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 2019  marzo 12 Martedì calendario

L’antisemitismo è un virus e come tale è sempre pronto a diventare aggressivo

Il caso Kaufmann (Rizzoli) di Giovanni Grasso è un romanzo che prende le mosse dalla storia vera di un commerciante ebreo condannato a morte nella Germania nazista per il reato di «inquinamento razziale»: l’accusa era quella di aver avuto una relazione con una giovane ariana, figlia di un suo amico. Siamo a Norimberga nel 1933. Il vento dell’antisemitismo soffia già feroce. «Il libro in realtà è stato scritto 20 anni fa» ci spiega Grasso che dal 2015 è consigliere del presidente della repubblica per la stampa e la comunicazione. «Ho tentato di raccontare il meccanismo di persecuzione che gli ebrei hanno avuto in Germania». La storia purtroppo a volte si ripete; c’è il rischio che tali fatti possano riesplodere oggi in Europa? «Credo che l’antisemitismo sia un virus e come tutti i virus è latente nella società così come lo sono nel corpo umano. Oggi c’è più aggressività da parte dei gruppi antisemiti nell’esporre le loro tesi, forse grazie ai social che danno un’idea di impunità e di anonimato. Ma c’è anche un antisemitismo più superficiale, quello delle curve, quello degli stadi, quello della strada che non ha una base ideologica. Il rischio è che i due tipi di antisemitismo si saldino attraverso i nuovi social». Rischia anche l’Italia? «Nessuno è veramente immune dal virus dell’antisemitismo anche se credo che le prospettive di contagio non siano grandi. Bisogna comunque stare molto attenti perché i meccanismi dell’odio sono sempre in movimento». Crisi economica e paura del futuro possono nuovamente generare mostri? «Sono certamente tutti elementi che possono spingere alla ricerca del capro espiatorio».