Corriere della Sera, 12 marzo 2019
Al Bano nella lista nera: «Nemico dell’Ucraina? Io canto solo la pace»
Al Bano Carrisi, cantautore, è nato a Cellino San Marco (BR).
Quando Al Bano ha saputo di essere «una minaccia per la sicurezza nazionale dell’Ucraina», aveva appena salutato il nipotino Kai, di nove mesi: «Avevo fatto due giorni da nonno, stavo tornando a casa e ho cominciato a essere tempestato di messaggi, scoprendo di essere considerato un terrorista internazionale», racconta al Corriere. «Ho pensato che fosse uno scherzo o che si era diffusa una fake news». Invece no. Era vero. Al Bano, il cantante, è entrato nella black list dei 147 indesiderati di Kiev. Cosa possa aver mai fatto per meritarselo è un mistero. Sempre che gli ucraini non credano alla vulgata che lo vuole «amico» di Vladimir Putin per il solo fatto di aver cantato per lui, il loro nemico numero uno da quando la Russia si è annessa la Crimea, nel 2014.
La lista nera è compilata dal ministero della Cultura in base alle richieste del Consiglio di Sicurezza e Difesa nazionale, dei servizi di sicurezza, del Consiglio di Tv e Radio nazionali. A dicembre scorso, era stato aggiunto anche Michele Placido, forse reo d’aver detto, a una serata a Mosca su Dante, «Putin è il numero uno in Europa per politica estera».
Al Bano, appurato che non era una fake news, che ha pensato?
«Mi sono stupito che questa cosa arrivi dal ministero della Cultura, dato che tutti sanno che ho sempre cantato la pace. Ora chiederò chiarimenti all’ambasciata. Devono dirmi da cosa nasce questo mio essere bombarolo: non ho mai fatto del male all’Ucraina, ho cantato lì ed è andato sempre tutto bene, non ho mai parlato delle loro questioni politiche, le mie canzoni non hanno mai istigato a violenza e terrorismo».
Quando ha cantato in Ucraina?
«Sempre. L’ultima volta cinque anni fa e, da poco, un impresario mi ha proposto un nuovo tour, da fare fra ottobre e dicembre prossimi».
Pensa anche lei, come scrivono le agenzie, che agli ucraini non piaccia la sua amicizia con Putin?
«Magari fossi amico suo! Ho cantato per lui quattro volte, ma è una conoscenza da strette di mano. Non ci ho mai parlato. Zero».
Lei ha forse amici, invece, nelle alte sfere russe?
«Io conosco solo gli impresari che mi procurano i concerti. In Russia, ne faccio sette o otto l’anno, neanche tanti, considerando la vastità del Paese. Poi, certo, arrivo, mi presentano le autorità, ma posso dire che li conosco come conosco l’ex presidente ucraino, come si chiamava? Viktor Janukovyc. Me l’hanno presentato, gli ho stretto la mano. Fine».
Quando ha cantato per Putin la prima volta?
«Era il 1986, era ancora solo capo del Kgb. Venne a vedermi a Leningrado a un concerto con Romina. Il giorno dopo, passò in hotel, trovò solo me, mi strinse la mano e si complimentò. Questo è il contatto più intimo che abbiamo avuto. Le pare contro la sicurezza ucraina?».
Le altre volte di Putin?
I programmi
«Dovevo andarci in tour in autunno, adesso chiederò chiarimenti all’ambasciatore»
«Al centesimo anniversario del Kgb, con tanti altri artisti. Tutti hanno cantato un brano, a me ne hanno chiesti due. Ho scelto Libertà e Felicità. Un’altra volta, mi sono esibito a un Capodanno al Cremlino, con l’orchestra sinfonica di Mosca, festa incredibile, stretta di mano a Putin. Ma non è che adesso una stretta di mano è un reato».
L a quarta e ultima volta?
«A Budapest. C’erano i Mondiali di judo, io ho inciso l’inno della Federazione internazionale di judo, di cui Putin è presidente onorario. Anche lì, indovini...».
Stretta di mano e ciao?
«Io non so neanche quali siano le sue canzoni preferite. Comunque, ha sempre attorno 50 guardie del corpo non è che sei lì e diventi suo amico».
Però, Putin le piace?
«Apprezzo i suoi valori religiosi e il suo piglio forte, ma un uomo è libero di avere le sue opinioni?».
Quando Bruno Vespa la intervistò a Mosca, il Cremlino le concesse di usare l’ascensore privato di Putin. Come mai?
«Perché si fidano di me, non sono mai stato considerato pericoloso per la sicurezza di una nazione. Non lo sarei neppure se facessi un corso accelerato da sovversivo».
Ora è offeso?
«No, se è un errore o un cavillo burocratico. Per esempio: anni fa, dovevo cantare da Gheddafi e mi negarono il visto perché sul passaporto avevo il timbro di Israele. Dovetti rifare il passaporto».
Se parla con l’ambasciatore ucraino, vi chiarite e fate pace, ci va a fare il tour a fine anno?
«Io non ho fatto la guerra a nessuno. Voglio che loro siano in pace con me. Dopodiché, vado dove sono desiderato e grazie al cielo, di Paesi ce ne sono tanti».