12 marzo 2019
Tags : Ornella Muti
Biografia di Ornella Muti
Ornella Muti (Francesca Romana Rivelli), nata a Roma il 9 marzo 1955 (64 anni). Attrice • «Figlia di madre estone con radici russe, i cui genitori emigrarono da Leningrado sul Baltico durante la Rivoluzione, e di un giornalista napoletano» (Niva Mirakyan). «Mio padre è morto che avevo dodici anni. Mi raccontava le storie, mi faceva mangiare con tanti scherzi, un uomo così allegro… Ed è morto che ero tanto piccola, e ne avevo così bisogno». «Nei miei sogni infantili, mi vedevo dottore: sì, volevo diventare pediatra, e dedicarmi ai bambini, alla loro salute, ai loro problemi». La svolta giunse inaspettata. «Mia sorella [Claudia (classe 1950), nota interprete di fotoromanzi – ndr] lavorava nella pubblicità. Andò a fare un provino per il film di Damiani, quello su Franca Viola, la ragazza rapita in Sicilia che poi non si volle sposare [La moglie più bella – ndr]. Io la accompagnai. Damiani ci vede e fa: “Voglio lei!”, indicando me. M’ha vista e m’ha presa. Avevo 14 anni. Una tragedia. Mi buttavano sul set: fa’ questo, fa’ quello. Per loro ero meno de ’na caccola. Dico io: damme du’ sberle, famme capì che devo fa’. Ero sconvolta. A casa piangevo, però mai davanti a loro» (a Giorgio Dell’Arti). «“Credevo fosse solo un piccolo momento che sarebbe terminato rapidamente, e che quindi sarei tornata a scuola come se nulla fosse successo. Sfortunatamente mio padre non c’era più, ma mia madre mi è stata molto vicina e mi ha anche sostenuto tanto, in quel momento e anche nel resto della mia carriera”. Perché ha cambiato nome? “Ho cambiato nome perché in quel periodo esisteva un’altra Rivelli molto famosa, Luisa Rivelli, e per non creare confusione mi hanno proposto Ornella Muti, a cui non ho dato tanta importanza, poiché, come dicevo prima, credevo che fosse solo un momento della mia vita, e che ben presto tutti sarebbero tornati a chiamarmi Francesca Rivelli”» (Mirakyan). «Francesca […] non voleva chiamarsi Ornella Muti perché era un nome che non le apparteneva, anche se Damiano Damiani era certo che quel nome che le aveva inventato l’avrebbe portata lontano» (Lucia Castagna). «Cominciare a fare cinema a 14 anni è un’esperienza crudele? “Non si può immaginare quanto. In una scena di La sposa più bella, china davanti a un cadavere, dovevo piangere ma non ci riuscivo. Damiani mi mollò un ceffone. Rimasi così traumatizzata che ancora oggi, quando sul set mi chiedono le lacrime, resto bloccata”. Dopo quello schiaffo cosa è successo? “Mi presentai al provino per Madame Bovary, ma fuggii spaventata quando mi chiesero nuovamente di piangere. Presero Jenny Tamburi. Fu Giorgio Stegani, che mi diresse in Il sole nella pelle, un film girato d’estate in barca, a riconciliarmi con il cinema”» (Gloria Satta). «Io e Alessio Orano, che poi sposai, eravamo due Robinson alla deriva tra Ponza e Palmarola. Giorgio si divertiva a farci recitare, e noi ci sentivamo protetti. Niente di meglio per superare lo choc iniziale del debutto con Damiani». «Oltre a lanciarla, la pellicola di Damiani inaugura il primo dei due filoni che, per tutti gli anni ’70 e ’80, faranno della Muti una delle attrici più […] richieste: quello impegnato, appunto, è costituito anche da capolavori quali Romanzo popolare, diretto nel 1974 da Mario Monicelli, […] L’ultima donna, di Marco Ferreri, per cui recitò anche in Storie di ordinaria follia, ’81, e Il futuro è donna, ’84, La stanza del vescovo, ’77, di Dino Risi, al fianco dell’amico e partner professionale forse