La Lettura, 10 marzo 2019
Lo spazzolino dei ricchi
La famiglia Ibojionu vive a Oguta, in Nigeria. Anayo e sua moglie Peace, genitori di due bambini, sono contadini e abitano in una stanza in affitto. I Liang sono della provincia del Guizhou, nella Cina sud-orientale. In una casa di due ambienti risiedono la signora Wangwenmei, anche lei contadina, suo figlio, la nuora e una nipote. Il soffitto di entrambe le abitazioni è fatto di erba secca, tutti e due i gruppi non hanno un divano, solo sedie di plastica, conservano il riso in ciotole senza coperchio, mettono a bollire l’acqua su un fuoco acceso a terra.
La famiglia Wu vive a Kunming, capoluogo dello Yunnan, nella Cina sud-occidentale. Possiede una casa, nella quale Wulong, un uomo d’affari, vive con la moglie, sua madre e una figlia. Hanno i fornelli, la cappa per aspirare gli odori e il frigorifero, pentole e contenitori chiusi, un comodo divano. I modelli dei loro mobili assomigliano a quelli della famiglia americana Howard, del Colorado. Quest’ultima usa posate d’acciao, che è solita riporre in un box di legno con molti scompartimenti. Gli statunitensi Hadley, di Denver, hanno poche forchette, cucchiai e coltelli e li conservano in un contenitore di plastica verde.
Gli Ibojionu hanno un reddito medio mensile, per ciascun adulto, di 72 dollari. I Liang di 132. I Wu di 3.704, gli Howard di 4.650, gli Hadley di 604.
Si potrebbe continuare a lungo in questo confronto tra le famiglie del mondo (ne abbiamo intervistate due, negli articoli qui accanto) e le conclusioni resterebbero le stesse. «Le diseguaglianze sul pianeta sono enormi, ma non si può semplicisticamente dividere il mondo in ricchi e poveri: la maggioranza si barcamena nel mezzo». Nel disegnare il quotidiano delle nostre vite, inoltre, «il reddito conta più delle presunte differenze culturali tra Paesi lontani. Siamo più simili a chi ha le nostre stesse entrate e vive in un altro continente, che non ai nostri connazionali di un altro livello socio-economico. Le disuguaglianze sono spesso più forti all’interno di uno stesso Paese».
La pensa così e lo spiega a «la Lettura» Anna Rosling Rönnlund, designer svedese che è riuscita a mettere gli Ibojionu, i Liang, i Wu, gli Howard, gli Hadley e altre centinaia di famiglie (264 finora, da 50 Paesi) tutte insieme lungo una stessa strada. Da sinistra a destra, dai più poveri ai più ricchi, residenti digitali di una via che si apre sullo schermo del computer, «vicini di casa» non in base alle distanze reali ma al reddito. Dollar Street è il nome del progetto che, unendo fotografia e visualizzazione dati, è entrato nelle abitazioni di ogni famiglia e che, dal 15 al 17 marzo, nell’ambito della Milano Digital Week, prenderà la forma di un’esperienza visiva e immersiva alla Triennale.
«Abbiamo molto in comune con chi ha le nostre stesse possibilità economiche, anche se vive in luoghi distanti – precisa Rosling – perché i bisogni umani sono universali e per soddisfarli gli individui cercano soluzioni pratiche simili. Musulmani e cristiani, ad esempio, molto più di quanto si penserebbe». Propone un caso semplice, a partire dall’esigenza di lavarsi i denti: «Nei Paesi molto poveri si usano le dita o un bastoncino, poi via via che la miseria diminuisce, si diffonde lo spazzolino: condiviso da tutta la famiglia tra i meno abbienti, fino ad arrivare a quello personale, colorato, elettrico tra i più ricchi. Un processo che avviene trasversalmente nei vari Paesi, indipendentemente dalle tradizioni o culture locali».
