La Stampa, 14 marzo 2019
Vent’anni schiava del finto sociologo
Vent’anni schiava. Vittima di prepotenze, abusi e tormenti, tenuti insieme dal filo della millanteria. Ridotta ai minimi termini fisici e morali. Il paesaggio della sua giovinezza devastato e irrecuperabile. Poiché gli inquirenti, giustamente, non ne forniscono le generalità, la chiameremo Italia. La sua storia è unica e al tempo stesso esemplare, diventa comprensibile proprio laddove è più incredibile.
La parte divenuta oggetto di cronaca comincia nel 1998, a Gioia Tauro, in Calabria. All’epoca il porto era una speranza, vi attraccò in quell’anno la Regina Maersk, la più grande nave porta container del mondo e i cassoni movimentati raggiunsero quota due milioni. Poi le infiltrazioni mafiose hanno rallentato il traffico, almeno quello legale. Sindaco della città era Aldo Alessio, che annunciava il vento della primavera reggina. In seguito a più commissariamenti che successioni, ha ripresentato la propria candidatura per le prossime elezioni, appellandosi a un refolo di onestà. La squadra di calcio locale retrocesse in Promozione. Assunte diverse denominazioni, ancora lì combatte.
Dopo vent’anni di solitudine, Italia ha invece avuto un sussulto che può cambiare il finale della sua vita. In quel 1998 si aggirava, cercando di rendersi utile, in un centro anziani. Più che dare aiuto, avrebbe avuto bisogno di riceverlo. Era esile, instabile, non mangiava e quel che mangiava rigettava. L’anoressia era uno dei mali del decennio, coniugato al femminile, trattato in decine di libri. Quando Emma Woolf, nipote di Virginia, pubblicherà «Alla fine di un lungo inverno. Come l’amore mi ha liberato dalla prigione dell’anoressia», la giovane Italia, a causa della sua sofferenza e di un malinteso sentimento, nella sua prigione si trova da quindici anni.
A notarla nel centro anziani è stato un uomo molto più grande di lei, già cinquantenne, di cui vengono ora fornite soltanto le iniziali: R.R.. E’ lui ad avvicinarla interessandosi al caso. Approfitta della sua ingenuità e dice di poterla aiutare a guarire perché se ne intende, assicura, in quanto è un «sociologo». Ora, ci sono molte qualifiche verificabili, professioni che hanno un ordine, una dimostrabilità nella pratica. Fingersi medico o pilota di aerei comporta il rischio dello smascheramento alla prova dei fatti. Come si qualifica un sociologo? Quelli che dal 1998 a oggi sono apparsi nei talk televisivi con il sottopancia in questione hanno detto la loro su molte cose, qualcuno probabilmente anche sull’anoressia. Ci sono poi cose che aiutano a credere: non tanto piccole dimostrazioni di sapienza o di portento quanto regalie che nessuno o quasi rifiuta volentieri.
Non certo i familiari di Italia, che accolgono con soggezione e rispetto R.R., ma soprattutto la sua generosità. Una lezione di sociologia la impartisce: l’uomo magnanimo se smette di elargire perde il suo fascino. Non così quello potente, ammanicato. Racconta allora di avere affiliazioni di ogni sorta, di essere massone, intimo di vescovi e magistrati. Nel ricatto della massoneria che tutto risolve cascò il borghese piccolo piccolo di Vincenzo Cerami interpretato da Alberto Sordi per Mario Monicelli. Figurarsi a casa Italia. Chiudono gli occhi tutti quanti mentre il «sociologo» soggioga la giovane, mentre lei diventa una donna matura, rimane incinta del suo persecutore e si sottopone docilmente al rischio di un aborto clandestino. La sua volontà è annullata senza che né i genitori né la sorella intervengano per riscattarla, neppure quando nella vicenda si aggiunge un compare del «sociologo», identificato come F.R.D, attualmente di anni 55. Non la aiuta l’ambiente: sa che, se la storia si diffondesse, a essere incolpata, «disonorata», sarebbe lei. E poi quella minaccia: a chi vuoi rivolgerti? Al prete? Al magistrato? «Tutti amici miei. Tutti massoni come me».
Perché certe affermazioni risultino credibili non occorre la dabbenaggine di chi le ascolta, basta il passato, l’accaduto in quei luoghi, ciò che si sono rivelati i predecessori. Eppure succede sempre che a un certo punto gli oppressi, siano un individuo o un popolo, si ribellino e succeda quel che succeda. Ma come, sopporti per vent’anni e un giorno dici basta? Esatto, così. La vittima si chiama fuori dal ruolo, dice semplicemente no, mai più. Il «sociologo» e il compare la seguono, controllano, minacciano, ma lei non ha più niente da perdere: massoni o tuttologi che fossero, li denuncia.
Le indagini di polizia confermano gli estremi per i reati di riduzione in schiavitù e atti persecutori. Scattano due arresti. Ora si esaminano le loro altre attività: si sospetta che trafficassero anche in quella merce che arriva al porto di Gioia Tauro dalla Colombia, la facessero girare nelle strade piene di buche e spazzatura che aspettano una nuova primavera, dopo che più d’uno avrà detto: basta, mai più.