La Stampa, 12 marzo 2019
Intervista al profeta dei mormoni
Guardando alle difficoltà che dominano la nostra epoca, Russell Nelson vuole lanciare questo messaggio: «Le cose che ci uniscono sono molto più importanti di quelle che ci dividono». Il presidente e profeta della Chiesa di Gesù Cristo dei Santi degli Ultimi Giorni ci accoglie nel Tempio di Roma.
Peraltro, appena dedicato, per questa intervista esclusiva con La Stampa. Con lui ci sono la moglie Wendy, il primo consigliere Dallin Oaks con la moglie Kristen, e il secondo consigliere Henry Eyring. Mai prima l’intera leadership dei mormoni si era riunita fuori da Salt Lake City, e ciò sottolinea l’importanza attribuita a questa struttura che sorge su un’area di 6 ettari tra il Raccordo Anulare a via di Settebagni, completa di un centro per i visitatori, la Biblioteca di storia familiare, giardini e fontane aperti al pubblico.
Roma è il centro del cattolicesimo, perché l’avete scelta?
«Ogni volta che Dio ha comunicato con le persone sulla Terra desiderose di preservare i suoi comandamenti, ha promosso la costruzione di templi. In epoca biblica queste ordinanze erano amministrate da Mosè e da altri profeti, Salomone aveva costruito il tempio più famoso. In questo luogo si svolgono le cerimonie e le benedizioni più alte che Dio può dare al suo popolo, e il popolo italiano non fa eccezione: merita queste benedizioni. Il tempo è arrivato, e noi siamo molto grati per questo».
Quale idea ha ispirato la costruzione?
«Il Tempio di Roma è davvero unico, realizzato secondo la filosofia architettonica di Michelangelo. La maggior parte dei nostri templi sono diversi, uniformati alla realtà locale, ma le cerimonie sono le stesse e risalgono all’antichità, alle attività descritte nell’Antico Testamento. Sono cerimonie pensate per noi, e per chi ha vissuto prima di noi, dai battesimi ai sugellamenti delle famiglie per l’eternità. Il popolo italiano e quelli delle nazioni vicine saranno ispirati da questo edificio».
Perché avete voluto a Roma il tempio più grande d’Europa?
«Le dimensioni sono relativamente meno importanti. Il fatto rilevante è che abbiamo un tempio qui».
Lo considerate il punto di riferimento per l’intera regione?
«Sì. La gente che sta partecipando ai servizi viene anche dall’Albania, la Romania, e tante altre comunità vicine».
Uno dei temi sui cui intendete lavorare sono le migrazioni. Perché la giudicate una questione così importante?
«Non abbiamo avuto molte occasioni per discutere di migrazioni e rifugiati. Io ho avuto il privilegio di incontrarmi con Papa Francesco, e siamo entrambi preoccupati dalla piaga delle sofferenze umane, in tutto il mondo. Il problema dei rifugiati è una delle vere sfide di questi tempi, non solo in Europa, ma nell’intero emisfero occidentale».
Perché questo fenomeno accade ora?
«In America abbiamo il detto che l’erba del vicino è sempre più verde, ma le persone cercano vite migliori, più sicure, una realizzazione più piena delle proprie potenzialità. La religione può giocare un ruolo più ampio nell’aiutarle a definire il loro destino, e raggiungere le possibilità più alte».
Può raccontarci il suo incontro con Francesco?
«È stata un’esperienza meravigliosa per noi. Lo abbiamo trovato così caloroso, accogliente, e contento di fare la nostra conoscenza. Io ho grande rispetto per lui, credo che la Chiesa cattolica sia molto fortunata ad averlo come leader».
È vero che avete regalato un vostro documento sulla famiglia, e lui vi ha esortato ad insegnare ai bambini il rispetto dei nonni?
«Sì, è vero. Per noi la famiglia è l’elemento fondamentale della società. Lui ha usato la metafora del fiore, che è bello quando è legato alle sue radici, ma smette di esistere quando si stacca».
Volete avviare progetti comuni?
«Noi già collaboriamo con Catholic Charities nelle nostre attività umanitarie. Lo abbiamo fatto in 43 Paesi negli ultimi 35 anni, e intendiamo proseguire questa cooperazione».
C’è qualche obiettivo a cui volete dedicarvi in Europa?
«Siamo preoccupati per le sofferenze umane ovunque, che cambiano ogni giorno. La nostra gente vuole aiutare, contribuisce volontariamente al fondo per le attività umanitarie, generando risorse disponibili per dare aiuto molto rapidamente».
Durante un recente discorso in Arizona lei ha invitato i fedeli ad essere «differenti». Cosa intendeva, e perché il mondo necessita un indirizzo differente?
«La gente che crede in Gesù Cristo è diversa dal resto del mondo. È compassionevole, altruista, si sforza di essere il più possibile simile al Salvatore stesso. Noi incoraggiamo questo tipo di trasformazione, dall’individuo egoista che siamo alla nascita, alle persone compassionevoli che diventiamo crescendo».
Negli ultimi tempi la religione è stata spesso sfruttata dagli estremisti: come si contrasta questo fenomeno?
«Ogni religione ha la sua dottrina e la sue pratiche, ma le cose che abbiamo in comune sono molto più importanti di quelle che ci separano. Cattolici, musulmani, e membri della Chiesa di Gesù Cristo dei Santi degli Ultimi Giorni possono lavorare insieme, e lavorano insieme su progetti che aiutano l’intera umanità».