più amato, il grande Ugo Tognazzi, Un amore di Swann, ’83, con Alain Delon e Jeremy Irons, Cronaca di una morte annunciata, ’87, di Francesco Rosi, in cui condivise il set con Rupert Everett e Gian Maria Volonté, e Codice privato, del 1988, di Citto Maselli, che le valse la vittoria di un Nastro d’argento e la nomination come migliore attrice protagonista agli European Film Awards, gli Oscar europei; l’altro, leggero, è rappresentato da commedie gradevoli e di successo come Il bisbetico domato, del 1980, primo dei due film interpretati in coppia con Adriano Cementano, […] Un povero ricco, del 1983, per la regia di Pasquale Festa Campanile e con Renato Pozzetto, Tutta colpa del paradiso, ’85, con Francesco Nuti, e Io e mia sorella, ’87, di Carlo Verdone, con cui trionfò di nuovo ai Nastri d’argento, segnato da una evidente corda malinconica. Nei decenni successivi, per la Muti, che nel frattempo era riuscita anche ad imporsi a Hollywood - girò qualche pellicola, tra cui il cult fantascientifico Flash Gordon –, le partecipazioni si diradano un po’» (Giacomo Perra). Tra le pellicole più rilevanti dell’ultimo trentennio: Il viaggio di Capitan Fracassa di Ettore Scola (1990), L’amante bilingue di Vicente Aranda (1993), Panni sporchi di Mario Monicelli (1999), Domani di Francesca Archibugi (2000), Civico zero di Citto Maselli (2007), To Rome with Love di Woody Allen (2012), Notti magiche di Paolo Virzì (2018). Nel frattempo, nel 2011 ha debuttato a teatro, con L’ebreo di Gianni Clementi, diretta da Enrico Lamanna. «Un testo impegnativo in cui interpreto una donna, prestanome e intestataria di una fortuna che non le appartiene ai tempi in cui i beni degli ebrei erano sequestrati. Ho un ruolo difficile, metto in scena una figura orrenda. Quando me lo proposero, quasi mi offesi. Poi ho incontrato Lamanna. Mi ha conquistata. Quando ti racconta una storia, sembra viverla davvero» (a Malcom Pagani e Fabrizio Corallo). «La prima è stata difficile: avevo tanta tensione, paura di scordare un pezzetto, perché non l’avevo mai fatto prima. Però è stata un’esperienza molto bella». Ha quindi continuato a calcare le scene: attualmente, «in palcoscenico sta interpretando una donna lesbica, ambientata in un’epoca in cui l’omosessualità era un vero problema: non a caso La governante di Vitaliano Brancati, scritta a metà anni ’50, fu censurata. “Quando mi è stata proposta dal regista Guglielmo Ferro, ho avuto dei dubbi: dovevo entrare in una psicologia che non mi appartiene, non capivo come dovevo impersonare Caterina Leher, una donna che si innamora di una ragazza nell’ambito di una famiglia siciliana. Ho dovuto affrontare un grande lavoro di compenetrazione. Spero di esserci riuscita”» (Emilia Costantini). Inoltre, nel settembre 2018 «ha […] partecipato a uno spettacolo kolossal al Cremlino, The Crystal Palace, “molto molto costoso, in cui c’era tutto: il balletto classico, il dramma, la lirica. In scena con me c’erano due prime ballerine del Bolshoi, l’étoile di un altro teatro, coreografie pazzesche”. Lei faceva l’imperatrice. “Ho anche ballato. Per gli artisti del Bolshoi l’arte è la vita: c’era una grande emozione. È stato bellissimo condividerla. Alla fine nei camerini c’era un mare di fiori. Li ho regalati alla sarta; era felice”. […] Sua madre è russa: va alla ricerca delle radici? “La mia non è solo una ricerca romantica: direi che è essenziale, quando sei, come me, una figlia mista. Mi son considerata sempre molto napoletana, ma ho avuto voglia di conoscere un altro Paese: volevo