniale Freccero, inventore di palinsesti e programmi televisivi per Berlusconi e per i tanti padroni della Rai, teorico di una tivù situazionista, possibilmente scorretta, visionaria (ci prova anche adesso: facendoci passare da «Ultimo tango a Parigi» di Bernardo Bertolucci a una serata speciale su Gianfranco Funari). Spiazzante Freccero, politicamente bizzoso, fuori liturgia, spregiudicato, velocissimo (ai microfoni de La Zanzara, su Radio 24, confessò d’essere patriota e sovranista, disse di preferire Salvini a Renzi, ma poi è diventato direttore di Rai 2 in quota grillina). Magnifico Freccero, che davanti alla Commissione di Vigilanza si esibisce spesso in dotte arringhe e, tra tutte, resta memorabile quella dell’inverno di 18 anni fa, quando per difendere dalla censura il programma satirico «Ottavo Nano», con Serena Dandini e Corrado Guzzanti, spiegò che «il giullare è necessario per limitare il delirio di onnipotenza del re. E che il re, proprio per questo, dev’essergli grato».
Il volo, l’altro giorno, è stato francamente più basso.
«Eppure, pensi: alla fine dell’audizione mi sono fatto i complimenti. L’età porta saggezza. Perché, qualche tempo fa, gliel’avrei urlato in faccia, a quello lì, a quel leghista, a quell’onorevole Tirapugni…».
Si chiama Paolo Tiramani.
«Tiramani da me detto Tirapugni… Gli avrei urlato che invece di accusarmi d’essere un vecchio arnese, farebbe meglio a pensare che mentre io, Freccero, con tutta la mia sapienza, per la Rai ho accettato di lavorare gratuitamente, lui si intende bene solo di spese pazze…».
Non la seguo.
«Non lo sa? C’è pure su Wikipedia… Ecco qui: “Tiramani, coinvolto nella “Rimborsopoli” piemontese e accusato di avere utilizzato indebitamente i fondi del gruppo regionale della Lega… assolto in primo grado, ma poi condannato nella sentenza di Appello ad 1 anno e 5 mesi. Annuncia subito ricorso in Cassazione”. Capito il mio accusatore?».
Resta il fatto che alcuni suoi programmi, direttore, fanno ascolti bassini.
«Bassini un corno! Mi dia la sua e-mail, tra un’ora le mando tutti i dati. Così capirà almeno una delle due verità».
Perché, l’altra?
«Beh, l’altra verità è che io, ai leghisti, sfuggo culturalmente. Faticano a controllarmi. Non intercettano il mio pensiero. Con tenerezza, gliel’ho detto: se non mi capite, se vi sto così sulle scatole, chiedete pure il mio licenziamento».
In commissione
«La lite in Vigilanza? Io ho la sapienza, chi mi accusa si intende solo di spese pazze»
Poi ha polemizzato duramente con Bruno Vespa.
«Un ricco giornalista leninista».
Leninista?
«Vespa, in Rai, impone il suo punto di vista. Che è, diciamolo, un po’ basico e…».
Non offenda Vespa.
«Guardi, non è colpa mia se Vespa non capisce che la tivù è cambiata. Per esempio: si sarà accorto che la stessa Rai, ormai, sapendo che la gente il sabato sera esce, manda tutte le sue cose più importanti, a cominciare dalla fiction su Montalbano, il lunedì sera?».
Io dico che se ne è accorto.
«Io, invece, penso di no. Non coglie i cambiamenti. E pensa solo al suo salottino».
Le ho chiesto di non offenderlo.
«Guardi, è un dato oggettivo: il mio programma “Povera Patria” era perfetto per il mercoledì, ma mi sono dovuto inchinare alla sua pretesa di non avere contro programmazione. Vespa non ha capito che lui, nel suo salotto bianco, parla di politica sottovoce, mentre noi ne parliamo ad alta voce e lateralmente. Sarebbero stati due programmi alternativi. Una cosa facile: ma niente, non l’ha capita».
Il colloquio con Freccero è durato a lungo. Altre notizie sparse: dice di andare d’accordo con tutto il settimo piano di viale Mazzini (quindi sia con Fabrizio Salini, l’amministratore delegato, sia con Marcello Foa, il presidente). E giura di non ricevere telefonate né da Luigi Di Maio, né da Davide Casaleggio. «Frequento uno solo, tra quelli lì: Di Battista. Ma l’ultima volta l’ho visto a pranzo ai primi di gennaio».
Ci ha lasciati tutti così, Dibba. Sul più bello.