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 2019  marzo 14 Giovedì calendario

Un’italiana fra le star di Davos. Intervista a Cristina Pozzi

C’è anche l’italiana Cristina Pozzi, 37 anni, co-fondatrice e amministratore delegato dell’azienda Impactscool (il nome va scritto così, senza la “h”), nel gruppo degli Young Global Leaders, cioè i leader del futuro scelti dal World Economic Forum (vedi il box in pagina). L’abbiamo intervistata.
Per lei è stata una sorpresa accedere a questo gruppo globale super selezionato?
«Sì, una sorpresa assoluta. Sono onorata di entrare in una “community” così prestigiosa. E adesso sento la responsabilità di cogliere al meglio l’opportunità di contatto con i leader del mondo, e la possibilità di arricchire la mia formazione e le mie competenze, per massimizzare l’efficacia di Impactscool».
Come definisce la sua attività? E perché Impactscool si scrive così?
«Sono un’imprenditrice sociale e una divulgatrice, ho anche pubblicato un libro, “Benvenuti nel 2050”. Il nome dell’azienda è senza “h” perché si legge “impact is cool”. Ho maturato un’esperienza in scenari futuri, in relazione alle tecnologie emergenti della quarta rivoluzione industriale: intelligenza artificiale, robotica, biotecnologie, stampa 3D, blockchain. Impactscool si pone l’obiettivo di “educare al futuro” e di rendere questi temi accessibili al più vasto pubblico possibile. Ma non si tratta tanto di comunicare competenze tecniche, quanto di apprendere la direzione del futuro cogliendone anche i risvolti umani ed etici».
Lei che formazione ha avuto?
«Non ho mai smesso di formarmi. Laureata alla Bocconi, ho fatto per due anni la consulente aziendale e per dieci l’imprenditrice in un’azienda di servizi al turismo da me fondata. Ma ho sempre continuato a seguire corsi, a cogliere tutte le opportunità di viaggiare, e adesso sono iscritta a filosofia. E ogni volta che do un esame ne ricavo molti spunti, sia per me stessa sia per quando mi trovo in aula a insegnare».
Perché come imprenditrice si definisce «sociale»? Vuol dire che fa solo attività non profit?
«No, facciamo molta attività non profit nelle scuole, ma non stiamo sempre a cercare finanziamenti per fare queste cose, facciamo anche molta formazione a pagamento per le aziende».
Per esempio?
«Per esempio ci può essere una società farmaceutica che sa tutto del suo ramo di attività ma non sa niente di blockchain e di come possa cambiare completamente il profilo dei suoi clienti. Spesso le aziende non hanno la visione d’insieme su quello che succede nel mondo. Mi capita di apprendere cose nuove in stage o viaggi all’estero, nuove tecnologie o nuove applicazioni, poi torno e le racconto a persone che lavorano nelle aziende, ma mi accorgo che a volte i miei interlocutori sono passivi, non capiscono come diventerà il loro business fra qualche anno, e così perdono l’oppotunità di crescere. Noi diamo alle aziende questo tipo di formazione, sull’intelligenza artificiale, sulle nanotecnologie eccetera, e più in generale su dove si sta dirigendo il futuro del mondo».
Bene, lei si incarica di dare la sveglia alle aziende. E agli studenti, ai ragazzi?
«Ne ho formati 11 mila in 130 eventi, dai 14 anni in su. Lo scopo è comunicare loro questo tipo di formazione in modo critico, analitico, creativo, abituandoli a ragionare e anche a parlare in pubblico, perché qualunque visione del futuro resta sterile se non si riesce a comunicarla».
Reagiscono bene?
«Sì, si mostrano molto interessati, e alla fine chiediamo loro di esprimere quale sia l’immagine del futuro che hanno concepito, nel modo che vogliono: a volte è a voce, a volte attraverso uno scritto, più spesso con un filmato».
Sa già dove andrà come Young Global Leader?
«Harvard, Oxford, Singapore, ma anche in tanti altri posti, e persino in Groenlandia».