La Lettura, 10 marzo 2019
Elogio di Houellebecq
Nessuno oggi ha la forza e il sarcasmo di Michel Houellebecq e sa inventare super-personaggi come Florent-Claude Labrouste, il disperato eroe di Serotonina, agronomo che, in nome della grandeur casearia francese (almeno quella!), si è battuto strenuamente (beh, insomma) per la diffusione mondiale dei «signori della trilogia normanna»: il Camembert, il Pont-l’Évêque e il Livarot. Una battaglia persa. Tante altre battaglie ha perduto Florent-Claude, soprattutto nell’unico campo che gli preme: il sesso (il libro celebra tra giubilo e disperazione «la madre delle Sante», come la chiamava Belli, in uno straziante romanticismo pornografico). Ormai impotente per gli antidepressivi assunti, Florent scappa dalla sua compagna (un’insondabile giapponese «spietatamente truccata, quasi verniciata», dedita a gang-bang estese alla zoofilia) e compie un pellegrinaggio di addio sulle orme delle donne che ha amato. Un ultimo viaggio scandito, come sempre, da profezie di impressionante esattezza. Tra teorie sentimental-glottologiche («È sbagliato che due persone che si amano parlino la stessa lingua... perché la vocazione della parola non è creare amore, bensì divisione e odio», gli amanti devono parlarsi come parlano con i propri cani) e battute tranchant («“Umiliati e inc*****” era un bel titolo, un Dostoevskij trash»; Goethe è «uno dei più patetici rimbambiti della letteratura mondiale»; «Rihanna avrebbe fatto sbarellare Marcel Proust»), Florent arriva alla bocciatura dell’intero Creato («Dio è uno sceneggiatore mediocre»). Houellebecq (scrivendo, lui sì, da dio, e non minore) ci dà il sequel del grande romanzo del maschio occidentale, interrottosi con la scomparsa di Philip Roth, fino alla conseguenza estrema: «Ecco come muore una civiltà, senza seccature, senza pericoli né drammi e con pochissimo spargimento di sangue, una civiltà muore semplicemente per stanchezza, per disgusto di sé». Non con un bang come aveva detto il poeta. E nemmeno, purtroppo, con una gang bang.