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 2019  marzo 14 Giovedì calendario

Intervista a Tommaso Paradiso

L’appuntamento suona un po’ come un evento: Thegiornalisti saranno la prima band italiana in concerto al Circo Massimo, a Roma, il 7 settembre, a conclusione di un tour quasi interamente sold out che riparte il 26 marzo: «Beh, detta così suona molto grossa», dice Tommaso Paradiso, cantante della band romana che, in pochi anni, ha conquistato i vertici delle classifiche e ha trasformato lui in uno degli autori più richiesti.

Dopo Springsteen, Roger Waters, la Pausini, ora è il turno dei Thegiornalisti: «In realtà non so come sia successo, me l’hanno proposto e io mi sono detto che se proprio avessi voluto una ciliegina sulla torta quello sarebbe stato il luogo giusto. Ho abitato sempre accanto allo Stadio Olimpico, ma suonare lì mi sarebbe sembrato più impersonale, il Circo Massimo è un’altra cosa…».
Ci si potrebbe legittimamente montare la testa...
«Non credo che mi monterò la testa, non l’ho fatto fino ad ora. Faccio quello che faccio sempre, vado a correre, la gente m’incontra e mi saluta, e tutto procede come al solito. Continuerà così».
Che meriti pensa di aver avuto in questa clamorosa ascesa?
«Innanzitutto abbiamo avuto quel colpo di fortuna che non manca mai nelle storie a lieto fine. E poi abbiamo scritto qualcosa che fosse in sintonia con le persone, canzoni che, lo dico con grande piacere, sono trasversali, piacciono ai bambini e ai nonni».
Una trasversalità cercata?
«La mia idea dell’arte, musica, pittura, cinema, è che le opere debbano essere estremamente accessibili. Mi piace che l’arte sia di facile fruizione ma anche che porti un messaggio positivo, importante. Io dico che quando un bambino guarda Michelangelo lo trova accessibile, o quel “ta ta ta ta” di Beethoven ti resta in testa, tutti lo conoscono e tutti pensano sia pazzesca. Ecco, trasmettere bellezza al maggior numero di persone, questo cerco di fare».
Nelle sue canzoni c’è anche una forte carica generazionale.
«Forse siamo stati in grado di interpretare i sentimenti di una generazione perché ne facciamo davvero parte. Siamo cresciuti in mezzo alla gente, è difficile scrivere canzoni stando chiusi dentro casa. Certo è che se non parli alla tua generazione è difficile che tu riesca a parlare a qualcun altro…».
Vi ha aiutato il cambiamento nel pubblico degli ultimi anni, che sembra aver ritrovato curiosità nella musica italiana.
«Sì, abbiamo visto una esigenza del pubblico e l’abbiamo colta, dopo trent’anni senza una vera canzone d’autore di rilievo, insieme raffinata e popolare. Il pubblico chiedeva quello, noi e altri l’abbiamo semplicemente fatto».
Cosa pensa della proposta di avere quote obbligatorie di musica italiana nelle radio?
«Non ce n’è bisogno, le radio già passano sufficiente musica italiana. Non metterei nessun vincolo a chi vuole fare la sua trasmissione radiofonica con musica spagnola inglese, francese, danese o italiana, non va imposto niente a nessuno quando si parla di arte e di musica».
Arte e musica? Anche nel pop?
«La libertà è il dono più grande e nell’arte si deve esprimere tutta, per un artista è un dovere essere libero, quindi anche passare dal serio al faceto, da un tema all’altro. Mi piace l’idea che chi ci ascolta sia curioso».
C’è spazio anche per la politica?
«Perché no? È ingiusto dire all’artista che si espone “pensa a fare il regista o il cantante”. Siamo esseri liberi, normali cittadini e abbiamo le nostre idee. Siamo liberi di dire quello che pensiamo, nel rispetto delle opinioni altrui, e credo abbia un senso mandare messaggi attraverso le canzoni, le interviste, i post su Facebook. Lo facciamo, si può fare».
Come è nato il singolo “La luna e la gatta” con Takagi e Ketra firmato “The Barboodos”, ovvero lei, Jovanotti e Calcutta?
«È una di quelle cose che accadono per caso ma devono accadere. Io collaboro con Takagi e Ketra da anni, avevano realizzato una base molto anni 70 e io in una decina di minuti ho scritto melodia e parole. Appena finita però mi sono detto che non la dovevo cantare da solo e che era perfetta per Lorenzo. L’ho chiamato, è impazzito e l’ha cantata. Per il ritornello ho pensato a Calcutta, un amico. Perché fare duetti quando non c’è feeling? Non è meglio fare le cose con gli amici?».
Che spettacolo sarà al Circo Massimo?
«Saremo epici e in qualche modo sempre gli stessi, ci saranno ovviamente sorprese, cercheremo di coinvolgere quelli con i quali abbiamo fatto parte del nostro percorso artistico. Sarà una festa, per i quasi dieci anni insieme».
Una festa anche per Roma.
«Sì, vorrei che fosse un momento anche per celebrare questa città soffre un po’ troppo. Quando vado a correre, mai la stessa strada, vedo Roma con i miei occhi. È una bestia sofferente, un cane ferito, dobbiamo aiutarla».
E il futuro di Paradiso?
«Vorrei continuare a scrivere, che sia musica, canzoni, libri, quello che capita, adesso con due sceneggiatori sto lavorando a un film, una cosa bella».
Di che parla?
«È una storia d’amore, di quelle che racconto io, dove c’è certamente tanta gioia ma anche malinconia».
Una nuova vita dunque?
«No, fare l’autore di canzoni è la cosa che mi piace di più al mondo».