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 2019  marzo 12 Martedì calendario

Le persone troppo intelligenti non si sposano

Com’era la storia per cui dietro un grande uomo c’è sempre una grande donna? Ma per carità, almeno nel territorio del pensiero questa regola fallisce spesso, a conferma che le strade di matrimonio e filosofia, di amore e intelligenza difficilmente collimano. Anzi, spesso si è costretti davanti a un bivio: o l’una o l’altra, aut-aut direbbe Kierkegaard, perché un conto è sposarsi un conto è filosofare, e le due cose insieme generano contraddizione. Alla strutturale incapacità di numerosi pensatori della storia di convolare a nozze e di stringere un patto coniugale contribuiscono diversi fattori: in primis l’inconciliabilità della vita del pensiero con una noiosa esistenza borghese, dato che non puoi predicare di giorno la volontà di potenza e poi metterti a sera a guardare la tv sul divano insieme alla tua consorte; in secondo luogo, c’è il fascino del pensatore, la seduzione esercitata dall’intelligenza che lo porta ad accettare molto a fatica la condizione di monogamia; a rovescio, però, c’è anche l’inettitudine del filosofo, la goffaggine nella prassi tipica di chi si inoltra nei sentieri della mente, quasi che l’esercizio del pensiero inibisca l’attività stessa di vivere e amare.

UN CATTIVO AFFARE
Comunque sia, per un filosofo, il matrimonio resta un cattivo affare. Lo è da quando il precursore della filosofia occidentale, Socrate, prese in moglie Santippe e, per sua stessa ammissione, non fece una grande scelta tanto da dichiarare: «Sposati: se trovi una buona moglie sarai felice; se ne trovi una cattiva, diventerai filosofo». Lui infatti diventò filosofo. Da quel momento in poi l’intera storia della filosofia è costellata di pensatori scapoli che avrebbero potuto sposarsi ma non vollero, da Platone a Spinoza, da Eraclito a Leibniz, forse perché – come lasciava intendere Nietzsche – buon filosofo è colui che non si ammoglia. Ma questa petizione di principio nasceva verosimilmente da una sua cocente delusione personale, da quell’amore non ricambiato per l’ammaliante Lou Von Salomé, che fece ammattire di desiderio e di gelosia uno stuolo di intellettuali e che con Nietzsche e col suo amico Paul Rée mise su uno strano sodalizio (culturale) a tre, una sorta di triangolo amoroso senza sesso, che contribuì a portare il primo alla follia e il secondo al suicidio. Campione di fallimenti amorosi e di incapacità di convolare a giuste nozze fu anche Giacomo Leopardi, che almeno seppe sublimare le sue sventure sentimentali facendone scrittura, come capitò con Fanny Targioni Tozzetti, dal cui rifiuto trasse ispirazione per la raccolta di poesie Ciclo di Aspasia. Altri pensatori provarono a mettere su un rapporto matrimoniale, ma si ritrassero prima del tempo, intuendone i rischi e le possibili fregature. Kierkegaard, ad esempio, era destinato a una serena vita di coppia con la sua Regina Olsen, ma ruppe il fidanzamento per dedicarsi anima e corpo alla sua vita di pensatore e ai suoi travagli religiosi. Pure Cartesio, che amava starsene in solitudine a elaborare il suo Metodo in compagnia di una stufetta, alla fine si fece convincere dalla regina Cristina di Svezia ad andare a trovarla in Scandinavia; ma si rese conto della pessima scelta non appena, una volta arrivato a Stoccolma, quella lo lasciò marcire di freddo in un’abitazione di periferia. Forse prevedendo questi guai, Kant si impose una vita di castità e indifferenza verso il gentil sesso, un’esistenza pura come la sua Critica della Ragione: non che fosse asessuato, più che altro conosceva l’indole femminile. «Il carattere della donna», scriveva, «è di aspirare, con la propria influenza sull’uomo, alla libertà e insieme alla conquista di tutto il sesso maschile». Insomma, il filosofo di Königsberg non si sposò per risparmiarsi possibili corna… Passava per misogino pure Schopenhauer, uno di cui si diceva avesse avuto molteplici relazioni amorose, e che probabilmente coltivava il disprezzo verso le donne tipico degli sciupafemmine.

FIGLI E CONFUSIONE
D’altronde, anche chi si imbarcò in una vera e propria vita matrimoniale non ebbe sorte molto più felice. Giambattista Vico mise al mondo otto figli e, circondato da quelli, in un contesto familiare a dir poco rumoroso di cui si lamentava, cercò di imbastire in qualche modo la sua Scienza Nuova; anche Rousseau ebbe molti figli, ben cinque, ma poi li abbandonò, proprio lui che, a parole, pretendeva di dare lezioni di pedagogia… Non esattamente un matrimonio riuscito fu quello di Heidegger, che cornificò ripetutamente la moglie Elfride con la discepola Hannah Arendt, a testimonianza che non basta barricarsi nelle riflessioni sull’Essere e il Tempo per non cedere alle pulsioni della Carne. Pessimo marito al punto da diventare un femminicida fu poi il filosofo marxista Louis Althusser che strangolò la moglie e non ne scontò neppure le conseguenze, visto che venne dichiarato infermo di mente (lui che era un pensatore…). Certo, a fronte di queste storie, è giusto anche raccontare due eccezioni positive. La prima è quella del filosofo Emanuele Severino che ha speso un’intera vita con la moglie Esterina, cui ha dedicato un amorevole libro intitolato Il mio ricordo degli eterni, dove eterno, più che il suo venerato Essere parmenideo, è l’amore per la consorte; la seconda è la storia di un certo Italo Spinelli che a 82 anni, dopo la dipartita della moglie, ha deciso di laurearsi in filosofia per trovare un senso al lutto e «capire dove lei è finita». Perché la filosofia offre un sostegno quando la donna amata non c’è più e, dopo avere sceso un milione di scale dandole il braccio, ci si accorge che ora è il vuoto ad ogni gradino…