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 2019  marzo 11 Lunedì calendario

Di Battista è offeso con Di Maio e Casaleggio

Si è sentito «scaricato», «non difeso», «usato». Per andare a fondo e capire cosa c’è dietro il silenzio prolungato di Alessandro Di Battista basta fare qualche domanda agli amici del M5S presenti al Villaggio Rousseau di Milano. Raccontano che durante una riunione dei deputati grillini della commissione Affari europei, a gennaio, il presidente Sergio Battelli lo definì un “martello”: «Alessandro sarà il nostro martello nella campagna elettorale per le Europee». L’attesa del ritorno dalle Americhe dell’eroe dei due mondi grillino era davvero carica di speranza. In poco più di un mese i 5 Stelle lo hanno ridotto a un vecchio arnese da riporre in soffitta, arrugginito da un anno fuori dai palazzi, buono quando c’era da gridare in piazza e fare opposizione, ma non sincronizzato ai tempi e ai modi del governo. Di Alessandro Di Battista nessuno vorrebbe parlare all’appuntamento milanese dell’associazione di Davide Casaleggio. Si abbassano gli occhi, si devia su altri argomenti o se ne fa un cenno malvolentieri. Manlio Di Stefano dice: «È un fratello, aveva bisogno di staccare». Ma è impossibile non notare la sua assenza. Che fa ancora più rumore perché, si scopre, di fronte all’invito dello staff di Casaleggio avrebbe risposto: no, grazie. Eppure sarebbe stato il palcoscenico perfetto per lui, un’edizione dedicata all’Europa. Il “martello” avrebbe potuto battere sui suoi temi. Per esempio, ci spiegano, avrebbe avuto un suo spazio ideale durante il seminario sull’«Europa dei privilegi», o ieri durante il dibattito sulla doppia sede del Parlamento europeo. Ricordate la zingarata in macchina fino a Strasburgo, con Di Maio e Di Battista inquadrati stile “Il sorpasso”? Fu anche una sua idea, per mostrare l’enorme spreco della sede francese. Una delle tappe dell’assedio grillino a Parigi e della campagna elettorale disegnata contro Emmanuel Macron. Insieme, vennero il j’accuse sul franco delle colonie e la visita ai gilet gialli. Di Maio si lasciò trascinare lungo la sua scia. Il resto è storia: Macron richiama l’ambasciatore e lo scontro si risolve solo grazie al presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Nel frattempo Di Battista scompare.

Quando ricompare, al telefono con chi tra i colleghi lo chiama di più, è deluso. Lo sfogo virgolettabile è quello che ci riportano: «Si è sentito scaricato. Quando hanno cominciato a parlare delle ricadute negative delle sue uscite pubbliche nessuno lo ha difeso. E non hanno nemmeno smentito gli articoli che parlavano dei ripensamenti dei vertici del M5s che consideravano controproducente la sua strategia d’assalto. Anche Di Maio è rimasto gelido. Alessandro si è lamentato perché era stato chiaro, al suo ritorno dal Guatemala. “Se volete, vi do una mano contro Salvini e per le Europee, ma a modo mio e sui miei temi”». 

L’ultima apparizione in tv è quella, un mese fa, della reazione stizzita nello studio di DiMartedì, quando pretende l’applauso da una platea ammutolita. In quelle ore Di Battista è nervoso, da giorni si parla dell’”effetto Dibba” che non c’è. Anzi: nel M5S credono sia stato un boomerang. Un articolo riferisce dei pentimenti degli strateghi della comunicazione e dei sondaggi che non risentono del tornado guatemalteco. L’ex deputato legge i giornali, percepisce l’imbarazzo di Giuseppe Conte, dei collaboratori del premier che devono mettere toppe diplomatiche con i francesi e dei grillini che dicono che ha perso la luce, che è stato un anno via e si è disabituato al linguaggio della politica. Quando gli applausi non arrivano più, Di Battista capisce: spegne tutto, social (da circa un mese) e telecamere. Ma dietro il suo autoesilio ci sono anche motivi più personali: la storia del padre e dei lavoratori in nero, la compagna spaventata da fotografi e giornalisti che le fanno domande: «Sahra non è abituata – si sfoga – Non sa come reagire». Torna un desiderio feroce di privacy per la sua famiglia. Così stacca. Pensa ad altri viaggi, altri reportage, altri libri. Il reality può attendere.