Va detto che Dollar Street non ha al momento le pretese di una teoria accademica. Ha però la potenza di diffondere i suoi «messaggi» con l’evidenza delle immagini. Nell’ultimo paio d’anni Rosling ha inviato fotografi a ritrarre tutti i nuclei familiari partecipanti, insieme con una lunga lista di oggetti più o meno personali: armadi, giocattoli e gioielli, piatti, scarpe, orologi. Foto che sono state usate al pari di dati e statistiche, dettagli del quotidiano catalogati ciascuno con un tag, l’«etichetta» che rende possibile la ricerca per parola chiave, e raccolti in un database che si può consultare gratuitamente (gapminder.org/dollar-street). Aprendo i l sito si vede subito la «strada del reddito» e ci si può muovere con percorsi personalizzati, per categorie di oggetti, famiglie o, appunto, reddito. «Siamo solo all’inizio – chiarisce Rosling —: vorremmo arrivare ad almeno duemila nuclei rappresentativi della popolazione mondiale e della distribuzione della ricchezza. Il database potrebbe poi essere usato dagli insegnanti o diventare punto di partenza per uno studio accademico». Sarebbe interessante, propone, «tornare dalle stesse famiglie dopo alcuni anni e verificare se ci sono stati cambiamenti».
La bussola dovrà restare sempre «mostrare la realtà di ogni giorno». «La nostra percezione degli altri Paesi – chiarisce Rosling – è condizionata dalla paura. O al contrario ne abbiamo un’immagine quasi fiabesca. I media parlano di alcune aree quando sono teatri di guerra, vittime di una sciagura o del terrorismo. In altri casi, specie a proposito di possibili mete di vacanza, siamo esposti a immagini esotiche o paradisiache. In entrambe le situazioni, non abbiamo una rappresentazione veritiera». Serve dunque «compensare», suggerisce. «È normale che i media non seguano l’ordinaria amministrazione, piuttosto ciò che la interrompe, ma è anche vero che, perlopiù, gli uomini e le donne accompagnano i figli a scuola, vanno al lavoro, mangiano, hanno bisogno di una doccia. Nella maggior parte del tempo, nella maggior parte dei posti, per la maggior parte delle famiglie, l’esistenza è quella di ogni giorno, non così drammatica, non così idilliaca».
Dollar Street si inserisce in un’analisi più ampia che la designer ha portato avanti con il marito Ola e, fino a due anni fa, prima della sua scomparsa, con il suocero Hans Rosling, medico e statistico di fama, creatore della Fondazione svedese Gapminder, che ha tra gli scopi quello di promuovere l’uso dei dati nella didattica scolastica. A lungo lo studioso si è interrogato anche sui meccanismi della conoscenza. O meglio, dell’ignoranza. È lui la prima firma di Factfulness, libro diventato un bestseller internazionale – «uno dei più educativi che abbia mai letto», ha detto Bill Gates —, uscito lo scorso novembre in italiano per Rizzoli. Una summa per combattere percezioni distorte, pregiudizi e stereotipi, del quale sono coautori Anna Rosling e il marito. «Tendiamo a pensare il mondo come un luogo più spaventoso di quanto sia davvero», si legge nel libro. Mentre secondo gli autori le nostre condizioni, pur con tutte le contraddizioni e le disuguaglianze di cui si è detto, stanno progressivamente migliorando. «Negli ultimi vent’anni – si dice ad esempio in apertura – la proporzione di popolazione mondiale che vive in povertà estrema si è dimezzata». Eppure non sempre ne siamo consapevoli. Un’inganno che si deve anche a meccanismi evolutivi: «La necessità originaria dell’uomo di rilevare un pericolo, fa sì che si salti a conclusioni frettolose».
Se le illusioni, però, si annidano nel cervello, lo fanno meno negli occhi. Perciò Dollar Street mette sotto i nostri sguardi la vita. D’ora in poi anche quella del nostro Paese. In occasione della tappa milanese, è stata inaugurata una pagina online (mufoco.org/dollarstreet) attraverso la quale anche gli italiani potranno aprire le loro case e dare linfa al progetto.