la Repubblica, 14 marzo 2019
Processo all’aspirina
È utilizzata in vari dosaggi in tutto il mondo Previene infarti e ictus e per molti è un salvavita Ma non per tutti. E uno studio instilla il dubbio C ome lavarsi i denti o chiudere la porta di casa. Lo si fa senza pensarci. Un gesto automatico, mezzo bicchiere d’acqua e la pillola va giù. Ma non è quella che si prende quando si è malati e si deve affrontare per tre giorni o una settimana una cura che ti restituisca alla normalità. No, in questo caso parliamo dell’aspirina della prevenzione, anzi dell’aspirinetta degli italiani o della cardioaspirin low- dose degli anglosassoni. Una quantità minima che oscilla – dipende da Paesi e protocolli diversi – dalla dose quasi omeopatica di 30 milligrammi a quella piena del Belpaese di 100 o al dosaggio degli americani che, chissà perché, si affidano a una cifra dispari, 81 mg appunto.
CARDIOPATICI E OVER 50
Con un’autosomministrazione quotidiana si cimenta una fitta schiera di seguaci, da una parte i cardiopatici sempre all’erta per scongiurare il peggio e dall’altra gli over 50-60, in buona salute ma attenti alla prevenzione. Proprio lei, quella prevenzione che da decenni gli specialisti promuovono come unica arma per difendersi da arteriosclerosi e sue conseguenze, infarto e ictus prima di tutto. Così l’aspirina scende in campo con una delle sue innumerevoli e quasi magiche prerogative. Tra queste, la capacità di rendere il sangue più fluido e dunque meno esposto alla formazione di trombi, quei maledetti coaguli che sembrano organizzarsi per mettere a rischio le coronarie. Eppure, nonostante il dato assodato del valore preventivo dell’acido acetilsalicilico, non mancano elementi di discussione tra gli esperti. Che, senza metterlo sotto accusa, stanno cercando di capire se nella prevenzione primaria dei soggetti indenni da cardiopatia ischemica i vantaggi dell’aspirina assunta ogni giorno per proteggere cuore e coronarie siano maggiori dei rischi, in particolare quello di emorragie causate da un più facile sanguinamento.
PERICOLI E BENEFICI
Su Jama è stata pubblicata una metanalisi che, firmata da Sean Zheng dell’Imperial College e Alistair J. Roddick del King’s College di Londra, ha esaminato 13 studi sul rapporto tra l’utilizzo dell’aspirina nella prevenzione primaria degli infarti miocardici e gli eventi emorragici. Insomma, sono più i benefici o i rischi? Sotto la lente d’ingrandimento sono finiti 164mila 225 partecipanti, età media 62 anni ( range 53- 74), di cui 77501 (47%) uomini e 30361 (19%) affetti da diabete. Dai risultati è emerso un 11% in meno del rischio di eventi cardiovascolari (mortalità, infarto e ictus) a cui però si contrappone il 43% di maggior rischio di emorragie.
Non solo. Anche i dati singoli suggerirebbero la bontà della profilassi. Sempre in prevenzione primaria infatti l’analisi finale si identifica nella riduzione del 15% del rischio- infarto e del 19 del rischio-ictus. Il primo però a esprimere qualche perplessità è lo stesso autore. Dice Zheng. «I risultati dimostrano i vantaggi dell’aspirina in prevenzione primaria, ma rivelano pure maggior probabilità di sanguinamenti. E tutto ciò ci pone di fronte a un serio dubbio, cioè se convenga o meno somministrarla a soggetti che non hanno avuto cardiopatia ischemica per preservarli dalla minaccia di un potenziale infarto o ictus».
Oltretutto, gli esperti si interrogano pure sull’effettiva validità della metanalisi strutturata su una posologia disomogenea dell’aspirina ( da 50 a 500 mg), in contrasto con la somministrazione consueta di 100 mg al giorno. «In effetti, si tratta di una valutazione priva di certezze assolute – osserva Furio Colivicchi, direttore di Cardiologia del San Filippo Neri di Roma – perché è un po’ come mettere a confronto le mele con le pere. Mi spiego. Gli studi analizzati, molto diversi tra loro e condotti in epoche storiche diverse (alcuni più recenti, altri datati), hanno considerato gruppi di pazienti eterogenei. Il risultato complessivo è dunque una generica indicazione, da cui emergono dati in gran parte già nota agli specialisti».
PROFILO INDIVIDUALE
È proprio questa riflessione a indirizzare verso una prevenzione da modulare sul profilo individuale. Ancora il cardiologo: «Dobbiamo stimare la probabilità di possibili ictus e infarto, ricorrendo agli algoritmi disponibili, come la Carta italiana del rischio Cardiovascolare del progetto Cuore. Sono strumenti che consentono di definire il rischio assoluto di patologie acute». Intanto, tra numeri e punteggio da assegnare, c’è chi pensa al peggio a ogni nuovo livido o ematoma, paura ingiustificata? «Capisco, ma non c’è da preoccuparsi se il numero di piastrine rientra nella norma – precisa Colivicchi – si tratta di un fenomeno marginale causato dalla terapia. Ma la vera minaccia sono le emorragie interne, soprattutto le gastrointestinali. E anche in questo caso ci sono segnali di allerta, come la presenza di sangue occulto nelle feci o disturbi a carico dello stomaco».