ritrovare i racconti di mamma, quell’atmosfera. Ci sono cose di lei che mi appartengono”» (Silvia Fumarola) • Nel luglio 2017 è stata condannata in secondo grado a sei mesi di reclusione per truffa: nel 2011 aveva infatti annullato alcune date del suo spettacolo in programma al Teatro Verdi di Pordenone adducendo motivi di salute, ma era stata poi fotografata negli stessi giorni mentre partecipava a una cena di beneficenza organizzata a San Pietroburgo, seduta allo stesso tavolo di Vladimir Putin • Due matrimoni alle spalle: il primo con l’attore Alessio Orano, conosciuto durante le riprese de Il sole nella pelle, il secondo col finanziere Federico Fachinetti, che le ha dato i figli Carolina e Andrea. In precedenza, a soli 19 anni, aveva avuto la primogenita Naike, del cui padre sostiene di ignorare l’identità. «Fu un piccolo calvario: “ragazza madre” era una cosa che non si poteva sentire, ma non potevo pensare di abortire per fare l’attrice». Reduce da due lunghe relazioni, prima con il chirurgo plastico Stefano Piccolo poi con l’imprenditore francese Fabrice Kerhervé, risulta attualmente priva di legami sentimentali • «Con Alessio Orano ero assolutamente innamorata, e dissi “sì” senza dubitare. Con Federico Fachinetti anche, ma mi sposai per far felici i miei suoceri. Il “sì” per l’eternità mi mette sempre un po’ paura. Impegnarsi per la vita mi sembra un rischio: magari tu diventi stupido e cattivo, e a me di dividere il tetto non va più. Poi nell’amore vero credo, ma non sono gelosa né possessiva. Se un uomo va a scopare altrove non mi importa. Gli uomini cambiano gusti, le donne anche. Per stare insieme deve esistere un patto più forte. Del tradimento non voglio sapere: non me ne frega niente. I don’t know, I don’t care». «È vero che tradì il suo secondo marito Federico Fachinetti con Celentano? “Sì, ed è stata l’unica infedeltà della mia vita. Ma Adriano non avrebbe dovuto raccontarlo, tantomeno senza avvertirmi. Accidenti”» (Satta) • Sfrattata nel luglio 2017 dalla sua casa romana, vive attualmente tra Mosca, dove ha preso casa e residenza, e Ovada, nell’alessandrino • Buddista. «Una volta, per caso, alle quattro e mezza di notte, lavorando con una mia amica buddista provai a recitare il loro mantra. Provai a pregare con lei, ripetendo la loro frase: “nam myoho renge kyo”, che vuol dire: “dedico la mia vita alla legge di causa ed effetto”. Ho provato subito un grande benessere» (a Laura Laurenzi). «Tutti siamo altamente distratti dal pensiero di come vivere, di come far crescere i figli, di come arrivare alla vecchiaia e dai pensieri e dalle notizie, dai social. Viviamo con un dialogo costante nella testa… La mente non riposa mai. Per questo, ho imparato a meditare. Medito e riconosco quanta polvere c’è in giro» • «“Ho amato, non mi son capita, ho sbagliato. Ora, voglio che l’obiettivo sia l’amore per me stessa, voglio alzarmi dal letto e fregarmene se ho le rughe, anche se poi me le voglio togliere e me le tolgo. […] Quello che voglio adesso è non aver paura. Siamo pieni di paure, e ‘perdo il lavoro’ e ‘perdo l’amore’…”. Le sue paure specifiche? “Di non capire me stessa, di smettere d’imparare. Bisogna avere tanta forza. Le tentazioni sono dappertutto. Ogni scusa è buona per mangiare e ingrassare quel chilo. Tutto così”» (Candida Morvillo) • «Appaio in forma perché cerco di fare una vita sana, dormo, mangio correttamente. E non nascondo la mia età. Sarebbe contro natura. Mi basta fingere per lavoro» • «Io non credo nei movimenti né nella politica» • ««Ci