La Stampa, 13 marzo 2019
Berremo l’acqua della Luna
L’acqua, risorsa vitale e non soltanto terrestre. Ce n’è anche sulla Luna, ai poli, e in grande quantità. Sotto forma di ghiaccio misto a terreno. Quando sarà opportunamente trattata, potrà servire per gli specialisti delle future basi lunari e poi per gli abitanti delle colonie che verranno.
Quello dell’uomo sulla Luna non sarà un ritorno nello stile pionieristico di 50 anni fa, ai tempi dell’Apollo 11. Il primo sbarco di Neil Armstrong e Buzz Aldrin il 20 luglio 1969 - e soprattutto quelli successivi, con l’ultimo di Gene Cernan e Harrison Schmitt nel dicembre 1972 - fu la dimostrazione che l’uomo può vivere e lavorare sul nostro satellite. E ora i progetti per un approccio integrato e di lungo periodo si moltiplicano: dalla Nasa all’Esa, passando per la Cina e il Giappone, le agenzie governative studiano programmi di esplorazione e di sfruttamento. E non mancano i privati, come dimostra il caso della sonda israeliana «Beresheet».
È la nuova logica della «Space Economy», il grande business nascente dello spazio e dello sviluppo delle tecnologie che ci portano oltre l’atmosfera terrestre. Protagoniste non solo le grandi aziende, ma anche piccole e medie imprese, oltre a tante start-up. Di tutto il mondo. Il loro impegno proiettato tra le stelle sarà determinante anche per il benessere sul nostro Pianeta. È di questi scenari che si è parlato nel workshop alla Sda Bocconi di Milano: intitolato «Mining the Moon for profit», è stato organizzato assieme a Space Policy Institute e See Lab, con la partecipazione di molti specialisti. Insieme hanno presentato idee e opzioni per l’imminente ritorno sulla Luna e che avverrà prima con lo sviluppo di una stazione lunare internazionale (con Europa e Italia protagoniste) e poi con gli sbarchi umani e con veri e propri insediamenti. «Scopo del convegno - spiega Andrea Sommariva, professore della Sda Bocconi e coordinatore dei lavori - è fare un primo passo per capire quanto lo sfruttamento delle risorse lunari possa essere importante, non solo dal lato scientifico, ma da quello economico e istituzionale e nell’ambito del diritto spaziale».
Un tema-chiave è la presenza del ghiaccio d’acqua ai poli: la Luna appare oggi un corpo celeste assai meno desolato di quanto sembrasse agli astronauti dell’Apollo 12 che, nel novembre 1969, si dissero tra loro, in modo provocatorio: «Ma è tutto qui?». «Oggi collaboriamo a un progetto per ottenere acqua dal ghiaccio sulla Luna - spiega Edoardo Vittori, di See Lab - e riguarda l’installazione di specifiche strutture». Grandi specchi convogliano la luce solare sul ghiaccio, «che si trova in zone non esposte, e convogliano l’umidità», aggiunge lui, che è «figlio d’arte spaziale», dato che il padre, Roberto, è astronauta dell’Esa. «Le rocce lunari sono ricche di silicio e ossigeno, ma anche titanio, alluminio e altri metalli», sottolinea Giancarlo Genta dell’Accademia Internazionale di Astronautica. E quelle rocce, quindi, saranno decisive anche per le colonie. «Saranno realizzate con le tecniche dell’additive manifacturing grazie a sistemi robotizzati. Tutto in breve tempo - sottolinea Genta -: saranno veri e propri igloo semi-interrati per proteggere gli occupanti dalle radiazioni e dalle meteoriti».
Nel frattempo è pronto il progetto della stazione cislunare, con l’Europa e le aziende, tra cui molte italiane. «Sarà una piattaforma importante per iniziare la nuova fase di esplorazione - dice Maria Antonietta Perino di Thales Alenia Space -: così si invieranno sulla superficie i primi veicoli e servirà anche da trampolino di lancio per Marte. Partire dalla Luna significa un risparmio notevole in termini di dimensioni dell’astronave e di quantità di carburante per la traversata interplanetaria».
«Quello di Milano è un evento importante, che ha messo in risalto gli sforzi che le grandi aziende aerospaziali stanno mettendo in atto per lo sfruttamento dello spazio e in particolare della Luna - commenta Remy Cohen, professore dell’Università Lum “Jean Monnet” e membro dell’Enterprise Advisory Board -. È significativo l’impegno della finanza privata, prima di tutto nel contesto statunitense, per accelerare i programmi di esplorazione lunare. Ed è anche importante sottolineare i progressi delle tecnologie robotiche e di miniaturizzazione dei processi».
Se le risorse lunari sembrano abbondanti ed a alto valore per la Terra - conclude Cohen - «il modello finanziario è ancora embrionale e sottoposto a troppe ipotesi ottimistiche: è bene, comunque, che si ragioni in termini di finanza, oltre che di frontiere high tech».