Corriere della Sera, 12 marzo 2019
Una Violetta nera alla Traviata. Intervista ad Angel Blue
«Mi spiace, non succederà mai. Non può esistere una Violetta nera». Dura sentirselo profetizzare se hai vent’anni, la pelle scura e una disperata voglia di essere Traviata. Ma la maestra di canto non aveva fatto i conti con la determinazione di Angel Blue. Quattro anni dopo l’affascinante soprano californiana debuttava nel capolavoro verdiano. Edizione forse non memorabile, a Seul, ma abbastanza per infrangere il tabù. Altre cinque produzioni sono seguite, Angel ha amato, ha pianto, è morta tante volte tra le braccia di Alfredo. E da stasera arriva alla Scala, in quel ruolo a lungo inseguito.
La storica edizione Cavani, Marco Armiliato sul podio, nel cast Francesco Meli e Placido Domingo. E lei, prima Violetta nera al Piermarini. Come ci si sente?
«Come dentro un sogno sognato tutta una vita. Ci credevo solo io, ma ci credevo tanto. Sono felice e un po’ spaventata. Sono nel tempio della lirica, nel cuore dell’opera, tra via Verdi e via Boito. Con i fantasmi delle grandi dive che mi guardano».
Le voci che da bambina l’hanno fatta innamorare di «Traviata».
«Nella mia città, Apple Valley, non esistevano teatri. Il mio primo approccio con la musica sono stati i gospel: mio padre era un pastore evangelico, a 4 anni già li cantavo in chiesa. Ma papà amava anche l’opera, su un vecchio giradischi mi faceva ascoltare Maria Callas e Anna Moffo. E un giorno mi portò al conservatorio di Cleveland, dove facevano Turandotin forma di concerto. Ne fui così colpita che alla fine scoppiai a piangere. Gli dissi che avrei voluto diventare anch’io come quella donna che cantava dentro un cerchio di luce. Mi rispose: se vuoi potrai esserlo».
Una frase talismano che l’ha aiutata a superare ogni ostacolo.
«Mi sono iscritta a un master di interpretazione lirica a Los Angeles, ho studiato pianoforte, sax, chitarra, ho frequentato corsi di recitazione. Ho fatto teatro, il Sogno di una notte di mezza estate, i Monologhi della Vagina... Per mantenermi agli studi ho sfilato come modella, ho partecipato a concorsi di bellezza, la corona di Miss Hollywood o quella di Miss Bikini mi sono servite a pagare l’università».
Nessun imbarazzo in passerella?
«Anzi! È stato molto gratificante. Da ragazza mi sentivo goffa, alta più del nomale, troppo robusta. I compagni mi bullizzavano. Poi il mio corpo è cambiato, da Cenerentola mi sono scoperta principessa. La bellezza è negli occhi di chi ti guarda ma anche dentro di te».
Un’arma a doppio taglio, ha rischiato molestie?
«Ci hanno provato, ma ho imparato a tenere le debite distanze. Se qualcuno si permettesse di andare oltre non esiterei a denunciarlo».
Cosa pensa di Violetta?
Il razzismo
Trump ha creato
un clima di diffidenza pericoloso, ha messo
gli uni contro gli altri
«Che nell’animo mi somiglia. Il suo Sempre libera è anche mio. Ma la libertà spesso si paga cara, il mio mestiere mi porta lontano, la solitudine a volte pesa. A confortarmi è il pensiero che a casa ho un marito e un figlio che mi aspettano».
E se suo marito le chiedesse di rinunciare alla carriera?
«Mai. Il canto è la mia vita. Come Tosca, che interpreterò quest’estate al festival di Aix, anch’io vivo d’arte. Mio marito lo sa, quando è arrivato l’invito della Scala, è stato il primo a dirmi: vai!».
«Angel Joy Blue, un nome d’arte?
«No, il mio! Mia madre avrebbe voluto chiamarmi Tiffany ma poi guardando tra le nuvole ha intravisto le ali di un angelo. Blue è il cognome di mio padre e Joy perché la mia nascita lo è stata per i miei».
A parte loro, a chi sente di dover dire grazie?
«A Placido Domingo. Il suo concorso Operalia mi ha dato l’occasione per emergere. In breve, i grandi teatri, da Vienna a Monaco a Valencia, mi hanno aperto le porte. E poi la Scala. Dove ho già cantato in Bohème e in Porgy and Bess».
E stasera «Traviata». Chi vorrebbe in sala?
«Mio padre. È morto troppo presto ma è sempre con me. Di certo verrà a sentirmi alla Scala».
Come si sente in un mondo dove il razzismo sembra risorgere?
«Trump ha creato un clima di diffidenza pericoloso, ha messo gli uni contro gli altri. Per certi versi mi ricorda Germont padre. Che entra nelle vite degli altri dicendo cosa devono fare. E le devasta con cinismo».