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 2019  marzo 11 Lunedì calendario

Record di baby-criminali

«Simpa-Schiavo». Sul telefonino lo avevano rubricato così, perché da qualche mese lo stavano - appunto - schiavizzando e si apprestavano allo «show degli show» nella vacanza a Prato Nevoso (Cuneo). Durante la quale un ragazzino di 17 anni, parola della Procura dei minorenni, «è stato deriso, picchiato e umiliato... fatto uscire in piena notte, nudo, in mezzo alla neve, irriso dai sedicenti amici senza che nessuno si preoccupasse di soccorrerlo o mostrasse un minimo di pietà. E alla fine è stato esposto come un trofeo per le foto di rito. Il ragazzo ha tentato in seguito il suicidio». 

“Gli ho sparato, ora mangio”
I sette studenti che in 100 mila messaggi WhatsApp minacciavano «gli spariamo (era vero, lo avevano torturato con una pistola a pallini, ndr)» e «ce lo fumiamo», sono finiti a processo un mese fa, avevano all’epoca 16-17 anni e hanno intanto preso il diploma in un liceo linguistico da ottomila euro l’anno. A Napoli, invece, s’è riaperto di fresco il giallo sull’omicidio di Maurizio Lutricuso, freddato a 24 anni fuori da una discoteca di Pozzuoli perché aveva rifiutato la sigaretta a un gruppo di ragazzini: aleggia da tempo l’ombra di un killer quindicenne, soprannominato Tore o’ maligno, che la notte dell’omicidio chiamò un amico intercettato: «L’ho sciattato... sette botte, l’ho sfondato, trasc, bunget... ma che me ne f... ordiniamo due saltimbocca».
In Italia la baby-gang generano più violenza di prima e la plasmano sul contesto sociale da cui affiorano, sia una settimana bianca da bulli-rampolli o una punizione esemplare impugnando kalashnikov. E gli ultimi report del ministero della Giustizia descrivono uno specifico trend in crescita da un decennio abbondante, quello dei ragazzi affidati all’Ufficio di servizio sociale per i minorenni, circuito in cui si entra dopo aver subito almeno una denuncia (21.268 nel 2018, erano 20.466 nel 2017 e 14.744 nel 2007, l’andamento 2019 è in ascesa). Aumentano gli ospiti delle comunità di recupero (1.934 nel 2018, escalation stabile dal 2015 quand’erano 1.688 e presenza media giornaliera che per la prima volta ha superato quota mille) e ci sono più detenuti nei 17 penitenziari per giovanissimi distribuiti da Nord a Sud (1.132 ingressi nel 2018, erano stati 1.057 nel 2017). Inoltre sono cresciuti gli omicidi commessi da under 18 (dal 3% del 2015 al 3,64% certificato dal Viminale nel 2017, ultima annualità disponibile) sebbene il totale dei morti ammazzati cali stabilmente da 10 anni. E la classifica della baby-devianza fa sgranare gli occhi, poiché la guida sulla carta Bologna con una lista di adolescenti da monitorare tripla rispetto a Napoli (vedi tabella e approfondimento nella pagina accanto). 
I figli dei migranti
Cosa sta succedendo? «I dati - parola di Filomena Albano, magistrato e garante per l’infanzia e l’adolescenza - non certificano il maggior numero di reati minorili, ma la superiore gravità. Da un’indagine nei distretti giudiziari di Torino, Napoli, Milano, Venezia, Roma, Palermo, Reggio Calabria e Perugia risulta una diminuzione uniforme delle denunce. Abbiamo rilevato al contrario un aumento dei raid violenti, frutto di ulteriore complessità sociale e familiare. Richiedono una presa in carico a lungo termine del servizio sociale, con interventi più strutturati e protratti nel tempo». I minorenni entrano nel database dei soggetti a rischio per comportamenti gravemente criminosi, dovendovi quindi restare per più anni, il saldo con quelli che escono è sfavorevole e il totale lievita. 
Il bullismo organizzato
«L’unica prevenzione efficace - spiega Maura Manca, psicoterapeuta che ha creato l’Osservatorio nazionale sull’adolescenza secondo cui il 6-7% degli under 18 vive esperienze di criminalità collettiva - si concretizza intercettando la traiettoria evolutiva di chi, già da bambino, ha manifestato tendenze aggressive e antisociali. Coloro che negano l’incremento delle baby-gang, e sono scettica sulla presunta diminuzione delle denunce, non fanno lavoro sul campo, dove si rilevano tre forme prevalenti». E cioè «il bullismo organizzato, che impone logiche basiche e però mafiose come l’assoggettamento psicologico, ed è collegato alla disperata ricerca di un’identità in modo trasversale al contesto economico o razziale; le formazioni marcatamente etniche composte da figli d’immigrati nati in Italia, riflesso della mancata integrazione, che insistono sulla microcriminalità per marcare il territorio; le bande che vivono già il crimine come una professione, presenti al Sud, e proliferano per povertà educativa».