hanno provato in tanti, ma non posso dire che fossero abusi o violenze. Ho avuto occhi e non occhi addosso, uomini che mi hanno tormentata, però mi sono districata, e quella mi è sempre sembrata una normalità per noi femmine». «Mia madre è russa e mi ha insegnato sin da piccola a proteggermi da certe attenzioni che ci saranno sempre, con o senza #MeToo. Mi rende perplessa la denuncia tardiva delle molestie: io mi sono sempre saputa difendere, e senza pensarci troppo» • «“Io sono una persona chiusissima. Quando avevo quindici, anni c’era da girare una pubblicità per l’Algida. Patty Pravo protagonista, io avevo una parte piccola piccola: stavo dietro e dovevo intonare una canzoncina. Non ce l’ho fatta. Mi vergognavo”. Una timida che ha girato cento film. Sicura di essere davvero così fragile? “Sono una persona semplice, con i piedi per terra. Sto volentieri con i figli, con la persona che amo e con quei due o tre amici, sempre gli stessi. Con il cinema ho conosciuto chiunque. Ma non frequento quel mondo. Ogni tanto mi diverto, ogni tanto sorrido. Ma poi torno sempre a casa”» (Gianni Armand-Pilon) • «Non molto brava a recitare ma assolutamente fotogenica, Ornella Muti è stata la versione contemporanea delle “maggiorate” storiche, a volte con più fortuna di loro. […] Ha lavorato moltissimo durante una lunga carriera, e intanto la sua esistenza riusciva a rimanere solo sua con istintiva riservatezza: è riuscita a vivere indisturbata come voleva. I compagni diversi, i figli (nonna a neppure quarant’anni), l’abitudine vegetariana e gli esercizi yoga, il risiedere a Roma o (per amore) a Parigi. Soprattutto la calma, un che di remoto, l’assenza di spirito polemico, frustrazioni, revanscismi o rancori, l’attaccamento alla vita materiale, la naturale semplicità e laconicìtà, l’amore del fare o del dormire piuttosto che dell’innervosirsi o del pensare. E un rapporto col tempo arcaico, senza ansie, senza fretta, pacato» (Lietta Tornabuoni) • «Ho fatto tante cazzate e prestato il volto a prodotti discutibili, ma ho sempre deciso in prima persona su quale treno viaggiare. C’è un solo film che non avrei dovuto interpretare e che cancellerei dalla memoria. Fiorina la vacca di Vittorio De Sisti. Era un film così inutile. Così stupido. Accettai senza riflettere e mi trovai malissimo». «C’è posto, nella sua lunga carriera, per i rimpianti? “Mi pento solo delle cose che non ho fatto, come la Bond girl nel film Solo per i miei occhi. Il produttore Broccoli era pazzo di me, il contratto era pronto, ma rifiutai perché non volevano prendere il mio costumista. Sono fedele in maniera agghiacciante”. […] Quale, dei tanti attori con cui ha lavorato, ricorda con maggiore piacere? “Ugo Tognazzi. Un signore. Un fratello maggiore che mi ha sempre protetta”» (Satta). «Anche se non salto più da un set all’altro, non piango, non curo dolori e non covo rancori. Non l’ho mai fatto. Nella vita si danno e si prendono, si è feriti e inevitabilmente si finisce per ferire. Sono fatalista. Se mi hai chiuso una porta in faccia, significa che quella porta non si doveva aprire». «A me il lavoro piace tanto, ma non voglio che sia un’imposizione per gli altri né un bisogno di vita per me. Non voglio soffrire e pensare: sono vecchia. Mi piacerebbe essere diretta da Emanuele Crialese, ma non mi va più di sognare». «Ho vissuto, amato, sofferto e sono stata felice. Recriminare o invecchiare con dubbi o acrimonia mi pare demenziale. Voglio chiudere gli occhietti serena. Dicendo “Ci ho provato”. In pace, con tutti».