I dossier ministeriali visionati da La Stampa e aggiornati al 15 febbraio rischiarano un quadro in perenne oscillazione tra allarmismo e riduzionismo. Rivelando in primis che il sistema italiano s’è comunque affinato, abbandonando i centri di permanenza temporanea in favore d’un monitoraggio meno invasivo attraverso le comunità, sia pubbliche sia private, dove l’utenza è in prevalenza maschile (18.917- 2.351). È inoltre vero che i minori stranieri scoperti a delinquere, in rapporto al totale della popolazione immigrata, sono di più. Ma in assoluto ogni 4 denunce, 3 sono a carico d’italiani. L’unica discrepanza davvero acuta è nella violenza di genere, che secondo il Viminale gli immigrati compiono al 50% in più. La graduatoria dei reati si aggiorna di continuo e nel 2019 restano in testa quelli contro il patrimonio (19.525), poi spaccio(4.630 episodi attribuiti ad under 18 con nome e cognome) e lesioni volontarie (4.568): cifre superiori alla somma dei minori monitorati, ciascuno può avere in capo più addebiti.
Quanta di questa criminalità è con certezza ascrivibile alle baby-gang? Spiega Fabio Armao, docente di relazioni internazionali a Torino e curatore del progetto Gangcity, sul confronto tra l’Italia e il resto d’Europa: «Non c’è un metodo standardizzato tra le forze dell’ordine quando raccolgono segnalazioni e testimonianze. E alcune azioni emergono come compiute singolarmente, sebbene dietro ci fosse un branco. Il reato d’un minorenne è quasi sempre la spia di un co-offending». Soprattutto«a Bruxelles sono nate reti per condividere database tra più Paesi, accedendo a informazioni scolastiche o fornite dagli enti locali». Ma «tutto era finalizzato alla prevenzione del fondamentalismo islamico e non s’è rodato un metodo per intervenire sulle bande giovanili».
Napoli e i progetti dimenticati
A inizio anno la Direzione investigativa antimafia ha focalizzato sia l’alto numero di baby-criminali, con il sorprendente top di Bologna , sia l’ingestibile pericolosità delle gang napoletane. E per decifrarne la specificità occorre ripartire dal recente studio dei professori Maria Luisa Iavarone e Francesco Girardi, che ribaltano parecchi luoghi comuni. La fibrillazione dei gruppetti protagonisti di sparatorie ed estorsioni scaturisce dal basso, una concorrenza per accreditarsi agli occhi dei camorristi tout-court e immergersi nella paranza dei bambini, «cultura di riferimento cui si ambisce», senza che il reclutamento sia calato dall’alto. Ed è Napoli, insistono, la città dove la devianza minorile «si proclama norma» in simbiosi con il più elevato indice di abbandono scolastico, materializzandosi in un boom di reati predatori. Nei centri del Nord, invece, prevalgono pestaggi e spaccio e bande «trasversali».
Il caso-Campania risveglia i politici. E il deputato leghista Gianluca Cantalamessa ha proposto una legge per abbassare da 14 a 12 anni la soglia d’imputabilità, ricevendo bordate da Cristina Maggia, presidente del tribunale minorile a Brescia e vicepresidente dell’Associazione magistrati per i minorenni e la famiglia: «Funziona il percorso opposto, non repressivo, che restituisce fiducia nel futuro e si basa sulla responsabilizzazione dei ragazzi: il nostro livello di recidiva minorile è tra i più bassi d’Europa». Il Garante è allineato, non l’Osservatorio: «Va minata la certezza d’impunità che spinge varie gang a servirsi di tredicenni per l’ultimo miglio dello spaccio». 
“Facciamo come i Latin”
La Lega, guidata da Matteo Salvini che regge il Viminale, pensa a punire i bambini, ma lo stesso ministero dell’Interno lascia impolverare il progetto d’una grande banca dati sul fenomeno della baby-devianza: Bozza a febbraio 2018 nelle «disposizione urgenti per la sicurezza delle città» con ipotesi di finanziamento, «ma - specificano dal dicastero - non sappiamo quale sia lo stato dell’arte».Nell’ultima settimana i carabinieri di Milano hanno arrestato 20 minorenni divisi in due bande: una spadroneggiava al Parco Sempione e l’altra ad Abbiategrasso. Erano formate perlopiù da ragazzi di cittadinanza italiana ma genitori stranieri ed è un dato particolarmente significativo, in materia d’integrazione. Le minacce dei primi, coltello alla mano: «Fuori i telefoni o vi tagliamo la gola». Le intercettazioni dei secondi, più strutturati: «Facciamo come i Latin Kings», per scimmiottare i gruppi trapiantati fra il Milanese (2000 affiliati censiti nel 2016) e Genova (10 anni fa fu emergenza).Con i latinos quelli di Abbiategrasso non c’entravano nulla «eppure il fenomeno - chiude Maura Manca - segue il principio della scissione cellulare. Una gang ne genera altre per imitazione o autodifesa. Sottovalutare è assurdo».